V Video

R Recensione

7/10

Xiu Xiu

Dear God, I Hate Myself

Pare proprio che Morgan a Sanremo non ci sarà. Non che la cosa mi tolga il sonno, anzi trovo abbastanza normale che un vero musicista non venga accettato a Sanremo, ma tutta la vicenda mi ha fatto sorridere. Questo povero diavolo che prova a far parlare un po’ di sé proponendosi come il Jim Morrison della Brianza (o il Kurt Cobain di Rai 2, fate voi) e finisce a testa bassa a pregare il vicario di Cristo, ovvero Bruno Vespa (mentre Cristo - sappiamo tutti chi è - ha altro da fare) di aiutarlo per aver fallito laddove un Povia qualunque ottiene ogni anno splendidi risultati. Anche perché non so voi, ma io alle rockstar “maledette” ho sempre creduto poco. La musica, chiunque abbia mai provato a studiarla ne converrà, è disciplina oltremodo complessa, per molti versi geometrica, schematica, rigida. Anche quei musicisti che hanno deciso di romperne lo schematismo hanno sempre avuto bisogno – ovviamente – di conoscerlo a fondo, di studiarlo per poterne intuire i punti sui quali fare leva. Penso al free-jazz, ma anche al noise, all’art-rock.  

Per questo motivo ho sempre trovato inconciliabile la necessità di questo “studio” (anche minimo) propedeutico alla creazione musicale, con il clichè onnipresente del musicista non solo eccentrico ma definitivamente pazzo, malato quando non addirittura violento, alienato o chissà cos’altro. Gli esempi sono infiniti, e se per alcuni ci sono cartelle cliniche (Daniel Johnston) o elementi inconfutabili (Moondog) a testimoniarne la genuina “stravaganza”, per altri il dubbio di avere di fronte un’ennesima “Rock ‘n Roll swindle” è evidente: penso alla coprofagia di Mike Patton, alle bizze dei Guns n’ Roses, agli autolesionismi del punk (avete mai visto un video di G.G. Allin?), all’isteria di Trent Reznor e ai vari fenomeni del sempre nutrito baraccone satanista.  

Prendete Jamie Stewart, ad esempio. Fin dall’esordio (quel capolavoro che fu “Knife Play” – anno di grazia 2002) ha sempre trattato temi “difficili” (solitudine, suicidio, difficoltà di comunicazione), utilizzando immagini discutibili (la prima – orripilante – copertina di “A promise” del 2003) e sonorizzando il tutto con una cruda forma di new wave ricca di allucinazioni terrificanti ed aride confluenze folk. Il dubbio che “ci facesse” era forte. Poi un giorno, non molto tempo fa, andai a vederlo dal vivo in un piccolo club torinese. È un omino non troppo alto, dall’apparenza decisamente ordinaria. Salì sul palco e attaccò a suonare gettando pochi sguardi alla cugina Caralee McElroy (ex tastierista/polistrumentista, attualmente in forze ai Cold Cave), qualcuno a quel bestione di Ches Smith (batterista dalle braccia chilometriche) e praticamente nessuno alla platea. Detta platea (torinese, universitaria, “aperitivesca”) reagì con altrettanto disinteresse, rumoreggiando e vociando in maniera zotica per tutta la durata del concerto. Il risultato fu che dopo meno di un’ora, Mr Xiu Xiu posò stizzito la chitarra, sfanculò il pubblico borbottando qualcosa di incomprensibile e se ne andò. Un giovane efebico vicino a me mi guardò e riuscì solo a chiedermi, sbalordito: “Ma aveva un cazzo disegnato sui jeans?”. Ed io, solenne: “Sì, ed era pure eiaculante”. Ne dedussi che l’atteggiamento “inquietante” di Stewart – voluto o genuino che fosse - aveva colpito nel segno.   

