V Video

R Recensione

7/10

Spiritualized

Sweet Heart Sweet Light

"In 1987 all i want to do is fly".

Jason J Spacemen Pearce ci presentava così, la bellezza di 25 anni orsono, la sua neo-psichedelia versione british.

Un mantra sonnolento che aveva dimenticato la bellezza radicale ed i colori degli anni '60 per gettarsi di ginocchia nella catalessi più cupa, corredata da pesanti dosi di eroina.

Il decennio nel quale nascondersi era sempre quello del flower-power, trasformatosi tuttavia in una sorta di Eden retroattivo da celebrare nel silenzio della cameretta, mentre il resto del mondo si allontanava progressivamente fino a scomparire del tutto: uno schiaffo enorme rifliato con forza alla Lady di Ferro ed ai video-clip, una piccola rivincita personale (nessun pericolo per il mondo esterno - troppo impegnato ad auto-celebrare parrucchini e fotomodelli prestati alla musica – naturalmente), ostinata al punto tale da lasciar intravedere una strada nuova ed a suo modo coraggiosa, che sfocerà nell'astrattismo puro dei fissascarpe.

Cosa è cambiato nel 2012? Per la verità non moltissimo. J Spacemen, nel frattempo, ha sciolto quella scheggia impazzita e fuori contesto chiamata Spacemen 3 e si è dedicato anima e corpo alla sua nuova creatura, gli Spiritualized.

Oltre 20 anni di carriera, una formazione decisamente ampia che include tastiere, sax, armonica e percussioni varie, 7 album di studio e pochissime delusioni.

Il tutto, nel solco tracciato dagli uomini dello spazio, ora giusto un filo meno prossimo al delirio e più tradizionalmente "rock".

Come avviene nell'ultima creatura, "Sweet Heart Sweet Light"; anche se parlare di tradizione rock, quando si tratta di Jason J, è sempre una forzatura.

Lo spettro dei Velvet Underground (del resto, onnipresenti anche nei lavori degli Spacemen) incombe sempre con tutta la sua forza corrosiva; ma non è solo: la chitarra effettata e fluttuante è tutta shoegaze è un'altra chiave di lettura centrale del disco. E si avvertono anche spunti gospel e soul, una sorta di classic pop irrobustico da dosi massicce di acidi, melodie discretamente efficaci.

Quello che manca, forse, è una qualità costante e pienamente convincente sul piano livello melodico-compositivo, o anche atmosferico (la vera forza degi Spacemen 3 era l'atmosfera). "Get what you deserve" è pop orchestrale trapanato da noise e potenza allo stato puro, che non fa gridare al capolavoro ma ti tiene comunque attaccato allo stereo.

Altri momenti, al contrario, sono meno brillanti, per quanto la classe di J Spacemen si conservi intatta: "Too Late" è un pop-rock troppo prevedibile, che annoia rapidamente con la sua tenue melodia in 3/4, ed anche la scialba "Mary", virata in direzione glam, non convince e si perde troppo presto.

"Headin' for the top", al contrario, ritrova a momenti un piglio Velvetiano più coraggioso ed "acido", pur senza entusiasmare fino in fondo (i tempi di "Lord Can you Hear Me?" non torneranno, mettiamoci il cuore in pace; a proposito, "Playing with fire" è capolavoro senza tempo della psichedelia anni '80, metteteci sopra le mani quanto prima, se già non l'avete fatto).

L'impressione generale rimane discreta, non fraintendetemi. Tuttavia, sembra che questa volta Jason abbia voluto sbatterci in faccia il suo eclettismo (il solenne tema religioso di "Life is a problem", profondamente radicato nella tradizione soul; la lunga "So Long You Pretty Thing", quasi una versione scialba di "Tender"che ammicca al folk-orchestrale in voga negli ultimi anni e che non decolla mai veramente) senza preoccuparsi troppo di regalarci pezzi che sappiano scuoterti (e dire che è il suo territorio di caccia prediletto).

Il risultato, quindi, convince solo a metà, quasi fosse una prova tecnica di trasmissione, un primo tentativo di cimentarsi con una realtà nuova che forse, sotto il profilo compositivo deve ancora dare il meglio.

V Voti

Voto degli utenti: 7,1/10 in media su 4 voti.
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andy capp 6,5/10
ThirdEye 7,5/10

C Commenti

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Ivor the engine driver (ha votato 7 questo disco) alle 15:34 del 22 giugno 2012 ha scritto:

Bel disco, mi sta facendo un pelo ricredere sugli Spiritualized (son sempre stato un fan del lato Spectrum della vita), per molto tempo snobbati in quanto versione edulcorata degli Spacemen 3. Forse perchè preferisco Sound of Confusion sia a Playing With Fire che a Perfect Prescription (ma è una lotta dura, visto che sono ilo mio gruppo preferito 80's), quindi ho sempre additato Pierce per le parti ambient degli Spacemen che non mi esaltavano. Cmq di british gli Spacemen avevano poco, visto il debito verso il rock americano (da 13th Floor, a Stooges passando per i Velvet).

REBBY alle 9:04 del 28 giugno 2012 ha scritto:

Album disomogeneo, a mio giudizio molto meno riuscito del precedente. Hey Jane e I am what I am nettamente i pezzi migliori.