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R Recensione

10/10

The Pop Group

Y

La storia della musica pop è la storia dell'interazione fra la cultura nera e la cultura bianca, non ci si scappa.

Anzi, volendo semplificare e banalizzare un po' il discorso, possiamo affermare che i “grandi momenti” del rock coincidono sempre con le fasi in cui le novità elaborate a livello underground dalla musica afro-americana incontrano le menti bianche più brillanti. Che aggiungono alla miscela una buona dose di concettualismo e radicalismo intellettuale, provando a elaborare un discorso che sia in grado di rivisitare ex novo la materia prima offerta dall'altra metà dell'universo pop.

In fondo, cosa altro sono beat generation, hard-rock & C. se non prodotti spuri del blues (acustico e soprattutto elettrico) così come del jazz (quanto se ne avvertiranno gli echi nell'estate dell'amore?).

E ancora, cosa rappresentano la new-wave e il post-punk, se non (anche) il momento in cui l'inteligencija bianca si è appropriata di funk e soul (onnipresenti), così come del roots-reggae e del dub, oltre che in episodi sporadici del jazz libero?

Ecco, soffermandoci su questa seconda fase, se vogliamo individuare il collettivo che più di ogni altro si è fatto trasportare in ogni direzione possibile dal propro amore per la musica nera e per la sua ribollente carica eversiva, è obbligatorio citare il Pop Group.

Mark Stewart e Gareth Sager – leader indiscussi della band - erano cresciuti nella città più africana d'Inghilterra, nei quartieri popolari di una Bristol che a metà anni '70 pullulava di comunità caraibiche e di musica afro d'esportazione: funk martellante con linee di basso velenose e reggae/soul d'annata, che contribuirono a forgiare le band alternative allora in nuce – e già in odore di post-punk - in direzione radicalmente anti-progressiva (anche se, a dir la verità, io ho sempre associato la proposta del Pop Group al progressive più radicale e oscuro stile Henry Cow, per quanto meno concettuale e sofisticato nelle architetture).

La grandezza e l'originalità del Pop Group risiede nella capacità di assorbire questi innumerevoli spunti per trarne una sintesi nuova e inaudita: se il basso e la batteria sono funk pesante che mutua figure ritmiche da Sly Stone, Funkadelic e compagnia cantante (spesso rallentando il dicorso, rendendolo più allusivo e sinistro che apertamente groovy), il sax è figlio di Archie Shepp e di Ornette Coleman, dissonante, contorto e senza compromessi; la chitarra è assolutamente cruda, al crocevia fra distorsione punk e sincopi funk; e la voce di Stewart è tanto solenne quanto glaciale e poderosa, capace di movenze spericolate, in odore di astrazione, così come di grida possenti inclini al primitivismo.

Ma non basta: il Pop Group incarna anche il concetto molto punk (sarebbe meglio dire la sua attitudine) per cui le idee radicali devono rivestire una forma radicale - a partire dal nome della band, che massacra il concetto stesso di pop eppure si definisce pop.

Ecco allora che la struttura astratta e libera dei dipinti musicali della band si sposa alla perfezione con un radicalismo politico lontano da banalità e facilonerie così come da perbenismi all'acqua di rose: con Stewart, il marxismo e l'umanitarismo si fondono in una causa nobile, definendo l'unico obiettivo e la ragione portante del discorso musicale e culturale tout court.

I diversi sistemi di pensiero, nella musica del Pop Group, collidono e si amalgamano per dar vita a forme nuove e sempre più radicali. Il Pop Group è quanto di più lontano possa esistere dalla “normalità”, non solo in ambito compositivo ed esecutivo, ma anche in ambito ideologico: la loro non è propaganda senza voce per un pubblico ristretto di convertiti, ma è spasmo e forza liberatoria, è adrenalina capace di travolgere l'ascoltatore mettendo in discussione ogni aspetto della sua vita (estetico, politico e non solo).

Non manca poi una possente dose di squadrismo “militaresco”: “Our only defense is together as an army...I'll hold you like a gun””, grida ad un certo punto Stewart nelle battute conclusive di “She's beyond good and evil”, portentoso funk dilaniato da schegge impazzite di chitarra e parodia feroce della Tatcher.

