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R Recensione

8,5/10

King Crimson

Lizard

I King Crimson rappresentano un fenomeno musicale e artistico difficilmente inquadrabile: innanzitutto perché, lungi dall’essere un “gruppo” nel senso corrente del termine, rappresentano piuttosto una costellazione di formazioni estremamente varie ma tutte ruotanti attorno al perno del chitarrista Robert Fripp. E allora, viene naturale chiedersi, esistono davvero i King Crimson? O quella del Re Cremisi è forse solo una maschera, un vetro sottile ma straniante dietro cui si nascondono le ambizioni e le velleità artistiche del solo Fripp? La risposta non è banale, considerando che il suddetto chitarrista ha sempre sentito la necessità di “riesumare” il nome ormai mitologico del Re, anche dopo lunghi periodi di silenzio e inattività.

Quello che è evidente è che in tutti i lavori dei King Crimson troviamo un qualcosa che li rende immediatamente riconoscibili, malgrado le continue evoluzioni verso generi e sonorità anche distantissimi tra loro. Il Re Cremisi è più volte ritornato da un presunto aldilà, vestendosi ogni volta di tessuti diversi, circondato da nuovi alfieri ma sempre nascondendo dietro la maschera l’urlo pietrificato dell’uomo schizoide.

Con “Lizard” la metamorfosi è evidente: dopo l’epocale esordio, “In The Wake Of Poseidon” aveva, se non imitato, perlomeno seguito la strada già tracciata. L’album della lucertola si spinge invece molto più in là nella sperimentazione e nella contaminazione tra generi: Fripp si circonda di una schiera di jazzisti (su tutti il pianista Keith Tippett, già presente nel disco precedente) e accosta all’ormai classico mellotron una poderosa e versatile sezione di fiati. Definire “rock” un simile organico sarebbe, se non ingeneroso, quanto meno riduttivo.

I primi tre pezzi ci catapultano in un mondo di forti contrasti, dove momenti squisitamente melodici si alternano a grotteschi vortici di suoni e voci deformate, uno scenario circense e dadaista sottolineato dalle filastrocche sottilmente inquietanti di Sinfield (“Happy Family” tratta metaforicamente dello scioglimento dei Beatles): “Cirkus” è forse il pezzo più incisivo, con la voce di Haskell adagiata sui volteggi di piano elettrico, gli inserimenti di flauto e chitarra classica, e un suggestivo solo di Mel Collins al sax su un tappeto di mellotron, mentre “Happy Family” indugia su sonorità e improvvisazioni tipicamente jazz e “Indoor Games” si presenta con una intro dal sapore zappiano.

Arriva “Lady Of The Dancing Water”, e la dolcezza della melodia dà sollievo ai nostri sensi “violentati” dalle tracce precedenti: il pezzo è dominato dal flauto di Collins, che nel finale dialoga magnificamente con il trombone di Nick Evans. Ma è solo il preludio alla lunga suite che dà il nome all’album.

Lizard” è il brano più lungo mai scritto dai King Crimson, con una durata di circa 23 minuti (la stessa, per inciso, delle tre suite pinkfloydiane): volendo azzardare un confronto con le quasi contemporanee creazioni di Waters e soci, Lizard è sicuramente più vicina al rock sinfonico di “Atom Heart Mother”, anche se l’esperimento di Fripp raggiunge superiori livelli di complessità e contaminazione. E’ anche più pretenziosa di qualunque cosa finora scritta dai Crimson: in 23 minuti si affacciano straordinarie invenzioni melodiche, sonorità e passaggi tipicamente crimsoniani, incubi cacofonici e forme classiche che sfumano nel free jazz.

Se la prima parte del disco pare farsi colonna sonora di un incubo moderno, con la suite ci sembra di immergerci in una favola dal sapore medievale: nella prima parte (“Prince Rupert Awakes”), con la voce di Jon Anderson sugli scudi, potremmo tranquillamente essere di fronte ai Genesis di Gabriel. La possibilità di ingannarsi dura poco, però, in quanto l’epico corale sfocia in un Bolero dal sapore inequivocabilmente classico: sopra il ritmo marziale del rullante si susseguono gli interventi solistici dei fiati. Questa parte della suite ci regala momenti di straordinaria intensità melodica e timbrica: l’ingresso evocativo della cornetta, quello dolcissimo dell’oboe e poi il corno inglese che apre la strada ad un inaspettato quanto geniale inserimento jazz di sax, tromba e trombone. La ripresa del tema da parte dell’oboe e il crescendo sembrano indurre ad una maestosa conclusione: e invece ecco che in lontananza fa capolino il misterioso corno inglese. E’ il rassegnato preludio all’imminente battaglia, che infatti si scatena con improvvisa violenza tra ondate di mellotron e inesorabili colpi di percussione, vortici di flauto e cannonate di sax e trombone. L’interminabile cacofonia lascia poi spazio al Lamento del Principe: la Battaglia delle Lacrime di Vetro è finita, e la chitarra di Fripp ormai sola sul campo lancia grida lancinanti al cielo plumbeo.