E allora non mi spiego (si fa per dire) perché questo pazzo maniaco e depresso riesca puntualmente a sfornare canzoni eccellenti in ogni album. Anche in questo “Dear God I Hate Myself” (titolo che fomenta i miei dubbi, oltre che ricordami da vicino un altro titolo famoso, “I Hate Myself And I Want To Die”) che esce a due anni dal precedente “Women as Lovers”, ne piazza almeno quattro: l’iniziale “Gray Death”, folk gotico condotto dal binomio synth-chitarra acustica e spezzato da due efficacissimi bridge “sopra le righe”. “House Sparrow”, danza funebre carica di pathos e rimandi ai Joy Division, dedicata a Richard Trenton Chase, serial killer paranoide e schizofrenico noto come “il Vampiro di Sacramento” per la sua mania di ingerire ed iniettarsi nelle vene sangue animale ed umano (ci risiamo). “Falkland Rd”, brano eccellente costruito su bassi immensi e negatività insostenibile, e la successiva “The Fabrizio Palumbo Retaliation”, il cui titolo cita il torinese Fabrizio Modenese Palumbo (membro dei Larsen e del progetto XXL, che coinvolge anche Jamie Stewart) e si rivela come la canzone più “Xiu Xiu” del disco: gothic-pop abrasivo e marziale non privo di quegli elementi disturbanti e “free” che hanno reso celebre la band di San Josè.  

Quattro canzoni eccellenti, nei quali gli Xiu Xiu acquisiscono compattezza e – si dirà – “ascoltabilità”, rinunciando alle derive rumoristiche, ambient e sperimentali tipiche dei loro precedenti lavori per abbracciare un suono più conciso (i brani durano mediamente due minuti e mezzo) ma anche maggiormente a fuoco.  

Certo, come avviene in alcuni episodi della ormai nutrita discografia della band (con questo siamo a quota sette), se è vero che mediamente il livello si mantiene alto (bella la sezione centrale, con il ritmo sostenuto della title track in risposta alle atmosfere cameristiche e oscure di “Hyunhye's Theme”), è altrettanto vero come alcuni momenti siano furbo autocompiacimento (le filastrocche ruffiane “Chocolate Makes You Happy” e “This Too Shall Pass Away (For Freddy)” sono gradevoli ma mostrano immediatamente la corda), altri si propongano come curiose digressioni (il banjo di “Cumberland Gap”) ed altri ancora (“Apple For a Brain”, “Secret Motel”) mostrino i limiti di essere state composte per mezzo di un Nintendo DS (cosa?).  

Che ci volete fare, il genio e la sregolatezza non si disegnano solo sui pantaloni.

V Voti

Voto degli utenti: 6,1/10 in media su 8 voti.

C Commenti

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target (ha votato 6 questo disco) alle 15:04 del 22 febbraio 2010 ha scritto:

Secondo me ormai Stewart è uno da singoli. Un album intero lo regge male, con molti vuoti pneumatici. E l'ottima analisi di fab conforta l'impressione che avevo avuto anch'io: qualche gran bel pezzo che ancora sprigiona energie da ogni suono (i miei highlights sono per tre quarti gli stessi di fabio: "Gray death", "falkland rd" e "fabrizio palumbo", a cui aggiungo "hyunhye's theme", decadente-distruttiva ma umana, con quell'acustica così viva in mezzo a disturbi glitch più riusciti che altrove), ma senza lo skip il disco è pesante. Il titolo, però, a me pare un bellissimo titolo (chevvordì, fab, che "fomenta i tuoi dubbi"?). Ah, un'altra cosa: non riesco ad ascoltare "Chocolate makes you happy" (titolo di merda, stavolta, e testo pure) senza sovrapporci "Collapsing stars" di Richard Youngs. Linea vocale identica.

fabfabfab, autore, alle 20:58 del 22 febbraio 2010 ha scritto:

RE:

Il video è davvero "disturbante", in effetti. E non fa altro che fomentare i miei dubbi sulla volonta di Stewart di voler apparire pazzo (o di voler sottolineare di essere pazzo). Stesso dicasi per il titolo dell'album.

Dr.Paul alle 15:09 del 22 febbraio 2010 ha scritto:

ma perchè questo titolo? è una citazione? anche a me non piace, un quarantenne che ancora odia se stesso bah....ripasserò

target (ha votato 6 questo disco) alle 15:23 del 22 febbraio 2010 ha scritto:

Beh, che c'entra l'età, paul. Anzi, è più probabile odiarsi a quarant'anni che a venti. Se fosse stato solo "I hate myself", comunque, non sarebbe piaciuto nemmeno a me il titolo: è quel "dear god" all'inizio che lo rende affascinante. Dà una sfumatura di sorpresa, l'idea di una scoperta fulminante e terribilmente lucida. Svegliarsi una mattina e rendersi conto, all'improvviso, di essere diventato una persona riprovevole a se stessi. Ha poesia.

bargeld alle 16:11 del 22 febbraio 2010 ha scritto:

Perdonami Fabio ma quel video su facebook io non lo pubblico! E non desidero guardarlo una volta di più!

