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R Recensione

7/10

Gazpacho

Missa Atropos

Il loro "Tick Tock" è stato per me il miglior disco del 2009. Con due ulteriori anni sulle spalle non solo quel lavoro è stato considerato da molte testate uno dei più validi album (di alternative progressive o post-prog, come più desiderate) dell'intero decennio, ma ha permesso alla compagine norvegese di conquistare, sui palchi del primo esteso tour della loro carriera, piena credibilità come efficacissima e raffinata live-band. Nel frattempo il batterista ha lasciato il suo ruolo dietro le pelli e si è trasferito in Italia. Il nuovo arrivato (Lars Erik Asp) non stravolge di una virgola il loro stile.

Usando le parole del loro singer Jan Henrik Ohme: "abbiamo sempre avuto batteristi anche troppo bravi per quello che la band voleva esprimere". Ad ogni modo anche "Missa Atropos”, sesto capitolo nella discografia dei Gazpacho, riconferma l'ispirata vena creativa inaugurata nel primo dei loro grandi album ("Night" del 2007) e portata a totale compimento da "Tick Tock": modernissimo progressive ambientale senza la ricerca di assoli (di tastiera come di chitarra), con evidenti spinte psichedeliche ricche di dilatazioni ma anche di accelerazioni. Una sobria epicità. Volendo citare band di riferimento direi di immaginare una fusione tra i Muse e i Marillion dell'era dopo Fish, con prospettive attigue agli Anathema e con ampi momenti di chiara rievocazione degli Isis più meditabondi. Qualche reminiscenza dei Porcupine Tree più melodici.

Una capacità compositiva che punta tutto sull'equilibrio e su un senso di interezza non invadente. Questo terzo concept album consecutivo (non vi farete mica spaventare da un concept sulla base di qualche stereotipo, vero?), nelle intenzioni dei Gazpacho completa il loro quadro sonoro, fatto di paesaggi malinconici e crepuscolari e di atmosfere intense, tese ad impregnare l'anima ed evocate anche da pianoforti lenti. Certo, bisogna concedere tempo e concentrazione alla loro musica: un ascolto veloce, frutto di continui skip non aiuterebbe a carpirne il senso. Chi non avesse queste caratteristiche può tranquillamente desistere e destinare altrove le proprie attenzioni (o forse è il caso di dire distrazioni).

Nella mitologia greca Atropos era una delle tre Moirae (o Parche che dir si voglia), le figlie di Zeus e Temi: ad esse era attribuita l'arte di tessere il destino assegnato a ciascuna persona e quindi rappresentavano la personificazione del destino ineluttabile. Atropos era quella che concludeva l’opera delle sorelle, nello svolgere le “trame” e i “fili” della vita, lavorando di “cesoia”. L’idea dei Gazpacho è stata quella di dedicare una “messa” (sui generis, s’intende, metaforica) alla dea Atropos, attraverso la narrazione della storia di un uomo, un misantropo (e qui sta il gioco di parole che risuona nel titolo dell’album) che, tagliando i legami di appartenenza “al mondo”, si ritira in un faro. In questo faro, si ripercorrono le fasi di questa ambizione alla solitudine estrema e si seguono i tre tentativi di comporre la messa per Atropos (scrutando la tracklist vengono identificati con Missa for Atropos I, II e III). Può forse sembrare una storia artificiosa e pretenziosa; ma la musica chiamata ad essere la colonna sonora di questa “ricerca” si evolve con suggestioni mai fuori contesto e mai sopra le righe.

Il flusso sonoro segue un andamento quasi naturale e, sotto molti punti di vista, il discorso musicale pare scaturire proprio laddove si era interrotto quello di “Tick Tock”. Defense Mechanism è il brano che si pone come un ideale ponte fra queste due esperienze, con quel gusto in chiaro odor di Muse, ma senza istrionismi o inutili lirismi. Snail è un perfetto ed ideale singolo: un saggio della personalità dei Gazpacho in pillole. River è invece un brano chiave nell’economia dell’album, con un piano che ricorda certe pagine del Peter Gabriel più intimo, e con delle aperture che riecheggiano i Sigur Ros di qualche album fa. Fino allo sfociare della title-track, nella quale tutti i riferimenti citati sembrano convergere, rivelando il midollo dell’album e l’anima stessa della band.