In ogni caso, il tutto è convogliato verso nobili obiettivi di fascinazione “intellettuale”: “Words disobey me” è funk inserito in un congelatore e saturo di teatralità.

Savage Sea” è spericolato impressionismo dove paiono incontrarsi una musica classica deviata e la proposta asimmetrica della band.

E ancora, la straordinaria “Don't call me pain” è terreno fertile per le scorribande del sax di Gager, free-jazz che si infiltra piano piano fra le maglie della canzone con la sua forza espressiva impareggiabile, fino a disgregarne le trame in un mare di rumori.

The Boys from Brazil” omaggia invece il film di Schaffner e l'omonimo romanzo di Ira Levin, e ne tratteggia gli orrori, trasformandoli tuttavia in un marasma sonoro di bellezza scintillante in cui convivono a meraviglia tutti gli ingredienti musicali prediletti, inclusa l'estetica produttiva reggae e dub che sfrutta al meglio lo “spazio sonoro” e minimalizza l'impatto strumentale.

Don't sell your dreams” è l'invocazione definitiva di Stewart, sussurrata sopra un tappeto di musica libera da ogni steccato e preconcetto.

A detta di molti, “Y” è un capolavoro incompiuto, interessante ma troppo caotico: inutile dire che chi scrive non è assolutamente d'accordo.

Y”, a mio modesto avviso, è semplicemente un capolavoro: un manifesto estetico, concettuale e politico che all'epoca fu uno schock e che ancora oggi rappresenta un salutare pugno nello stomaco (ed il lavoro successivo è quasi altrettanto valido: riporta sulla terra l'ubriacante astrattismo di "Y").

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REBBY 8/10
NDP88 9/10
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C Commenti

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Cas (ha votato 10 questo disco) alle 2:29 del 12 settembre 2011 ha scritto:

cosa non è 'sto disco...

bonnell alle 10:41 del 12 settembre 2011 ha scritto:

io sono fra quelli che lo trova inutilmente caotico in alcuni passaggi, certo resta un disco importante! non sono per niente d'accordo quando si dice "new wavers bianchi che si appropriano del soul e del funk". joy division, cure, cocteau twins, dead can dance, ma si potrebbero fare molti altri nomi, non si sono appropriati di nulla, o almeno non hanno attinto al soul/funk in maniera significativa, c'è stata un'ala della new wave che lo ha fatto, ma era ben limitata e circoscritta.

ozzy(d) alle 11:14 del 12 settembre 2011 ha scritto:

beh tanto limitata e circoscritta quell'ala non era, bonnell: pop group, PIL, Talking heads, peter gabriel, il bowie di lodger, le cose più dub di This heat,"discipline" dei KC tutti questi hanno attinto eccome al soul funk

FrancescoB, autore, (ha votato 10 questo disco) alle 12:24 del 12 settembre 2011 ha scritto:

La mia è una forzatura (e l'ho detto esplicitamente: semplifico il discorso), ma concordo con Gulliver: non si tratta di un'area circoscritta, per quanto la new-wave abbia tratto ispirazione anche da fonti diverse (Velvet Undergound, Kraftwerl, Roxy Music etc...).

Pensiamo anche ai Pere Ubu (funk e free-azz), agli Scritti Politti, alle Slits, a Rip Rig & Panic, al New-pop che evoca costantemente la vocalità soul, a gruppi come Dexys Midnight Runners etc.. e potremmo proseguire ancora.

Funk, soul e reggae erano ingredienti essenziali della new-wave, per quanto non gli unici.

bonnell alle 10:42 del 14 settembre 2011 ha scritto:

non fraintendiamo, con circoscritta non intendevo dire sfigata, semplicemente "ben riconoscibile" e soprattutto sostengo che per tante band che hanno attinto dal soul ce ne sono altrettante che non lo hanno fatto. quindi sostenere che new wave e post punk siano l'approprazione bianca del soul significa fare malainformazione! quantomeno è informazione tendenziosa. è anche vero poi che tutta la musica pop sui generis trae spunto dai neri, ma questo è un altro discorso.

