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R Recensione

7/10

Maya Galattici

Analogic Signals from the Sun

Nome arcano e cabalistico per un sound tutt’altro che occulto. I Maya Galattici (Alessandro Antonel e Marco Pagot) e i loro Analogic Signals from the Sun non tentano affatto di celarsi misteriosamente dietro inquietanti profezie ma si aprono in tutta la loro gioviale tranquillità per mostrarci la frittata che sanno ottenere dalla miscela di pop, psichedelia, elettronica, una ricetta molto vintage e sixties.

Chiari e cristallini quindi, certo visionari, ma pur sempre molto comprensibili, i loro segnali sono stranamente fluidi e piacevoli: piglio decisamente indie pop che attenua la parte più acida del carattere allucinogeno, lasciando solo l’aspetto visionario più bonario, sopprimendo il più spigoloso e tormentato per dar spazio solo a quanto di più cordiale e amabile il duo ha saputo trovare.

Quelli dei Maya Galattici sono segnali analogici del tutto promettenti e distensivi, morbide ondate, talvolta soffici e talvolta scivolose ma pur sempre inafferrabili,  tracce equilibrate e costanti nel loro susseguirsi, prive di quei picchi che potrebbero rivelarsi minacciosi per il proseguimento del viaggio, quelle stranezze che potrebbero alterare la delicata e familiare quiete, quella che sostiene e manda avanti il raggiante percorso.

È la baldanzosa ripetitività ritmica delle tracce che permette di captare i primi segnali e fa da guida lungo tutto l’itinerario, già dalla prima The girls are waiting si capisce bene di che pasta è fatto questo debut album: la suggestiva e ammaliante vocalità si adagia su docili sonorità acustiche che in Green Green Town acquisiscono una vitalità ancestrale, con timide percussioni e battiti appena accennati per non turbare l’armonia apportata dall’incipit, la stessa mantenuta dalla successiva Mechanical cock tra gargarismi e sciabordii elettronici volti a rasserenare e dondolare il viandante.

Meno lineare e più candenzata l’anima di Our House Is Burning This Summer, mood che si insegue e si ripresenta in un movimento a spirale che stranamente non si rivela ossessivo, ma è comunque un breve episodio di tensione, con Sad & Tired torna quel senso di completezza e di evasione che questo oleoso agglomerato elettrico riesce a trasmettere.

Decisamente più mattutina e luminosa è Wake Up come se il percorso dagli accenti visionari si dirigesse verso una consapevolezza sempre più chiara ed evidente, la stessa che diviene sfacciatamente policroma in Mrs.Death, un arcobaleno di caleidoscopici colori e umori dal sapore vintage. Il risvolto più pop prende il sopravvento in Razor Bird, un procedere prevedibile ma non scontato. In chiusura, l’ultima delle nove tracce, Sweet Honey, affollata e sgargiante per toccare l’apice del trasporto allucinogeno e porgli bruscamente fine lasciando, di quei colori forti e plastificati, solo un ricordo.

Captare i segnali analogici dei Maya Galattici e farsi trascinare dal loro miraggio è pura delizia.

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Voto degli utenti: 6,7/10 in media su 3 voti.
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