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R Recensione

8/10

Samuel Katarro

The Halfduck Mystery

Ho in mente Nikola Tesla, il fisico serbo maniaco-depressivo che condusse studi sull’elettromagnetismo a inizio secolo. Ne ho in mente l’interpretazione (molto) liberamente ispirata a lui che ne fece David Bowie, nella pellicola di Nolan del 2006 The Prestige. Ecco, Alberto Mariotti nella mia testa è Bowie che impersona Tesla e si autocatapulta con una macchina del tempo, di recente artigianale invenzione, nell’universo fiorito e lisergidescente di fine anni ’60. E ivi vede, sente, apprende più velocemente di quanto avrebbe creduto, forma una band, incide un lp dal profumo assuefacente, su una resina vinilica stuzzicante al tatto, sorprendente al gusto. Invia le registrazioni a La Famosa Etichetta Trovarobato, giusto quarant’anni dritto in fondo a sinistra, che provvede, con un sofisticato macchinario in vendita sul canale shopping del digitale terrestre, a convertire l’analogico in digitale, duplicarlo, imbustarlo, affidarlo al distributore che lo recapiterà a tutti i negozi di dischi (che nel frattempo si sono ben nascosti e non si fanno trovare) o, al peggio, a un sito di streaming gratuito.

Com’era bello, il delirio. E’ che “The Halfduck Mystery” mi sorprende talmente eccitato e raggiante che scriverei questa recensione per me soltanto, mentre sonnambulo lascio che a guidare le dita sulla tastiera siano un semipapero, una bambola nazista e il rinculo di una canna da pesca tra le nubi del cielo della California.

Samuel Katarro, nella sua vita precedente, era un giovane ragazzo prodigio, un bluesman abrasivo dai polpastrelli scavati e dall’antitetico falsetto. Oggi, che ha deciso di vivere nei dintorni di quell’epoca sciaguratamente definita Summer Of Love, ha i ventiquattro anni di quegli anni, quando i cambiamenti, le scelte, erano ancora importanti, epocali per l’individuo, e non si riducevano a una scritta su un social network. “The Halfduck Mystery” segue di nemmeno due anni l’esordio del 2008, “Beach Party”, ed è un album impegnativo, allegorico nelle immagini e nei suoni, un’altalena di cambi di ritmo, umori, studio e improvvisazione. Raggelante, in quella voce più misurata e omogenea ma contestualmente disturbante, infuocato, nelle divagazioni vestite di fiori e nelle code lisergiche.

Arpeggi che si ammutoliscono dinanzi a girandole sconquassate di grassi archi, carillon in miniatura e gigantesche giostre, cavalcate elettriche zoppicanti frustate da fiati serpeggianti, urla al sole nell’abbandono di fangosi stordimenti. Questo, e infinitamente di più, giace all’ombra di grandi nuvole rosa, che mistificano e ottenebrano la percezione, amplificandola.

Ed ecco i detrattori al varco, che già avanzano brandendo la loro scure di saccenza: gli sbuffi di locomotiva di “I Am The Musonator” e l’andatura caracollante di “The First Years Of Bobby Bunny” sono pura matrice waitsiana, l’incedere di “Rustling” è onesta suite ‘60s chiaramente ispirata agli scritti di Robert Wyatt, i Grateful Dead avevano già inciso “American Beauty” quindici anni prima che tu nascessi e ci propinassi il country sbilenco di “Pop Skull”. Credi che dall’alto della nostra controcultura conferiamo il merito della sghemba “Pink Clouds Over The Semipapero” a te o al genio visionario di Captain Beefheart e della sua banda magica che tenti invano di riportare in vita? In “‘S Hertogenbosch Blues Festival” inquini le acque con scricchiolii, tetri violini che deflagrano nell’incubo, fantasmi moderni, ma la lezione, è lapalissiano, porta la firma di Robert Johnson. In “You’re An Animal” sei tu o il cappellaio matto Syd Barrett?

Sei un fan di Tim Buckley?

Il sottoscritto, per usare un francesismo, se ne sbatte. Il crepitio della puntina che graffia e di tanto in tanto salta mi mortifica di piacere, il suono caldo del vinile amplificato mi infiamma il sangue, “Three Minutes In California” mi conduce sotto un enorme palco e mi tiene per mano, nuda. Tutto questo lo devo a mille artisti e canzoni, ma oggi, seduto su un misero divano, nel plumbeo pomeriggio di un qualsiasi giorno d’aprile duemiladieci, devo il mio piacere a un appassionato ragazzino di Pistoia che suona e canta come un dio dorato. E di questi quarantacinque minuti gli sarò riconoscente in eterno.

C Commenti

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Luca Minutolo (ha votato 8 questo disco) alle 8:46 del 28 aprile 2010 ha scritto:

Questo ragazzo è un vero talento di cui farsi vanto, non scherzo, la sua timbrica in falsetto è assolutamente magnetica e viscerale, e quest'album mi ha stupito con le sue atmosfere psichedeliche immerse in una vasca di acido lisergico. Come giustamente fa notare la recesnione (ottima) non s'inventa nulla di nuovo, ma lo fa in uno stile personale e trascinante che non può laciare indifferenti. Unico neo (se così lo possiamo chiamare), mi piacerebbe ascoltare un suo album interamente in italiano, con cui se la cava benissimo masticando e storpiando le parole alla sua maniera....U chiaro esempio è la cover di Diamante Grezzo dei Diaframma, a dir poco toccante....