Dr.Paul alle 21:38 del 22 febbraio 2010 ha scritto:

nn so targ, potrebbe essere azzeccata la tua chiave di lettura! a me questi sbattimenti alla "odio me stesso", "andate a farvi fottere", "voglio morire prima di diventar vecchio" ecc ecc, mi danno sempre l'idea delle paranoie adolescenziali, quando credi che tutto il mondo ce l'abbia con te e che nessuno ti comprenda ecc...insomma in bocca a un quatantenne le trovo patetiche )) probabilmente Stewart è anche ironico, nn saprei...

loson alle 22:09 del 22 febbraio 2010 ha scritto:

Per me il video non è così disturbante, piuttosto disperato, indescrivibilmente crudele. Una crudetà che diventa poesia, non so/capisco perchè... Il pezzo è bello, tipico Xiu Xiu ma con la giusta dose d'ispirazione. Del resto Stewart ormai è un classico, nel senso che con "Fabulous Muscles" ha trovato il suo suono e da lì non si è schiodato, se non variando impercettibilmente la formula. Concordo con Target circa la lettura del titolo dell'album: l'età non c'entra nulla, e anzi questo dettaglio rende il tutto assai più sincero. Odiarsi a diciannove anni ha un significato perchè, se incanalato nel giusto sentiero, tutto quell'odio può portare al miglioramento della propria condizione, alla crescita. Odiarsi a quarant'anni significa scoprirsi fallito, non avere più carte da giocare. Qui, insomma, si esula dal clichè "rockettaro" - e in fondo terapeutico, catartico - del "live fast, die young". Qui ci si scopre morti e si respira ancora.

Dr.Paul alle 22:59 del 22 febbraio 2010 ha scritto:

lettura del titolo dell'album

io continuo a sperare che il titolo implichi qualcosa d'altro, sto velo di autocommiserazione, sincero o meno, terapeutico o meno, in bocca ad un adulto, nn mi piace!

Utente non più registrato alle 23:00 del 22 febbraio 2010 ha scritto:

magari è autoironia.....

bargeld alle 23:07 del 22 febbraio 2010 ha scritto:

Ok Los, è crudele, disperato, ma credo sia stato concepito per disturbare (parlo del video). Ora non ho analizzato il testo del brano, il titolo è comunque eloquente. Nel cinema in genere adoro i momenti disturbanti (l'ultimo Von Trier ad esempio mi è piaciuto molto), in questo caso è probabilmente il restare fine a sè stesso che mi infastidisce, probabilmente lo stesso motivo per cui affascina te.

loson alle 0:01 del 23 febbraio 2010 ha scritto:

RE:

Può essere, ma allora si potrebbe ampliare il discorso e affermare che è la musica stessa degli Xiu Xiu ad essere concepita per "disturbare": chiave di lettura giusta, ma a mio giudizio piuttosto limitante. Questo non mi pare un video fine a se stesso, almeno non fino al punto da configurarsi come pura e sterile provocazione. In realtà è al servizio di un'idea. Quale? La più semplice, la stessa che sta dietro tutto il progetto Xiu Xiu: la rappresentazione - anche kitsch, anche eccessiva, anche vomitevole tanto da scadere nel cattivo gusto - della sofferenza. Fà caso alla presenza di Stewart di fianco alla ragazza, incurante del supplizio che ella s'autoinfligge meccanicamente, mentre mangiucchia la barretta di cioccolata e gesticola quasi per incitarla a continuare. E' crudetà pura. Non so se è arte, però mi atterrisce. Ma meglio chiudere qui perchè si corre il rischio d'aprire una discussione estetica che preferirei dribblare in partenza. ;D

Per la cronaca, l'ultimo Von Trier non mi è piaciuto per nulla. Si salva solo per l'eleganza formale, ma il film in sè è terribilmente al di sotto dei suoi standard, for me...

