R Recensione

8/10

Grandaddy

The Sophtware Slump

Nessuna finzione: fino a pochi mesi fa il nome dei Grandaddy (da Modesto, California) contraddistingueva solo un’altra delle mie tante lacune (e per una che ne colmo, dieci se ne aprono...). Avevo sempre letto un gran bene di loro e molti “del mio giro” me ne hanno sempre parlato bene. Però succede, a volte, che più si crea questo alone di culto e meno si ha voglia di acconsentire ad un ascolto. Sarà superbia, chissà. Poi passa il tempo, si manca all’appuntamento dei concerti (sempre eventi unici), si sciolgono i gruppi e ci si ritrova a fare i conti con una musica che non ha più nessuno a dargli vita e voce.

E a dieci anni dalla sua uscita, mi sono ritrovato, alla fine, in “intimità” con questi Grandaddy. Il primo effetto è subito di grande simpatia: mi è sembrato come quando si conosce qualcuno e subito di essere amici dall’infanzia. Vi è mai capitato? Il suono, gli stratagemmi low-fi, il cantato dalla pronuncia così “U.S.A.”, il pop ondivago, gli innesti di folk dalla verve appena vetero-psichedelica, tutto mi ha richiamato alle orecchie e al cuore, altri “del loro giro”: Mercury Rev, The Flaming Lips, Pavement, Sparklehorse. Tutta gente con la quale ho avuto il piacere di stringere amicizia, metaforicamente parlando, avendo fatto pascolare al lungo la loro musica nella mia testa.

Jason Lyte (voce, chitarre e capitano del veliero), Tim Dryden (tastiere), Jim Fairchild (chitarra), Kevin Garcia (basso), Aaron Burtch (batteria) sono una cricca di contadini intellettuali, in grado di disquisire sull’orchestrazione di jingle televisivi o, all’opposto, di mangiare pop-corn alla prima di “Madama Butterfly”: me li vedo proprio così, con quelle barbone che nascondevano bene la loro, in fin dei conti, giovane età. The Sophtware Slump spazia dai brani dall’ampio respiro (vedi il pop-astrale dell’opener He’s Simple, He’s Dumb, He’s The Pilot, sublime e  radioheaddiano, a cui fa eco, giù in fondo, a chiusura di disco l’intensamente orchestrata So You’ll Aim Toward The Sky), a perfette canzoni “sfasate” nelle quali risuona l’esperienza dei Mercury Rev (Hewlett’s Daughter, The Crystal Lake), da composizioni che erano lì lì per diventare una suite (vedi il racconto low-tech dell’uomo-macchina Jed, narrato in Jed The Humanoid e in Jed’s Other Poem), a introverse ballate oniriche (Miner At The Dial A-View).

A ben ripensare, dovrei richiamare quelli che all’epoca mi consigliavano questo disco: ma con quale faccia gli dico, dopo dieci anni, che avevano ragione? Che questo disco avrebbe dato un tocco di colore ai giorni grigi? Che avrebbe potuto farmi sollevare qualche centimetro da terra in quei momenti in cui tutto sembrava pesante?

Vabbé, non glielo dirò, ma allo stesso tempo non vi ammorberò neppure con suggerimenti che, come il me di allora, magari non seguirete. Sappiate solo, che quando vorrete, ci sarà un disco in grado, nel suo piccolo, di donarvi un caleidoscopio attraverso il quale il mondo vi sembrerà migliore. O, almeno, più strano e colorato.

V Voti

Voto degli utenti: 8/10 in media su 12 voti.
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babaz 9/10
Cas 8/10
rael 8/10
target 7,5/10

C Commenti

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babaz (ha votato 9 questo disco) alle 10:28 del 24 febbraio 2010 ha scritto:

Bellissimo!!Che gruppo i Grandaddy...un vero peccato che si siano sciolti!

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 10:46 del 24 febbraio 2010 ha scritto:

Complimenti per aver portato sulle pagine di SdM questo bellissimo disco! Condivido le 4 stelle, lavoro piacevolissimo...

hiperwlt (ha votato 8 questo disco) alle 12:24 del 8 marzo 2010 ha scritto:

"underneath the weeping willow" emozionante e struggente come poche. vabbé, poi tutto l'album è stupendo (dalle più ruvide come "broken household..." alle due jed, fino a giungere alla pavementiana "hewlett's a daughter" e alla radiohead addict "he's simple, he's dumb..." c'è davvero da perdersi in cotanta bellezza!). complimenti a stefano!

Fertuffo alle 8:43 del 12 ottobre 2011 ha scritto:

Ottimo il disco, agghiacciante la copertina.

Chartsengrafs domina su tutte.

DonJunio (ha votato 8 questo disco) alle 13:53 del 12 ottobre 2011 ha scritto:

"radiohead addict he's simple, he's dumb"...

A me sembra un pezzo neilyoungiano come struttura armonica e vocale, mentre le dissolvenze elettroniche che appaiono non erano certo appannaggio dei pur bravi Radioheaad all'epoca, i Grandaddy le avevano già sperimentate nel precedente "Under the western freeway" a dirla tutta. Anche "so you'll aim toward the sky" è in pratica una cover non dichiarata di "Expecting to fly" dei Buffalo Springfield, che poi è il ceppo di tanto pop orchestrale e lisergico da cui hanno attinto anche i Mercury Rev citati nella recensione.

ozzy(d) alle 11:39 del 16 ottobre 2011 ha scritto:

radiohead addict

la storia del rock è iniziata col primo disco dei radiohead!

Utente non più registrato alle 20:32 del 19 febbraio 2012 ha scritto:

davvero niente male

Templare1960 (ha votato 7 questo disco) alle 9:12 del 22 marzo 2012 ha scritto:

Albun godibilissimo.