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8,5/10

The Flaming Lips

Oh My Gawd!!!...The Flaming Lips

Se mai è esistita una band capace di incarnare il concetto vasto e indefinito di psichedelia, in tutte le sue forme, si tratta necessariamente dei Flaming Lips.

Individuare sul mappamondo dei generi codificati la posizione della loro eccentrica proposta non è esattamente una passeggiata. Si intravedono barlumi di psichedelia radicata nella tradizione west-coast, mutazioni e deragliamenti degni delle menti freak più oltraggiose (Frank Zappa, il Capitano). Cantilene stralunate degne dei Pink Floyd (specie i primi) si abbinano a un melodismo esuberante e incantevole, a tratti quasi Beatles-iano; rumori furiosi e concreti spariscono dentro improvvisazioni orgiastiche, che riportano al noise ante-litteram dei Velvet Underground. Si alternano e sovrappongono complessi impasti sonori, ora jazzati, ora astrusamente progressivi, ora apertamente garage. La chitarra spadroneggia a furia di feedback, impasti blues in lo-fi, sincopi da rock'n'roll brado, morbide progressioni di accordi aperti.

Coyne e soci arrivano da Oklahoma City, il posto più improbabile per fondare una band psichedelica. O forse il più adatto di tutti: puri spazi del midwest che si perdono a vista d'occhio, praterie infinite, un immaginario degno di partorire musica country geneticamente alterata.

E all'inizio, sono immersi nei sixties fino al collo, tanto da incarnare - anche se in forma sui generis - l'ideale riscoperta delle radici e della tradizione rock che ha riviltalizzato la musica alternativa degli anni '80.

La proposta dei Lips, infatti, era e rimane decisamente affine agli esperimenti più radicali dell'epoca flower power, conserva una analoga sfrontatezza e complessità. Il vocabolario è tuttavia aggiornato alle esigenze espressive (e tecnologiche) degli anni '80: non si vuole più cambiare il mondo, ma solo costruirsene uno nuovo, che assomigli un po' al luogo idealizzato nell'epoca della rivoluzione.

Coyne e fratelli in effetti sembrano felici, o almeno si mettono alla ricerca di qualcosa che li renda felici, il che è quantomeno bizzarro quando si parla di rock alternativo americano, specie appunto se si analizza il decennio che l'ha visto nascere e maturare sino alle soglie del post. Le melodie che si librano sono effervescenti e pulsanti, anche quando si stemperano in un affresco vagamente malinconico. Wayne si è intestardito nella vanagloriosa ricerca di quella luce, di quella forma di estasi che distingue la musica degli anni '60 da quella dei decenni successivi, ora più altezzosa e ridondante (70's), ora più vicina al solipsismo (80's), ora più razionalmente eclettica (dai 90's in poi).

I Flaming Lips si ostinano a mantenere in vita le braci, non lasciano che la fiamma si affievolisca; ed è sbalorditivo che riescano in questa impresa titanica da un trentennio, senza quasi mai sbagliare un colpo.

"Oh My Gawd!!!...The Flaming Lips" è la seconda fatica di Coyne e soci, e con ogni probabilità è il lavoro più equilibrato del periodo, perché mostra una personalità più definita e più nitida rispetto al pur ammirevole "Here It Is", sviluppando un concetto di rock psichedelico itinerante e variegato destinato a rimanere negli annali.

"Everytghing's Explodin'" chiarisce subito le idee: un ritornello arioso costruito su due terzine, lunghe cavalcate elettriche, ritmiche in 4/4 senza troppi fronzoli con la batteria che non si scompone, una dinamica compositiva ed esecutiva che ha del miracoloso. Il brano vive una logica di pieni e di vuoti, ora sussurrata e allusiva, ora più aggressiva e spiritualmente vicina al coevo noise rock (quasi dei Sonic Youth colti in un raro momento di estasi). Come in altri luoghi del disco, gli intrecci percussivi circolari svolgono un ruolo fondamentale, perché trasformano a piacimento l'atmosfera, alzando e abbassando i volumi fino a creare una sorta di ipnosi.

La propensione per i brani articolati, movimentati, brutalmente onnivori emerge con chiarezza lungo "One Million Billionth of A Millionsecond On a Sunday Morning" (titolo assurdista quanto la copertina), suite distesa e fitta nei suoi tortuosi cambi di ritmo, eppure accogliente nella melodia. Un piccolo capolavoro, che nella seconda sezione scatena un vulcano di rumore instancabile.

"Can't Exist" nasce come duetto fra acustica ed elettrica, mentre Wayne (non trovate che la sua voce stentata, fragile, quasi prepuberale, sia fantastica?) bisbiglia deliri para-eroinomani, tanto che si intravede nella fitta coltre di fumo il profilo degli Spacemen 3 (solo che qui nessuno si arrende alla propria ineluttabile catalessi).

"Love Yer Brain" sposta il baricentro e calamita verso una concezione che profuma latamente di progressive allucinato: scodella una sonata per pianoforte eretta sopra una semplice copia di accordi minori, quindi lascia entrare chitarra e percussioni, mentre l'ennesima melodia brillante e vitale (un crescendo che ruota intorno a intervalli brevi) si prende la parte principale. Il finale racchiude lo strano concetto di musica d'avanguardia abbracciato da Coyne, fra grida sconnesse, note casuali di pianoforte, percussioni lunari.

Un consiglio: se si vuole riscoprire le Labbra Fiammanti, o anche solo provare a muovere i primi passi all'interno della loro vastissima discografia, "Oh My Gawd!!!...The Flaming Lips" rappresenta la migliore porta d'ingresso.

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Voto degli utenti: 8,5/10 in media su 10 voti.
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C Commenti

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nebraska82 (ha votato 7 questo disco) alle 14:39 del 12 giugno 2013 ha scritto:

ancora un po' acerbi, per me il capolavoro della prima fase flaming lips è "telepathic surgery" e in generale adesso ascolto con più piacere "the soft bulletin" e "yoshimi".

FrancescoB, autore, (ha votato 8,5 questo disco) alle 14:45 del 12 giugno 2013 ha scritto:

Sì "Telephatic" probabilmente è ancora più bello, ma dal mio punto di vista è una sfida all'ultimo sangue, perché trovo meraviglioso anche "Oh My Gawd". Meraviglioso e già maturo, per quanto possano essere maturi i Lips, una band in costante e irrefrenabile evoluzione anche negli ultimi anni. Oltre che accessibile pur nelle sue asperità chitarristiche e nelle complesse suite. Diciamo che prediligo la fase più rock e visionaria, rispetto al morbido pop stralunato dei lavori successivi (ma non di Soft Bulletin, che si avvicina pericolosamente alle altre due perle).

zagor alle 15:06 del 23 giugno 2013 ha scritto:

bei tempi quando erano davvero schizzati , maximum dream e ceiling is bending le migliori.

FrancescoB, autore, (ha votato 8,5 questo disco) alle 17:26 del 25 giugno 2013 ha scritto:

Per me qui non sbagliano un colpo, siamo ai vertici della psichedelia tout court, in ogni tempo e luogo.

Ivor the engine driver (ha votato 8,5 questo disco) alle 23:36 del 8 luglio 2013 ha scritto:

Forse il loro disco più bello, di sicuro il mio preferito.