fabfabfab, autore, alle 13:09 del 23 febbraio 2010 ha scritto:

RE: RE: Può essere, ma allora si potrebbe ampliare il discorso e affermare che è la musica stessa degli Xiu Xiu ad essere concepita per "disturbare":

Che è poi la domanda che mi sono posto nella recensione....

bargeld alle 12:25 del 23 febbraio 2010 ha scritto:

Yes man, chiudiamo qui il discorso sull'estetica, su Von Trier magari lo rimandiamo su Storia dei Film (a me proprio quell'eleganza formale è piaciuta molto, che poi possa fare e aver fatto meglio è sicuro). Resto della mia idea ma chiudo con il riconoscere che il confronto con i tuo punti di vista è puntualmente stimolante assai.

loson alle 13:05 del 23 febbraio 2010 ha scritto:

RE:

Idem.

salvatore (ha votato 7 questo disco) alle 13:14 del 23 febbraio 2010 ha scritto:

Quoto Loson. Album disturbante e dannatamente affascinante. Rappresentazione della sofferenza, esatto. Ma ci aggiungerei un aggettivo non trascurabile: rappresentazione COMPIACIUTA della sofferenza. Non molto lontani dal sadomasochismo... e non sto parlando di becera e superficiale estetica sadomaso, tanto di moda oggi.

L'ho visto anche io dal vivo e sono rimasto pittosto sconcertato: sembra che Stewart si nutra davvero di sofferenza e dolore.

loson alle 13:19 del 23 febbraio 2010 ha scritto:

Io dalla rece avevo captato più il dubbio sul "ci è o ci fa", se cioè avesse o meno come priorità la voglia di stupire. "Disturbare" io l'ho inteso in senso diverso, tale da includere nel suo significato il concetto di spettacolrizzazione ma anche di proiettarlo in una sfera più profonda del "sentire" (scusa, non riesco a spiegarmi in altro modo...). O forse ti ho frainteso, Fab?

fabfabfab, autore, alle 14:55 del 23 febbraio 2010 ha scritto:

RE:

No no io mi chiedevo solo se la follia fosse costruita o meno, quindi - di conseguenza - fino a che punto il titolo del disco fosse "volutamente" deprimente e fino a che punto il video fosse "volutamente" disturbante.

Anche secondo me un pochino ci è, però gli piace sottolinearlo, ecco...

loson alle 18:29 del 23 febbraio 2010 ha scritto:

RE: RE:

Beh sì, ma credo che la "costruzione" sia implicita quando si parla di musica o delle arti in generale. Lo so, è un mio pallino: credo poco alla spontaneità in questo ambito. Ecco perchè non sono solito giudicare le esagerazioni - che nel progetto Xiu Xiu Stewart ci sono eccome - dal punto di vista del "c'è o ci fa". Certo quello di stabilire fino a che punto l'artista sia sincero resta e resterà uno dei grandi dilemmi - fuorvianti? - dell'umanità. -_-''

loson alle 13:24 del 23 febbraio 2010 ha scritto:

"rappresentazione COMPIACIUTA della sofferenza. Non molto lontani dal sadomasochismo..." ---> Ecco, hai centrato il punto. Il suo modus operandi (portato con "A Promise" al parossismo) mi ricorda un po' l' autoflagellazione funambolica ed esibizionista di Michael Gira, anche se Stewart ne accentua in modo abnorme i connotati kitsch...

salvatore (ha votato 7 questo disco) alle 13:45 del 23 febbraio 2010 ha scritto:

RE:

Esattamente... Che poi, se vogliamo, al di là di altre connotazioni e chiavi di lettura, le parole di Fabulous Muscles erano già paradigmatiche di tutto ciò (sesso, morte, esaltazione della sofferenza ai limiti della necrofilia). L'estetica e il "sentire" di Stewart sono certamente kitsh, ma, allo stesso tempo, sentiti e autentici. Per concludere, secondo me, Jamie Stewart "ci è E ci fa".

Utente non più registrato alle 13:46 del 23 febbraio 2010 ha scritto:

Ascoltato stamattina, ottimo disco as usual!

REBBY alle 19:46 del 23 febbraio 2010 ha scritto:

Io penso che lui ci è e poi ci fa.