Altamente emozionali i passaggi pianistici di She’s Awake che rammentano certi frangenti della colonna sonora di Amelie (Yann Tiersen). Vera (con il violino di Mikael Krømer in bella evidenza) e Splendid Isolation, nella parte finale del lavoro, alzano il tiro e sembrano cercare la chiusura del cerchio, del racconto e del percorso, con una sorprendente impennata di energia e di pathos. La voce di Jan Henrik Ohme, incisiva pur essendo sempre delicata, sintetizza l’approccio di una formazione che ama misurarsi prima ancora di giocare d’effetto. Una band che, anziché mostrare i muscoli, predilige esibire la propria agilità. E mi sembrano doti rare in questo mondo che ci circonda. La produzione dell’album non a caso è affidata al tastierista Thomas Andersen e al violinista/secondo chitarrista/addetto al programming Mikael Krømer: un modo per ribadire il loro desiderio di autodeterminazione. Un plauso personale lo rivolgerei al bassista Kristian Torp, dotato di una classe e di un tocco fuori dal comune e pienamente apprezzabile forse solamente dal vivo.

Penso che in una personale manovra di avvicinamento alla formazione di Oslo, si possa trovare in “Missa Atropos” un’ottima porta di accesso. La voglia di recuperare poi almeno “Tick Tock” (il più incisivo lavoro dei Gazpacho, ispirato al romanzo “Terre Des Hommes” di Antoine de Saint-Exupery) verrà spontanea. Certamente per il futuro è lecito aspettarsi cambiamenti, dopo un perfetto trittico di lavori che hanno consolidato regole di gioco ma anche delimitato il campo d’azione.

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Voto degli utenti: 5,8/10 in media su 6 voti.
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alby66 8/10
Teo 7/10

C Commenti

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alby66 (ha votato 8 questo disco) alle 15:27 del 2 febbraio 2011 ha scritto:

gran bel disco!

Onorato di essere il primo a commentare!

Gran bella recensione per un ottimo disco.

Non conoscevo i Gazpacho sino al mese di settembre 2010, quando ho avuto il piacere di ascoltarli live al Festival Prog di Veruno, zona Lago D'Orta.

Piacevolissima sorpresa per me amante da sempre del prog e molto attento alle sonorità post-rock.

La band dal vivo è veramente preparata.Ottime incursioni del violinista che aggiunge un tocco di classe in più al sound raffinatissimo del gruppo.Proprio in quell'occasione hanno presentato in anteprima questo bellissimo disco(non era ancora uscito ufficialmente).

Mi sono ovviamente subito procurato lo stesso disco agli stand del gruppo finito il concerto.

Meritevoli di attenzione per chiunque pensi che il prog moderno possa ancora dire qualcosa di interessante, riassemblando con classe antichi e mai dimenticati codici di lettura del genere.

Se vi garba Miss Atropos correte subito a procurarvi i precedenti dischi.Al momento attuale Tick Tock è il mio preferito.

tarantula (ha votato 8 questo disco) alle 8:39 del 7 febbraio 2011 ha scritto:

Disco da ascoltare con attenzione ma, al contempo, sin da subito affascinante! Emozionante la voce cha carica di poetica drammaticità le melodie che già da sole sono di raffinata profondità. Si vede che gli artisti cercano di esprimere un'atmosfera ed una visione romantica.

Eccellente!

Alessandro Pascale (ha votato 4 questo disco) alle 20:53 del 20 maggio 2011 ha scritto:

praticamente buona parte del peggio dei Muse. Al mio orecchio veramente insopportabili mi spiace

Utente non più registrato alle 13:53 del 13 febbraio 2012 ha scritto:

Questo disco non lo conosco, ma tick tock è molto bello, condivido in pieno l'inizio della recensione, dove si parla appunto, di questo disco.