Lo spettacolo è finito: “Big Top” (il tendone del circo) si fa grottesca parentesi conclusiva di un viaggio pazzesco e indimenticabile. Questo sogno del Re Cremisi ci ha messi alla prova, ma ci ha regalato momenti di straordinaria intensità; il prossimo ci porterà per mare, sulle ali dei gabbiani, e di certo non potrà deluderci.

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Voto degli utenti: 8/10 in media su 22 voti.

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unknown (ha votato 7,5 questo disco) alle 19:08 del 31 ottobre 2013 ha scritto:

non esiste un solo disco da 6 nella loro discografia..sono tutti da 7 e oltre anche gli ultimi

questo dei primi 4 secondo me e quello meno forte..ma comunque un ottimo disco eh!!!

REBBY alle 0:10 del primo novembre 2013 ha scritto:

Fino al 1984 sua maestà non ne ha sbagliato uno. Questo è il disco "canterburiano" dei KC e tra i 4 (minimo) irrinunciabili (insieme al primo, a quello successivo e a Red). Meglio averli tutti, comunque.

REBBY alle 0:31 del primo novembre 2013 ha scritto:

NB x quello successivo intendo successivo a questo, non al primo.

unknown (ha votato 7,5 questo disco) alle 9:05 del primo novembre 2013 ha scritto:

certamente rebby io infatti li ho tutti fino all'ultimo....a me piacciono anche quelli dopo il 1984 comunque

ho notato pero' che spesso "in the wake of poseidon"...si tende a considerarlo un disco minore mentre invece secondo me e' un gran bel disco

REBBY alle 11:29 del primo novembre 2013 ha scritto:

Non sarò io a contraddirti Rank(x), potrebbe essere pericoloso eheh, ma se per assurdo potessi averne solo 5 il quinto sarebbe Discipline.

unknown (ha votato 7,5 questo disco) alle 13:29 del primo novembre 2013 ha scritto:

su questo credo che siamo quasi d'accordo se per assurdo dovessi sceglierne 5 io andrei sul primo su island su larks' ..red..e discipline...la cosa che mi piace di questo gruppo e che non si sono prostituiti mai!!!

Utente non più registrato alle 13:29 del primo novembre 2013 ha scritto:

Tutti gli album (almeno quelli in studio) dei KC, fino a Discipline compreso, dovrebbero essere presenti nella discografia di chiunque e con quotazioni altissime...

Gli altri, seppur notevolissimi, potrebbero essere eventualmente tenuti in seconda battuta...

unknown (ha votato 7,5 questo disco) alle 13:44 del primo novembre 2013 ha scritto:

guarda vdgg ..io non butterei via neanche usa... eh...per quanto riguarda gli ultimi sono leggermente minori sicuramente rispetto al periodo fino a discipline

ma gran dischi comunque......

e questo mi fa capire che a volte i voti non sempre rendono facile la vita di chi ricerca dischi ..perche' ovviamente

ogni voto di un singolo gruppo viene dato sopratutto in base alla loro carriera e mette in concorrenza la loro produzione musicale dove si decide quali sono i loro must e quali meno

prendiamo ad esempio "the construkction of light" ovviamente seppur bello e' un prodotto minore rispetto ad altri dischi dei king

ma se lo andiamo a mettere per assurdo nella discografia di un gruppo minore prog ..che so tipo i strawbs sarebbe considerato un capolavoro assoluto

Utente non più registrato alle 14:10 del primo novembre 2013 ha scritto:

Certamente, non si butta via nulla...poi vedi in quelli dal vivo (tipo il box di Red) ci si rende conto, ancor di più, della caratura di questo enorme gruppo PROGRESSIVE...

Giuseppe Ienopoli alle 12:51 del 2 novembre 2013 ha scritto:

... è più forte di me! ... il "non si butta via nulla" generalmente è riferito al PIG più che al PROG (?) ... almeno dalle mie parti, ma capisco che siamo in crisi recessiva e le certezze diminuiscono ... sigh&sob!

Utente non più registrato alle 13:22 del 2 novembre 2013 ha scritto:

bah!?...non so se ridere o piangere...

Nonostante la crisi resistono certezze incrollabili...

