V Video

R Recensione

10/10

Spring

Spring

Il movimento progressive dal 1969, data di partenza convenzionale del genere con l’uscita di In the Court of the Crimson King, in poi ha avuto un pieno sviluppo sia a livello commerciale, in alcuni casi, ma anche e soprattutto nell’underground, all’estero come in Italia. Fra i numerosi esponenti del progressive cosiddetto “minore”, spicca un gruppo di cinque musicisti della contea inglese del Leicestershire, nato nel 1970 sulla scia di quel progressive romantico e tenue che caratterizzerà, negli anni a venire, il sound di molti altri artisti del genere. Il gruppo in questione sono gli Spring, sconosciuti al grande pubblico ma, comunque, meritevoli e degni di nota per la loro eccezionale capacità tecnica ed emotiva.

Gli Spring incisero un solo album per la casa discografica Neon; tale disco, omonimo, raggiunse, in Inghilterra, un discreto successo in ambito “sotterraneo”. In seguito la band non produsse altri lavori perché, mentre stava incidendo i primi brani per il secondo disco, la Neon trovò rogne finanziarie che la portarono al fallimento e gli Spring si sciolsero.

I cinque musicisti furono molto apprezzati soprattutto per il loro stile forgiato sul suono dei mellotron e sulle atmosfere candide e pacate di uno splendido rock romantico. Piccolo inciso: per quanti non lo sapessero, i mellotron sono degli strumenti a tasti che riproducono, per ogni tasto, una breve sequenza musicale di 8 secondi. La difficoltà di questo strumento sta nell’accordatura. Era impresa assai ardua riuscire ad accordare un mellotron ed a suonarlo bene. Chiuso l’inciso, per rendersi conto della competenza e della capacità tecnica della band, basti pensare che gli Spring, in alcuni tratti del disco, utilizzavano non uno, non due ma ben tre mellotron contemporaneamente. Il suono che ne deriva è dolce, melodico ed armonioso, accompagnato dalla voce di Pat Moran, recentemente scomparso all’età di 63 anni, sempre appropriata e mai fuoriposto, sempre tenue e calda come la musica che la accompagna. Insieme a Moran, le tastiere di Kips Brown sono il tappeto sonoro più peculiare della band; tuttavia, anche Ray Martinez alle chitarre, Adrian Maloney al basso e Pick Withers alla batteria danno il loro significativo contributo a creare il sound del gruppo.

Gli Spring si incontrarono per la prima volta negli studios della casa discografica senza aver mai suonato insieme; alcuni, addirittura, sostengono che i cinque artisti non si conoscessero neanche personalmente. Nel giro di pochi mesi registrarono e pubblicarono l’album, composto da otto brani. In molti tratti gli Spring richiamano alcuni degli esponenti di spicco del genere prog; sono chiari i riferimenti ai King Crimson in alcuni momenti (Inside out), anche se, in quel periodo, erano pochi i gruppi progressive che non facevano capolino ai primi (capo)lavori di Robert Fripp e soci. Le atmosfere sono quasi sempre dolci e romantiche, anche se talvolta irrompono momenti cupi e malinconici, come ad esempio in Grail, secondo brano del disco. Bellissima anche l’apertura di The Prisoner (Eight by Ten), momento fantastico del disco in cui si possono sentire distintamente i tre mellotron di cui sopra; nel disco, non mancano i richiami alla musica folk (Boats).

Nell’edizione rimasterizzata del disco, sono stati inseriti anche tre brani extra, di cui due facenti parte delle sessioni per il nuovo album (Hendre Mews ed A World Full Of Whispers) ed un brano registrato nel 1971 ma tolto dalla scaletta del primo disco (Fools Gold). Anche questi brani sono struggenti e strettamente collegati allo stile del primo disco. Degna di nota è, poi, la struggente Song to Absent Friends (The Island), uno degli episodi più emozionanti del disco. Brano che dura poco meno di tre minuti, colpisce sia per il testo, sia per le sonorità soffici e delicate, con Pat Moran che, ancora una volta, utilizza la sua voce come meglio non potrebbe.

Una volta sciolti, gli Spring continuarono a suonare diventando session-men in svariate occasioni: fra tutte, sono famose le collaborazioni di Pat Moran come tecnico del suono nei famosi Rockfields Studios, in Galles e l’esperienza di Pick Withers come batterista dei Dire Straits per i primi quattro dischi della band. Un disco eccezionale, dunque, che ogni cultore del progressive dovrebbe conoscere, al fine di mettersi di fronte ad una sperimentazione praticamente senza precedenti. Il disco è un vero e proprio capolavoro che lascia l’amaro in bocca per quello che sarebbe potuto essere, per quello che la band avrebbe potuto fare se gli eventi non si fossero accaniti ed avrebbero potuto continuare a suonare e produrre lavori di questa portata.

V Voti

Voto degli utenti: 7,2/10 in media su 10 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
swansong 10/10
REBBY 6,5/10
B-B-B 8,5/10
Lelling 8,5/10

C Commenti

Ci sono 8 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

swansong (ha votato 10 questo disco) alle 18:28 del 25 luglio 2011 ha scritto:

Merita il 10 senza se e senza ma...