FrancescoB, autore, (ha votato 10 questo disco) alle 18:44 del 14 settembre 2011 ha scritto:

Mi sembra una polemica sterile: ho scritto una cosa secondo me abbastanza ovvia e comprovata, per quanto un po' forzata nell'ottica del disco. Parlare di malainformazione è un tantino eccessivo, si tratta di valutazioni ed opinioni (con riscontri importanti), mica di dati scientifici.

In ogni caso, ribadisco, l'orbita funk-reggae-soul-free jazz era vastissima e copre una larga fetta della new-wave.

benoitbrisefer (ha votato 8 questo disco) alle 16:11 del 15 settembre 2011 ha scritto:

L'influenza di sonorità funk e jazz sulla new wave è fuor di dubbio, ma poichè è solo una delle componenti (i velvet, il glam, l'elettronica di bowie e kraftwerk etc.) in alcuni gruppi è evidentissima (e mi stupisco che nessuno abbia citato la gang of four!!!!) molto più sfumata e appena percettibile in altre esperienze. C'è sicuramente una wave che non ha attinto dalle sonorità black, ma ribadisco l' influenza di queste ultime è piuttosto vasta e incontestabile. Per quanto riguarda il Pop Group ho sempre avuto nei loro confronti un duplice sentimento di amore/odio perchè li adoravo sul piano intellettuale/razionale, ma trovavo difficoltà a fami coinvolgere del tutto su quello emotivo. Comunque gran disco!

bonnell alle 15:37 del 16 settembre 2011 ha scritto:

C'è sicuramente una wave che non ha attinto dalle sonorità black

è quanto sostengo io. è una sola delle componenti e di conseguenza non è determinante per l'intero movimento.

per tanti che hanno attinto dal soul/funk ce ne sono altrettanti che non lo hanno fatto.

non ci sono opinioni ma solo dati scientifici in questo caso. i joy division - si potrebbe fare un'altra dozzina di nomi di spicco - non attingono al soul, questo è un dato scientifico al cubo.

per questo ragione parlavo di malainformazione, nessuna polemica, ma anche niente cocciutaggini

sterili. anche nelle schede di jazz ci sarebbero molte obiezioni da fare, ma se dobbiamo prenderla cosi è meglio evitare.

benoitbrisefer (ha votato 8 questo disco) alle 16:44 del 16 settembre 2011 ha scritto:

Sinceramente quello che non capisco e che non ha consequenzialità logica è affermare "è una componente e dunque non è determinante". Certo che non tutti i gruppi wave e post punk hanno attinto alle sonorità black (e aggiungo che personalmente non mi entusiasmano se non inserite in alcuni precisi contesti come la già citata gang of four e pochi altri), ma sarebbe come dire che le sonorità elettroniche non sono state determinanti per la new wave solo perché utilizzate solo da alcuni gruppi. Io credo invece che tutte queste influenze (funk, elettronica, glam, velvets e stooges e molte altre) anche se non presenti tutte in tutte le bands dell'epoca hanno comunque TUTTE contribuito a creare quell'unica, seppur sfaccettata, rivoluzione sonica che chiamiamo post punk/new wave: in questo senso ognuna di queste influenza anche se essere pervasiva e, da sola, esaustiva, è risultata determinante a creare un preciso contesto storico, artistico e culturale.

benoitbrisefer (ha votato 8 questo disco) alle 16:47 del 16 settembre 2011 ha scritto:

correzione ultima frase

ognuna di queste influenza anche SENZA essere pervasiva e, da sola, esaustiva, è risultata determinante a creare un preciso contesto storico, artistico e culturale.

FrancescoB, autore, (ha votato 10 questo disco) alle 17:56 del 16 settembre 2011 ha scritto:

Bonnell nessuna polemica nè altro. Ho replicato alle tue osservazioni sostenendo la mia tesi, ovvero che ciò che hai detto è fuorviante e comunque molto parziale. Non a caso insisti su artisti dark, ovvero l'unico filone effettivamente distante dal mondo funk & dintorni. Io potrei citare anche tutto l'universo mutant-disco di New York, vastissimo e profondamente radicato nell'universo black. Ma anche la no-wave, che è funk schizoide (non solo ok). Ma pure i Clash di London Calling e Sandinista.

