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R Recensione

6/10

RPWL

Beyond Man And Time

Ci sono gruppi che non sono riusciti o semplicemente non hanno voluto distanziare la propria identità dalle proprie influenze musicali. In casi come questi, anche con l'avanzare dell'età dei musicisti, il senso di rispetto verso le proprie origini e la volontà di compiacere fan che come i propri beniamini non hanno tagliato il cordone ombelicale verso una età percepita come aurea, sono elementi che assumono maggior preminenza: a tali latitudini, questa "golden age" è quella rappresentata dalla grande tradizione dei Seventies e nello specifico dal corpus discografico dei Pink Floyd - sopra ogni cosa, sopra tutto - ma anche dal lascito romantico di Genesis e dei Camel. Gli esiti cicatriziali del profondo infierire da parte di tali precedenti storici, più che essere interamente visibili vanno valutati nell'impostazione emozionale della musica degli RPWL, nella loro rappresentazione "sentimentale". Certamente l'aver optato per un concept-album ribadisce ulteriormente la prospettiva che orienta le scelte della formazione tedesca: si tratta di un lungo excursus basato su "Così Parlò Zarathustra" di Nietzsche, un viaggio catartico che porta il protagonista del concept all'incontro con alcuni dei personaggi del libro, che gli offriranno nuovi punti di osservazione sul mondo e che gli consentiranno di attuare una rivalutazione della propria vita. E così in un limbo al di là del bene e del male, ci si immerge in un turbinio di suoni e di suggestioni, nel quale convergono, frammentati anche se decisamente riconoscibili, gli antichi ambiti che hanno da sempre caratterizzato la scrittura degli RPWL. Così succede una cosa strana: a colpire per ispirazione, paradossalmente, non sono le parti che hanno la velleità di apparire "moderne" (The Road Of Creation, The Wise In The Desert, pur graziosa nel fondere i Genesis dell'era Collins e i Porcupine Tree, The Shadow, che mescola gli Elbow agli IQ) , in virtù di un qualche bell'effetto elettronico o di una oculata scelta di produzione, bensì quelle palesemente vetero-progressive: The Ugliest Man In The World ad esempio è uno smagliante brano "classic", che non si fa mancare neppure gli opportuni assoli, ma che funziona melodicamente ed esteticamente, oppure The Fisherman, megapezzo diviso fra strapiombanti aperture verso gli ideali della ex-band di Peter Gabriel e prodigiose propulsioni alla Yes (con inserti iniziali di tablas che convogliano sapori provenienti dal subcontinente indiano), in tutto e per tutto riconducibile a quel magniloquente continente musicale sommerso dalle acque della nemesi punk.

L'album di per sé, considerato nel contesto culturale in cui è scaturito e a cui si rivolge, non può non dirsi riuscito. E' in confronto ad altre rivoluzioni musicali che perde colore e significato. Ok, rari sono gli artisti che sanno scomporre il proprio DNA, rompendo i legami chimici delle catene che lo caratterizza, per ricreare una sequenza inedita: però quando una musica "nuova" scorre, non dovrebbe far costantemente scattare nella testa dell'ascoltatore subitanee connessioni neurali con elementi del proprio bagaglio conoscitivo, al punto da desiderare di ripercorrere quelle e non il discorso musicale che in quel momento gli si propone. Metteteci che la voce di Yogi Lang, leader della band, è perennemente assestata sulle timbriche di David Gilmour e capirete quanto questa sensazione di azzerata distanza temporale fra partenze e arrivi, tenda a divenire la cifra stilistica degli RPW. Eppure nei precedenti album in studio ed in particolare nel penultimo “The RPWL Experience” del 2008, hanno preso forma anche canzoni coerentemente appartenenti “al presente”, senza essere appesantite da fardelli ancestrali.

E' arduo sintetizzare i sentimenti che "Beyond Man And Time" veicola, essendo questi appartenenti a sfere tanto differenti, al punto da risultare ambivalenti: una frase della conclusiva The Noon, suggerisce una modalità per farlo: here where the past meets the future…  Qui, ora, il luogo di incontro fra passato e futuro. Ecco, è vero che nell’arte come in ogni sfera dell’attività umana  esiste un percorso ininterrotto con il passato, ma talvolta il presente è libero di esprimersi solo se si riesce anche a compiere uno scarto improvviso, che permetta, senza sradicare le proprie radici, almeno a far vedere le cose in un’ottica inedita. 

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