Motorpsycho
Here Be Monsters
Crystal candy, bad tattoos / Diet Coke and Disney Blues / Im so tired / Kick off in the void / Lets get some weed and chill out to Pink Floyd. Profezie di un allora trentenne sullorlo di una crisi di nervi o esplicitazione definitiva di unintramontabile passione giovanile? Bent, questa domanda va girata a te. Lacuna/Sunrise, dal canto suo, va fatta sentire allimbolsitissimo Gilmour dellultimo ventennio, per cui Pompei val bene una messa (liturgia costosa assai, peraltro). In poco meno di dieci minuti scorre la Wish You Were Here di Trondheim, la pastorale psichedelica di tre romantici centauri, una delicatissima epopea dove i viandanti sui mari di Animals mirano alla candida sintesi corale del folk progressivo: in altri termini, lestuario dove si mescolano i sublimi arrangiamenti di Let Them Eat Cake, le espansioni strumentali di Heavy Metal Fruit e la concretezza melodica di Behind The Sun. Non che con Running With Scissors si evochino altri e più recenti passati: il modo in cui gli intarsi di fiati tempestano e si sovrappongono alla miracolosa frase chitarristica di Snah è un rimando diretto allo split coi Jaga Jazzist di tredici anni fa, donde spirano malinconiche brezze post-bop e cool (Norway ah um ). Fedeltà e consequenzialità marchiano le variopinte detonazioni hard rock del panzer cripto-kraut di I. M. S. (Inner Mounting Shame) (lo spirito continua: sia mai!), divenendo infine saggio accademico in una torrenziale, conclusiva Big Black Dog (che si atteggia arcigna à la Un Chien DEspace senza possederne la tetra disperazione trainante, in unesasperazione pianificata dello Stonertruppen di casa che, con consumata maestria, viene reindirizzato verso sempre rinnovati schieramenti di arpeggi).
Il resto, oramai, lo sapete: Here Be Monsters nasce, come già i recenti The Death Defying Unicorn A Fanciful And Fairly Far-Out Musical Fable e En Konsert For Folk Flest, come una collaborazione a quattro mani con Ståle Storløkken, nata per festeggiare il centenario di attività del Norwegian Technical Museum (labbiamo capito: cè sempre un motivo per celebrare). Comè, come non è, tra i tour, lattività in studio, i progetti paralleli, questi brani stagnano, non decollano. Storløkken cede il suo posto al tastierista Thomas Henriksen, già uomo ombra di molti capitoli recenti della discografia dei Motorpsycho (da Still Life With Eggplant in poi è presenza discreta, ma stabile): dal canto suo Reine Fiske, da qualche anno sei corde aggiuntiva, ritorna temporaneamente? negli Elephant 9 e negli Amazing. Ogni incastro torna a combaciare: il tempo di annodare i due capi del filo rosso (Sleepwalking e Sleepwalking Again, due minuscoli notturni moderni di grazia magnetica) e sgraffignare a Terry Callier una Spin, Spin, Spin tramutata in acustica visione hippy per aride anime contemporanee idea in sé non malvagia, ma un po fuori contesto.
È questa sottile, pervasiva eleganza a ritardare lo scocco della scintilla, a scindere ammirazione formale e inebriamento contenutistico. Here Be Monsters non possiede i piccoli difetti del precedente Behind The Sun, il che, per assurdo, lo fa a tratti sembrare più freddo, più minimale anche se lambizione, ça va sans dire, quella non diminuisce di un grammo. Sono Motorpsycho ex cathedra: formidabili, ma meno incisivi. Sicuramente superbi dal vivo, come sempre (ve lo sapremo dire quando passeranno, a maggio) ma, in qualche modo, meno umani. Da qui il voto, contenuto rispetto al solito.
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