Una perla! Ed il fatto che sia rimasta unica la rende ancora più preziosa..Grande e meritatissimo ripescaggio, complimenti Giovanni. Assieme al quasi contemporaneo magnifico omonimo degli Affinity ed all'immenso (scusate l'enfasi sbrodolante, ma quando ci vuole ci vuole!) Breath Awhile degli Arcadium, tre debut album fra i più sorprendenti e misconosciuti capolavori del progressive britannico, anzi della musica rock tutta!

g.falzetta, autore, alle 18:43 del 25 luglio 2011 ha scritto:

RE: Merita il 10 senza se e senza ma...

Ciao swansong

grazie mille per il commento, mi fa molto piacere che hai apprezzato e che, anche tu, condividi il voto che, sinceramente, ho faticato molto a dare. Non per il valore (indiscusso) del capolavoro, sia chiaro, ma perché pensavo di essere "troppo buono" nei confronti di questa band.

Ti ringrazio per i complimenti e..... ascolterò gli altri due da te citati

Giuseppe Ienopoli (ha votato 7 questo disco) alle 10:15 del 17 agosto 2011 ha scritto:

Un disco non fa primavera

Il disco piace anche a me … non metterò 10 per un rispetto della “kilo-metrica”… intesa questa volta come distanza di merito che deve intercorrere fra le grandiosità musicali del rock progressivo … quasi una classifica oggettiva per poter distinguere in maniera più definita l’aglio dall’oglio … epopea breve ma popolosa quella del prog … l’appassionato, stordito da ascolti a palla di Genesis, Tull, Procol, Yes&No … aggiungo a parte due gruppi a torto un po’ ignorati nell’Olimpo progressivista … Moody Blues e Strawbs … e ancora Banco, Orme, PFM … anche l’Italia si destò(!) … finisce per votarsi quasi completamente al prog e collezionare ingurgitandole anche ciofeche da ripostiglio!?

Ormai io mi fido ciecamente del Maradei e riporto testualmente una sua considerazione (v. Camel) in cui mi sono rivisto completamente:

-"Il progressive-rock è una trappola: lo ami quando non vuoi sentire altro, lo odi quando ti accorgi che non conosci altro. Prendetela come una sorta di fase adolescenziale, uno step verso una più ampia concezione e visione della musica …

Il prog-rock è però anche fango, anzi no, sabbie mobili: ci trascina inesorabilmente verso il basso, verso il centro della terra, progressivamente, facendoci perdere di vista la giungla di meraviglie artistiche che abbiamo intorno e che ancora non abbiamo avuto modo di adorare."-

Ritornando a disco e recensione … vorrei concludere senza seriosità il mio giudizio … Giovà! … (provo a fare il Crozza a Ballarò) … Giovà … chiarisci cosa andava a fare tutta quella gente senza conoscersi negli studios di una precaria casa discografica … più che una casa mi è sembrata una pizzeria di prog a taglio! … la cosa spiega chiaramente almeno perché la casa fallì e gli Spring ritornarono da dove erano venuti … comunque ci voglio vedere chiaro … ‘sta cosa m’attizza!

Poi … un voto in più per la forgia dei tre Mellotron … anche qui un dubbio atroce … so per averlo letto che un mellotron all’epoca costava l’ira di Dio … il buon Carletti dei Nomadi andò a Londra per comprarne almeno uno … magari usato … e tornò a mani vuote spiegando agli altri in attesa … “Ragassi … sorbole!” … beh in effetti non so precisamente casa disse … magari lo chiederò a Maradei.

Alla fin della licenza io voto …

Giuseppe Ienopoli (ha votato 7 questo disco) alle 10:48 del 17 agosto 2011 ha scritto:

... l'elettore ha votato

... ho trovato la fila al seggio elettorale ... "per casa disse" volevo scrivere "cosa disse" ... quando si dice "da cosa nasce casa".

g.falzetta, autore, alle 14:01 del 17 agosto 2011 ha scritto:

E' vero, un disco non fa primavera. Ma ascoltando anche i due brani extra registrati per il secondo..... beh, non ci si può non accorgere del fatto che gli Spring con tutta probabilità si sarebbero riconfermati! Ad ogni modo, il mio 10 è giustificato sia dalle qualità tecniche della band (indiscutibili, basti pensare che dopo lo scioglimento hanno fatto tutti delle session importanti) sia dal disco in sé, che strappa emozioni senza soluzione di continuità. E' un disco che continua a sorprendermi ogni volta che lo ascolto..... e ormai i 100 ascolti li ho superati da un pezzo!

dams alle 22:04 del 29 febbraio 2016 ha scritto:

Aggiungo solo che il suddetto disco si trova in LP doppio a circa 25 euro e in cd a circa 22, quindi meglio l'LP per la poca differenza. Grazie per la recensione utile

Utente non più registrato alle 20:34 del primo marzo 2016 ha scritto:

Uno dei tanti Capolavori del Prog.

dams alle 20:16 del 2 marzo 2016 ha scritto:

Lo comprerò....in vinile...doppio (sic), ma credo ne valga la pena. Ne avevo già sentito parlare bene e grazie a questo mitico sito ho potuto avere una conferma.