Un diamante grezzo da custodire gelosamente....

Luca Minutolo (ha votato 8 questo disco) alle 8:53 del 28 aprile 2010 ha scritto:

Non fate caso agli errori....è colpa del sonno...

Marco_Biasio (ha votato 8 questo disco) alle 21:15 del 28 aprile 2010 ha scritto:

Porca miseria che disco, che disco. Già da "Beach Party" si capiva chiaro e tondo quanto grande fosse il suo talento, ma diamine se ha fatto bingo con questo. Mi riservo ulteriori ascolti, ma credo che stanzierò sul 9...

Dr.Paul alle 21:32 del 28 aprile 2010 ha scritto:

il precedente disco non mi era piaciuto. per questo da qualche parte ho letto una di quelle robe tipo : "se ti piace The Halfduck Mystery ascolta anche sgt pepper".

fuorviante come indicazione ma qualche passaggio beatlesiano qui e lì c'è (tra pepper e magical mystery tour), ecco se tutto il disco fosse sul genere della traccia d'apertura Rustling, darei un 8 pieno! invece il tutto si risolve in un casino mezzo anarchico e senza sbocchi, nn fa per me, anche il falsetto non mi garba! preferisco ascoltarlo nuovamente altrimenti dovrei mettere un voto clamorosamente basso )) bravo barg!!!

bargeld, autore, alle 21:43 del 28 aprile 2010 ha scritto:

No no Paul, a questo punto astieniti! Qui sono consentiti solo votatori affini a Marco! DD

Scherzi a parte, io avrei giurato che quest'album ti sarebbe piaciuto molto, concedigli più tempo.

Dr.Paul alle 21:46 del 28 aprile 2010 ha scritto:

ma rustling ha del miracoloso, cosa ci voleva a continuare per quella strada....azzatarro...))

otherdaysothereyes alle 8:37 del 29 aprile 2010 ha scritto:

Visto la scorsa settimana in concerto. Con quel volto inespressivo e quella magliettina dei green day addosso non gli avresti dati cinque lire, invece...ma per giudicare aspetto di ascoltare il disco.

bill_carson (ha votato 8 questo disco) alle 8:40 del primo maggio 2010 ha scritto:

uuhh...bravo..

Bella scoperta, davvero, gran talento. I pezzi ci sono, spero che prenda a cantare in italiano e magari, per il suo bene, cambi nome.

Cavolo ma questo è Molto meglio dei Beach House!

salvatore (ha votato 5 questo disco) alle 14:04 del 13 maggio 2010 ha scritto:

RE: uuhh...bravo..

"Cavolo ma questo è Molto meglio dei Beach House!" Ovviamente è una battuta, VERO?!?

gull (ha votato 7 questo disco) alle 15:32 del 12 maggio 2010 ha scritto:

Spettacolo!

Grazie per la bella recensione. Scoperto un altro grande poppettaro deviato! Ma quanti talenti misconosciuti ci sono in giro?

gull (ha votato 7 questo disco) alle 15:31 del 13 maggio 2010 ha scritto:

Completo il mio giudizio:

Disco e musicista molto più complessi di quanto il nome goliardico scelto faccia pensare.

Confermo che è un lavoro che necessita di qualche ascolto in più per poter essere apprezzato appieno.

I Beach House chi?

Marco_Biasio (ha votato 8 questo disco) alle 16:45 del primo giugno 2010 ha scritto:

Ok, ora posso votare. Disco geniale perchè capace di stonature allucinanti entro melodie pop perfette, che ne vengono distorte ma al contempo "rimbalzano" l'urto, restituendolo all'ascoltatore. Ecco perchè, per me, brani come "Pink Clouds Over The Semipapero" e "The First Years Of Bobby Bunny" sono capolavori incredibili. Rispetto all'esordio "Beach Party", poi (che per me, ribadisco, era già un capolavoro) si è avuto tempo e materiale per lavorare sui dettagli, stratificare il suono e far prendere alle canzoni pieghe inaspettate ("Rustling", "I Am The Musonator"), oltre che coltivare con costanza un'innata capacità di costruzione melodica mediata da strali psichedelici, come in un Syd Barrett degli anni 2000 ("Pop Skull", "Sudden Death"). Per me è 8,5: centro!

alebabbo (ha votato 9 questo disco) alle 9:08 del 15 ottobre 2010 ha scritto:

Che album, e che artista. Visto ieri sera dal vivo in un piccolo locale della mia città (ah, come sono belli i live seduti al tavolo a 3 m dal palco) e mi ha veramente sorpreso e colpito. Con gli altri due bravissimi musicisti, anche i brani di Beach Party acquistano valore. Una delle più belle realtà italiane del momento.

ThirdEye (ha votato 8,5 questo disco) alle 21:38 del 10 maggio 2018 ha scritto:

Album bellissimo. Uno dei più interessanti (e non ne sono moltissimi..) dischi del cosiddetto panorama 'indipendente' Italiano degli ultimi 15/20 anni. E tragicamente tra i più sottovalutati...così impegnati come si era a lodare le tante, troppe mezze fetecchie pseudo 'indie' tra teatri degli orrori,centrali elettriche, Cani ed altre cagatine.

Marco_Biasio (ha votato 8 questo disco) alle 12:39 del 12 maggio 2018 ha scritto:

Beh, ora magari è un po' sparito dai radar, ma all'epoca non è che Beach Party e questo disco fossero passati completamente inosservati, anzi...