Giuseppe Ienopoli alle 16:43 del 2 novembre 2013 ha scritto:

... la terza che non hai detto! ... era solo per sorridere, con un risparmio di energie e di muscoli facciali coinvolti ... poi anche per significare che i Crimson sono forse il gruppo più sopravvalutato della rockstory ... come tutti, ne riconosco la grandiosità, l'importanza, la forza innovativa di una produzione che proprio per l'eccessivo sperimentalismo di Fripp ha risentito di qualche caduta di livello, seppure episodica e/o all'interno del singolo disco ... quindi qualcosina, se non è proprio da buttare, è da discriminare rispetto a tutto il resto.

... avendo un po' chiarito, mi potresti anche perdonare qualcosina ... dai!

REBBY alle 9:44 del 3 novembre 2013 ha scritto:

Capisco il punto di vista, ma è stato proprio quello che tu chiami "eccessivo sperimentalismo" ed io desiderio di non appiattirsi su una formula, pur ben riuscita, di sperimentare nuovi linguaggi sonori, che ha permesso a Fripp di cavalcare 15 anni (dagli albori del progressive sin oltre il periodo della new wave) tra i protagonisti principali della musica rock, dal punto di vista creativo. Come lui pochi altri, a mio giudizio, ci sono riusciti nel medesimo lasso di tempo (penso ad Eno, Bowie, Gabriel, Reed e magari qualcun'altro, ma non tanti credo, che in questo momento dimentico). Inevitabile comunque, come tu dici, che bisogna "discriminare", anche a me non tutto nella su produzione sembra di pari livello (sempre alto comunque). Per quanto riguarda i King Crimson nello specifico, quindi a parte i suoi lavori solisti o collaborazioni varie, difficile trovare un album superfluo (fino al 84 almeno) e non vedere nel loro percorso un'evoluzione coerente ed al passo coi tempi, spesso dettandoli ed anticipandoli, al di la dei gusti personali. Non penso proprio siano sopravvalutati quindi, ma che siano giustamente considerati unanimemente dalla "critica musicale" tra i più importanti ed influenti gruppi della rock story (certo c'è ne sono altri ed alcuni, per mio gusto personale, mi piacciono ancora di più, ma questa è un'altra storia).

Marco_Biasio alle 10:07 del 3 novembre 2013 ha scritto:

D'accordissimo. Quoto parola per parola.

Utente non più registrato alle 11:36 del 3 novembre 2013 ha scritto:

Credo non sia mai esistito un musicista/gruppo o un artista in genere (più in generale in qualunque attività umana) che non abbia avuto qualche caduta di livello dovuta a ragioni diverse...

Questo a mio parere, non basta a ritenere Fripp/KC sopravvalutato/i..hanno formulato e anticipato (ma non solo loro in ambito prog) stili musicali, per poi appropriarsene.

unknown (ha votato 7,5 questo disco) alle 11:46 del 3 novembre 2013 ha scritto:

io la penso come rebby

io ho amato i genesis alla follia perche grazie a loro ho scoperto il rock

ma gli stessi genesis hanno attinto a piene mani da" in the court" e sono riusciti con un capolavoro dietro l'altro a tenere botta agli stessi king

pero' nel 1981 mentre i genesis davano alla luce " abacab"..i king sfornavano "discipline "

per chi ama il prog..ma anche per chi ama il rock tutto..non resta che inchinarsi davanti ai king

Utente non più registrato alle 15:04 del 3 novembre 2013 ha scritto:

Anch'io amo alla follia i Genesis, nonostante il fatto che, a differenza dei KC, abbiano abbandonato il prog optando per un genere di più largo consumo...ma non per questo li posso rinnegare o sottovalutare.

unknown (ha votato 7,5 questo disco) alle 15:22 del 3 novembre 2013 ha scritto:

ma io non li rinnego i genesis hanno inanellato tra il 70 e il 75 4 capolavori e due ottimi album e tali rimarranno per sempre

e secondo me in questo periodo non avevano nulla da invidiare ai kc pur facendo due generi di prog diversi

mi e' dispiaciuta la seconda fase sopratutto da abcab in poi ( io i cd dei genesis li ho tutti ) si sono prostituiti al denaro..come moltissimi altri gruppi del resto...praticamente si tratta di album di phil collins fatti con il gruppo

una cosa pero' c'e' di differenza nei dischi solisti di phil .....non ci suonavano i genesis ......e la differenza si sente

Utente non più registrato alle 15:30 del 3 novembre 2013 ha scritto:

Non fraintendiamoci...non intendevo che tu rinneghi i Genesis, quanto piuttosto che non lo si potrebbe fare per la scelta inopinata di cambiare il quel modo la loro musica. Cmq la classe non è acqua...