Ah, in ogni caso sono apertissimo anche ad osservazioni e critiche sulle schede jazz, ci mancherebbe altro: so di avere una visione molto personale e di mettere molto di me stesso anche nella visione della musica, indi accetto visioni differenti e critiche di ogni tipo

FrancescoB, autore, (ha votato 10 questo disco) alle 17:58 del 16 settembre 2011 ha scritto:

Comunque, la discussione deriva anche se non soprattutto dal fatto che la new-wave ingloba veramente di tutto, e quindi ogni generalizzazione perde di senso, se assolutizzata. Restano invece valide determinate considerazioni di tendenza, che ovviamente ammettono eccezioni anche importanti e rappresentano forzature.

FrancescoB, autore, (ha votato 10 questo disco) alle 18:05 del 16 settembre 2011 ha scritto:

Bonnell, tornando per un attimo al fulcro della discussione, mi preme evidenziare un'altra cosa: le influenze funk e reggae non sono soltanto palesi, ma vanno lette anche nell'ottica della produzione (per cui dub e reggae furono riferimenti essenziali) e dell'uso della chitarra. Volenti o nolenti, la chitarra minimale, "ritmica", priva di assoli e riverbero ma anche tagliente e sferzante deve qualcosa ai suddetti generi, molto più che al rock tradizionale, al blues ed ai filoni derivatine. Almeno, a mio modesto modo di vedere le cose.

Bellerofonte (ha votato 10 questo disco) alle 10:23 del 18 settembre 2011 ha scritto:

questo, quei dentro ci mancava

bonnell alle 10:59 del 19 settembre 2011 ha scritto:

"ogni generalizzazione perde di senso". ma sei proprio tu a generalizzare e assolutizzare in quel passaggio della scheda, ma non te ne sei reso conto? sei tu che elargisci informazioni inesatte e tremendamente parziali (questo è grave). io non ho mai negato l'influenza soul in una frangia (si potrà discutere quanto ampia) di new wave e post punk. che senso ha portare l'esempio di sandinista? certamente è un disco black, difatti non avevo nominato i clash appositamente. gli esempi che porto io invece non valgono perchè sono band dark. ohibo' che hanno la peste i gruppi dark? non erano new wave e post punk? e poi che gli human league o gli OMD erano dark? i tuxedomoon erano dark (giusto un filino)? gary numan era dark? i magazine erano dark? i cabaret voltaire erano dark? the fall erano dark?

ozzy(d) alle 12:47 del 19 settembre 2011 ha scritto:

il recensore ha dato la sua visione, in cui i riscontri oggettivi, comunque, certo non mancano e ne esce un quadro complessivamente esauriente. tu non sei d'accordo, pazienza, che palle!

FrancescoB, autore, (ha votato 10 questo disco) alle 14:16 del 19 settembre 2011 ha scritto:

Le informazioni inesatte, se permetti, le elagirai tu (ed anzi, aspetto una tua illuminante recensione che evidenzi le tue consocenze imparziali sull'argomento: putroppo non ne trovo per ora).

Io ho ampiamente argomentato su ciò che ho scritto, che trova riscontri in un'infinità di band e filoni, molto più numerosi ed ampi di quelli che citi (che non hanno nessuna malattia, sono semplicemente una minoranza e non smentiscono nulla).

Non sei d'accordo? Pazienza, anche io posso irritarmi se mi dicono che i Nirvana sono debitori del rock underground anni '80, ma si tratta di un problema mio, dato che l'idea ha riscontri oggettivi.

Il critico - anche solo "amatoriale" - deve offrire la sua visione, individuare le linee di tendenza, dire qualcosa di proprio che evidenzi i tratti salienti di certi filoni e movimenti: poi è ovvio che la musica non funziona per compartimenti stagni e che le definizioni di genere ex post sono sempre generalizzazioni.

Ciò non toglie che secondo me sia importante individuare le linee di tendenza: i professori di serie Z che ci illuminano la strada per dimostrare che le generalizzazioni ammettono sempre eccezioni anche importanti sinceramente li trovo poco utili alla discussione, giacchè non fanno che ripetere banalità senza aggiungere nulla.

