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R Recensione

6/10

ON|OFF|MAN

Giant Backsteps

Stefano Diso (piano, sintetizzatore e laptop), Giacomo Franzoso (chitarra), Punkdandy (Basso e Roland VB-99) e Alessandro Orefice (batteria) sono quattro strumentisti con base a Bologna che han dato vita al progetto On|Off|Man, un potente mix di rock progressivo ed elettronica. “Giant backsteps” è il loro primo CD, un lavoro che intende far passi (indietro) da gigante, come ci ricorda il titolo della release che riprende una delle ultime poesie del compianto Edoardo Sanguineti. Gli On|Off|Man nascono nel 2011 con il nome originario di Jagoda Experiment per dar vita ad «un genere dallo spirito internazionale di forte contemporaneità, in cui la fusione di vari generi musicali in un "unicum senza soluzioni di discontinuità" la fa da padrona». Un sound piuttosto diversificato è certamente il loro tratto distintivo e l’impatto sonoro che producono è coinvolgente: in fondo questa band fa del genuino rock, senza però concedersi alle moine del cantato.

Sette brani per poco più di mezz’ora di ascolto sono una soluzione perfetta per un disco del genere. Il progressive rock tende infatti a stancare facilmente orecchie abituate al facile ascolto, tanto che il merito degli On|Off|Man sta anche qui, nel saper dosare la bestialità del rock con l’acidità dell’elettronica, la psichedelia propria del prog con certe trame prettamente jazzy.

Una dolce nenia introduce “Knox”, che parte subito in quarta con schitarrate, una batteria in escandescenza ed FX elettronici di gran trasporto; al chè il bass system della Roland – che alla sua presentazione stupì molti addetti ai lavori – si fa sentir carico in quasi tutti i pezzi, soprattutto nel singolo “The core” (con un videoclip interamente prodotto in computer grafica). Dopo un breve interludio costituito da catastrofiche prime pagine di telegiornale, arriva “Nightmare knockers”, un cupo componimento tendente molto più all’acid electro che non al rock progressivo (nel brano v’è una chicca del film “Ghost dog” di Jim Jarmusch). Decisamente meno caotica la successiva “Dichotomy”, anzi, un brano veramente delizioso dal punto di vista delle tastiere e, manco a dirlo, con una sezione ritmica travolgente. Dopo il delirio di “A virtual card for you” è la volta della definitiva title-track, che riporta il sound su incastri meno cervellotici, strizzando l’occhio al jazz moderno.

Giant backsteps” è un bel disco, suonato in maniera impeccabile, però sembra difettare di un’anima, un quid che lo renda esclusivo, diverso, lontano dalla mole di promo che giornalmente arrivano alle case discografiche. Dimenticavo di citare la poesia di Sanguineti cui la band si è ispirata. «Ho fatto passi indietro da gigante, in questi mesi: / il mio cervello / trema come una marmellata marcia, moglie mia, figli miei: / il mio cuore è nero, peso 51 chili: / ho messo la mia pelle / sopra i vostri bastoni: e già vi vedo agitarvi come vermi: adesso / vi lascio cinque parole, e addio: / non ho creduto in niente». Toccante, umano troppo umano.

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