Renaissance
Ashes Are Burning
Dalle ceneri degli Yardbirds, gruppo londinese mezzo beat e mezzo blues degli anni sessanta famoso soprattutto per avere annoverato nelle sue file prima Eric Clapton poi Jeff Beck e infine Jimmy Page, non è fiorita solo la grandiosa epopea hard/folk/blues dei Led Zeppelin ma pure quella folk/pop/progressiva, assai meno celebre ma comunque importante, dei Renaissance.
Il batterista ed il cantante dei Gallinacci (come li tradusse Mike Bongiorno quando si presentarono a Sanremo, nel 1966) ne avevano piene le scatole di british blues e di chitarristi invasivi, così al rompete le file degli Yardbirds si erano quasi subito dati da fare con un nuovo quintetto, stavolta però tenendo la chitarra elettrica decisamente in secondo piano ed ispirandosi piuttosto a ciò che Nice e Procol Harum stavano allora combinando, ossia quellinnovativo matrimonio fra musica colta romantica europea ed americaneggiante pop anglosassone, con tastiere ed orchestra presenti a iosa negli arrangiamenti.
Lesperienza di questi Renaissance sembrò essersi esaurita dopo un paio dalbum di modesto riscontro, invece quella Rinascita invocata dal nome si realizzò effettivamente, soltanto dilazionata di qualche anno, di qualche disco e con altri protagonisti, vista luscita di scena dei due fondatori. La mossa decisiva fu il rimpiazzo di Jane Relf, sorella e collega del cantante ex-Yardbirds Keith, con la talentuosissima Annie Haslam, vero e proprio usignolo umano dalla voce ferma, densa, estesissima e terribilmente melodiosa.
Laltro punto focale per la definizione della musica della formazione divenne poi in questa fase il pianista John Tout, classico musicista diplomato al conservatorio dal tocco educato e virtuoso seppur con zero talento e spinta compositivi. Poco male, giacché a questo aspetto provvedevano due elementi esterni ovvero la poetessa Betty Tatcher, la quale dalla Cornovaglia dava riscontro allinvio delle musicassette con i cantati accennati dalla Haslam in vocalese (na na naa du du duu ecc.) postando di ritorno i rispettivi testi, nonché il chitarrista acustico e compositore delle musiche Michael Dunford, allinizio neanche accreditato come componente del gruppo e comunque in secondo piano nel mix anche in seguito.
Un primo disco (terzo in assoluto) dal titolo Prologue per ambientarsi e convincersi che era sullenorme efficacia e fascino dellemissione vocale di Annie che conveniva puntare, e poi finalmente il primo vero successo internazionale con questo Ashes Are Burning, dopodiché i riscontri di critica e di vendite aumentarono ancora per i primi due o tre dischi a seguire, per poi decadere rapidamente allarrivo degli anni ottanta.
Lalbum presenta due suite multipartite intorno ai dieci minuti ognuna, poste come inizio e finale, separate da quattro episodi più contenuti e grosso modo limitati alla forma canzone, benché la presa a prestito di qualche pagina classica non manchi neanche in esse (ad esempio un Preludio di Debussy ad incorniciare la piacevole, poppistica ballata At The Harbour). Entrambe le composizioni estese sono belle ed interessanti, ovviamente a patto di possedere inclinazione estetica verso il barocco: lapertura Can You Understand è più serrata gloriosa e trascinante mentre la title track finale, più posata prolissa melodica e corale, è caratterizzata da un assolo conclusivo alla sei corde elettrica dellospite Andy Powell (Wishbone Ash).
A tanti anni di distanza dallepoca doro di questo gruppo e della musica progressiva in generale riascoltare la voce di Annie Haslam riesce ancora a procurare grande emozione. Se proprio non si riuscisse a reggere leffettiva magniloquenza degli arrangiamenti e la fredda sensazione da esercizio di stile dei passaggi pianistici, consiglio vivamente di concentrarsi su quel portento di cantante che questa banda era in grado di esibire: lei e la povera Sandy Danny (Fairport Convention) sono le due voci femminili indimenticabili donateci dal folk rock britannico.
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