PetoMan 2.0 evolution (ha votato 7 questo disco) alle 12:04 del 3 novembre 2013 ha scritto:

Album che avevo accantonato da tempo perchè dai primi ascolti non mi prese molto. La recensione mi ha fatto venir voglia di riascoltarlo, ma devo dire che resto più o meno dello stesso parere. Lavoro esteticamente, formalmente impeccabile, con la consueta voglia di sperimentare e andare oltre - notevole la maestria con la quale riescono a far convivere gusto classico e atteggiamento jazz - ma ora, come prima, mi prende poco, preferisco nettamente i due precedenti e i tre con Wetton. Questo lo si apprezza più di testa che di pancia a mio modo di vedere, mentre gli altri li trovo molto coinvolgenti anche sul piano emotivo, viscerale. Copertina bellissima, immagino ancora più spettacolare su vinile.

Giuseppe Ienopoli alle 18:07 del 3 novembre 2013 ha scritto:

… quoto anch’io il Rebby quotato da Marco!

… e non potrebbe essere altrimenti … faccio notare che le due posizioni Ien/Reb sono complementari, oserei dire matrioskiche nella misura e non nella sostanza … un po’ come la traccia di un tema e il suo svolgimento, la prima è quasi la sintesi del secondo o ne indirizza lo sviluppo concettuale … si accettano scommesse (modiche!) di prova contraria!

Le piccole differenze di pensiero, che pure ci sono, riguardano piuttosto la valutazione del fenomeno frippico ed evidentemente il gusto personale e l’opinabilità di ognuno … leggi vdgg/unkdown … più esplicito PetoMan nel sottolineare “le cremiserie”più regali all’interno di una produzione abbastanza ampia e variegata che, per forza di cose, non può suonare “all greatest hits”… sarebbe disumano! … solo una sorta di sudditanza psicologica da parte di estimatori/ultras (Rebby, Biasio, Maradei … altri ancora su SdM … ) alimenta la leggenda che dura dai primi anni 70 per cui il Re Cremisi non sbaglia un disco perché “pezzi unici d’autore”…

… a mio avviso, il continuo cambiamento, l’evoluzione (prerogativa essenziale del prog), l’improvvisazione (tanto cara a Fripp e ai canoni del jazz) hanno bisogno di giusti tempi di sedimentazione per affermarsi … altrimenti possono assumere i connotati del capriccio, della maniacalità del musicista e Fripp è un grosso indiziato in tal senso … lo conferma anche la sua eccessiva tendenza a rompere con gli schemi musicali che egli stesso creava e a cambiare continuamente il sodalizio con i musicisti che ne assecondavano le convulsioni musicali … questo perché la vera ossessione di Fripp è sempre stata il perfezionamento del suono e dell’organico esecutore che con esso si fonde.

Personalmente resto legato al primo periodo, alla magnificenza del sinfonico … poi ho ascoltato tutto senza concedermi facilmente il bis … il limite è solo mio … Fripp non è colpevole!

Marco_Biasio alle 18:51 del 3 novembre 2013 ha scritto:

Beh, sì, hai ragione. Ma l'incostanza del pensiero e dell'azione è caratteristica delle personalità geniali, da sempre, e denota un coraggio comunque non comune... Su questo Fripp ha da sempre adottato, come bene hai sottolineato, schemi di pensiero liberamente jazz, legati ad un concetto di performance (su disco, live) in divenire. Se un musicista imbrocca un disco al 90% tenderà a ripeterlo, in futuro, o nell'immediato, o dopo aver tentato altre strade. Non ricordo un disco uguale all'altro, invece, nella produzione dei KC - ITCOTKC e ITWOP sono due dischi radicalmente differenti nel mood e nell'esecuzione, come ho più volte avuto modo di dire, e la trilogia cromatica degli anni '80 sviluppa in tutte le direzioni possibili la primordiale idea di riff "math" (lì incastonato superbamente in atmosfere e sviluppi profondamente prog-wave). Peraltro mi fa piacere, e molto, che Rebby estenda il periodo di "intoccabilità" fino al 1984, perché uno dei miei Crimson preferiti di sempre (anche e soprattutto per il tocco sopraffino di Belew), e che al confronto con Discipline tende sempre ad essere un po' eclissato, è Three Of A Perfect Pair.

Utente non più registrato alle 20:28 del 3 novembre 2013 ha scritto:

Alla fine si tratta solo di piccole sfumature personali...e non potrebbe essere altrimenti...

Prog on

Mushu289 (ha votato 8 questo disco) alle 18:56 del 26 agosto 2015 ha scritto:

un lavoro ottimo, ma non un capolavoro a mio parere, Islands lo supera di netto