Senza offesa eh, ma ho (anzi abbiamo) ampiamente detto la nostra: il fatto che la new-wave tragga fortissima ispirazione da funk ed altri generi neri non ti va a genio, e l'abbiamo capito, ma vedi di fartene una ragione senza tormentarci. Ok?

bonnell alle 15:50 del 19 settembre 2011 ha scritto:

Julian ma tu presti la giusta attenzione quando rispondi ad un messaggio? Fortuna che mi esprimo con una semplicità disarmante. Insisti cocciutamente nel dire “il fatto che la new-wave tragga fortissima ispirazione da funk ed altri generi neri non ti va a genio”. Siamo quattro persone a discutere qui e nessuno dei quattro ha sostenuto che la new wave non sia stata influenzata dal soul/funk.Nessuno. La questione verte su questa tua scriteriata affermazione “cosa rappresentano la new-wave ed il post-punk, se non il momento in cui l'inteligencija bianca si è appropriata di funk e soul”. Permetti che davanti ad inesattezze madornali e parziali all’ennesima potenza, un qualcuno possa aver qualcosa da obiettare? Sei in palese difficoltà nell’ammettere di esserti spinto un po’ troppo in là (perdona la rima). Lo conferma il tentativo di intimidazione che stai perpetrando nei miei confronti (cito testuale:vedi di fartene una ragione senza tormentarci.), peccato che ti sei scelto il personaggio che non ha riverenze nei confronti di nessuno. Inoltre, ancor piu' grave, parli al plurale cercando l’appoggio del povero gulliver. sei solo, parla per te e basta, assumiti le tue responsabilità. Anche io potrei appoggiarmi a benoitbrisefer, a tal proposito: come mai hai ignorato il suo intervento? Ohibo’ che strano, sicuramente una dimenticsnza?

Julian leggi sempre con attenzione i messaggi degli altri, magari anche due volte di seguito, io lo faccio sempre. Leggili con serenità, ancora e ancora!

ozzy(d) alle 16:19 del 19 settembre 2011 ha scritto:

siamo arrivati alle intimidazioni, mi ricorda il gasparri che disse a caselli "lei mi sta minacciando!" stai montando un polverone per niente. per te quell'area della new wave influenzata dal soul funk etc è tanto circoscritta, per julian non lo è, al processo di biscardi stasera al limite la sentenza su chi abbia ragione. il "povero" gulliver

simone coacci alle 16:28 del 19 settembre 2011 ha scritto:

Si, infatti e poi Julian non ce lo vedo proprio come uno che "intimidisce". è una persona calma e positiva che dialoga con tutti e si confronta apertamente. Per far perdere la pazienza a lui ce ne vuole.

FrancescoB, autore, (ha votato 10 questo disco) alle 10:11 del 22 settembre 2011 ha scritto:

Bonnell, rileggendomi mi rendo conto di aver un po' esagerato nei toni, e di questo mi scuso (ma nessuna intimidazione per carità, non faccio paura neppure ad una mosca). Ma ribadisco nella sostanza quanto detto prima: ammetto di aver forzato il concetto nell'ottica della recensione, di questo ne do atto. Ma confermo che per la new-wave funk, soul, reggae e jazz sono componenti essenziali, forse le più importanti in assoluto per quanto certo non le uniche, vista la vastità dell'area di influenza, vista l'importanza in fase produttiva, visto l'uso particolare della chitarra in senso ritmico etc... Se non sei d'accordo pazienza, ma evita per cortesia di parlare di informazioni false etc... Perchè mi sembra una polemica sterile e fuori luogo, viste anche le mie precisazioni: ho calcato la mano nell'ottica della recensione e stop, ma c'è parecchio di vero in quanto ho scritto (secondo me). Quindi pace e bene )

stefabeca666 (ha votato 8 questo disco) alle 11:58 del 22 settembre 2011 ha scritto:

Tra i gruppi post-punk/new wave fine anni '70 la stragrande maggioranza indicava unanimemente come "modelli di ispirazione" tre band/artisti: Can, Captain Beefheart e Funkadelic. Pop Group, Magazine (dal terzo disco), Talking Heads, Gang Of Four, Pere Ubu, Public Image Ltd, Scritti Politti, Clash e quant'altri hanno attinto a piene mani dalle ritmiche dub, reggae e funky per garantire quel senso di "primordialità" della musica punk che più si avvicinava, sicuramente, all'incedere quasi ancestrale della musica nera. Questo discorso non vale per la totalità delle band, ma per una stragrande maggioranza (visto che anche la musica dance anni 70 di Donna Summer e compagnia è stata ripresa e rielaborata da band come i Fall e i Joy Division/New Order). La maggior parte della musica che si produce dagli anni 80 fino ad ora deve quasi tutto alle band sopracitate che hanno funzionato da collante tra la musica bianca e quella nera. E comunque forse preferisco "How Much Longer..." a "Y"

FrancescoB, autore, (ha votato 10 questo disco) alle 13:14 del 22 settembre 2011 ha scritto:

Ecco Stefa, ti quoto alla grande. E potremmo citarepure band apparentemente lontane dall'universo black, e che pure per loro stessa ammssione traevano ispirazione dalla sezione ritmica funk: penso agli strepitoi ABC di "The Lexicon of Love" ed ai suoi giri di basso, penso anche al funk elettronico degli Human League.

Questo giusto per precisare che non si tratta solo di influenze evidenti e palesi come nei Talking Heads, nella Gang of Four, nel Pop Group, nei PIL ed in tutte le band che abbiamo già citato. Volendo valutare l'insieme, direi che è proprio l'universo dark quello più distante (pur con la tua corretta precisazione), il quale attinge principalmente a fonti quali i Velvet Undergound, il David Bowie berlinese etc...Tutte realtà comunque bianchissime.

bonnell alle 15:53 del 23 settembre 2011 ha scritto:

okay julian. non abbiamo molto altro da dire. io ho protestato perchè l'avevi messa giù troppo tranchant (e non solo nell'ottica di questo scritto)! se mi permetti un parallelo è come dire "cosa rappresenta storiadellamusica.it se non il re julian che compila le schede"? non va bene, qui è il falso storico. julian è un elemento importante ma è solo 1 dei 10 collaboratori che curano il sito e lo tengono vivo. quindi tu sei importante tanto quanto gli altri 9, non è che tu sei più importante solo perche scrivi di più o sei più simpatico. il punto è qui. quindi il soul e funk sono stati determinanti per la new wave, ma c'è una frangia altrettanto di spessore che se ne è fregata e ha fatto ottima new wave e post punk. il quadro assume connotati ben differenti così. anche il discorso human league: hanno attinto dal soul nella loro seconda fase di carriera, assolutamente no nella prima! e l'elenco che ho fatto in precedenza era di band NON dark e lontane dal soul/funk. quindi oltre alla totalità delle band dark se ne possono aggiungre altre. non parliamo di briciole sparse. un saluto-

FrancescoB, autore, (ha votato 10 questo disco) alle 9:16 del 24 settembre 2011 ha scritto:

Ok, Bonnell, capisco la tua posizione: ma credo che tutto possa risolversi leggendo l'intro della recensione, dove ammetto di forzare e banalizzare un po' il discorso.

La new-wave non è solo ciò che ho detto, ma (a mio avviso) lo è in moltissime componenti.

Felice comunque di aver risolto la discussione abbassando i toni: a me le critiche fanno anche piacere, mi aveva solo infastidito l'accusa di dare informazioni false e tendenziose, perchè mi pareva fuori luogo.

Ciao

Mirko Diamanti (ha votato 10 questo disco) alle 8:48 del 4 dicembre 2011 ha scritto:

disco monumentale; il primo disco di rock concettuale che ha sconvolto la mia vita musicale di quindicenne. Ora ho 18 anni, e questo va ancora in play almeno una volta alla settimana. A riprova del fatto che legare la musica alla propria vita può far diventare "emozionante" anche un disco apparentemente ostico come questo.

NDP88 (ha votato 9 questo disco) alle 18:33 del 11 luglio 2015 ha scritto:

Sto ascoltandolo ora. Trentasei anni dopo. E' ancora avanguardia.

B-B-B (ha votato 9 questo disco) alle 21:16 del 13 luglio 2015 ha scritto:

Capolavoro. Ma non c'è ancora la recensione del nuovo disco ?