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R Recensione

7/10

Earth

Primitive And Deadly

Gli Earth, paladini della musica heavy anni ’90, padri del drone metal (i cui parametri stilistici hanno cristallizzato nello splendido “Earth 2”), nel 2014 tornano sui propri passi (meno atmosfere rarefatte, meno country con le borchie ma vestito a lutto) e riscoprono tutto l’amore per i Black Sabbath, vere e proprie muse di una larga parte del rock alternativo americano degli ultimi 25 anni.

Primitive And Deadly” simboleggia già nel titolo questo tuffo nel passato: stoner rock che sprofonda nel pantano, in grado di sfibrare in una psichedelia dilatata il granitico sound di Tony Iommi.

Quindi, ecco a voi cinque lunghe cavalcate nel deserto, abbagliate da un sole che più che addolcire le giornate sembra trasformarle in un forno a cielo aperto, con la chitarra di Dylan Carlson che, ancorché affiancata da illustri collaboratori alle sei corde, come è naturale che sia si prende la parte della protagonista.

Primitive And Deadly” è in larga parte fangoso, arrancante, schiacciato da un peso immane: eppure riesce a brillare di una sinistra luce psichedelica, a librarsi verso le colonne del cielo. In tale prospettiva, importante è il ruolo giocato dalla melodia, che si guadagna un ruolo molto più centrale e centrato rispetto ai classici della band: in alcuni brani sembra quasi di sentire gli Earth in versione “pop”.

Torn By The Fox Of The Crescent Moon”, il primo pezzo, aggiorna al 2014 il vocabolario di Tony Iommi (in sostanza, un lamento nero prolungato), disseminando scintille abbaglianti lungo il suo percorso (con il fantasma dei Grateful Dead che sogghigna in mezzo alla polvere).

La vocazione vagamente psych pop emerge con più vigore nella notevole “The Serpent Is Coming”. Il pezzo vede al microfono nientepopodimenoche Mark Lanegan, e regala un crescendo melodico funereo e fosco che potrebbe essere lo spunto più interessante dell’album.

Discreta è anche “From The Zodiac Light”, omaggio ai Rose Windows, band psichedelica di Seattle, irrobustita da una buona vena melodica e dalla voce solennemente virtuosa di Rabia Shaheen Qazi. “Even Hell Has Its Heroes”, con il suo defatigante attrito, è il brano più heavy: una mesta cavalcata a zonzo per lande desolate e scenari ingannevoli. La chitarra di Carlson è al suo meglio: riff poderosi e instancabili che si inseguono senza sosta, heavy metal che sfuma in drone music per menti surriscaldate. La forza d’urto della musica viene amplificata (qui come un po’ ovunque) dalle chitarre “aggiuntive” di Brett Netson e Jodie Cox, che saturano l’ambiente sonoro sino ai limiti.

L’ultimo brano, ancora una volta non lontano dai dieci minuti, riassume un po’ le varie tecniche d’alta scuola della band americana, senza modificare troppo la miscela: la batteria si sfilaccia lentamente in un’agonia di piatti, mentre la chitarra celebra l’ennesima rituale esoterico sull’altare del feedback. Anche qui, alla voce si cimenta Mark Lanegan, e la cosa non può che essere una valore aggiunto.

Gli Earth, nel corso della carriera, hanno saputo aprire scenari nuovi alla musica heavy. Visto in tale prospettiva, “Primitive And Deadly” non è un disco che possa imprimere una svolta decisiva al loro sound: ciononostante, funziona più che bene, anche grazie all’intervento sapiente dei prestigiosi collaboratori e alla sue sottili ma chiaramente percepibili venature pop.

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Voto degli utenti: 7,6/10 in media su 4 voti.
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C Commenti

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ThirdEye (ha votato 8 questo disco) alle 22:30 del 25 settembre 2014 ha scritto:

Eccellente, come sempre. Peccato per la seconda traccia con il sommo Mark Lanegan. Fremevo all'idea di ascoltarlo, ed è stato deludente trovarmi invece di fronte al brano peggiore del disco. Non va da nessuna parte. Parere modestissimo.

FrancescoB, autore, alle 14:37 del 26 settembre 2014 ha scritto:

A me invece garba assai...Boh proprio questione di gusti

ThirdEye (ha votato 8 questo disco) alle 19:45 del 27 settembre 2014 ha scritto:

Naturale

Marco_Biasio (ha votato 7 questo disco) alle 17:54 del 2 ottobre 2014 ha scritto:

Mi pare un ottimo disco, anche se aspetto di ascoltarlo ancora un po' prima del voto. Una cosa è certa: la trilogia tanto annunciata non si è completata. Fa piacere sentire che Carlson sia tornato sui suoi passi (quelli di "The Bees..."), invece che insistere su una formula contemplativa del tutto cristallizzata e fine a sé stessa. Questa è una prova di densa psichedelia americana speziata gothic story e con dei bei riffoni doom nel mezzo...

Marco_Biasio (ha votato 7 questo disco) alle 22:20 del 23 novembre 2014 ha scritto:

Anche a me il brano con Lanegan pare un po' tirato via. Un peccato, perché l'idea sulla carta era ottima! Il disco comunque merita moltissimo. Torn By The Fox Of The Crescent Moon (uno dei riff migliori di Carlson) e From The Zodiacal Light (bellissima la voce di Rabia Shaheen Qazi) i brani migliori. Francesco, se ti capita abbinalo con la colonna sonora che Carlson - con lo pseudonimo drcarlsonalbion - ha realizzato per il western Gold.