Bill Callahan
Apocalypse
A sud in lontananza le montagne spoglie del Messico. I canyon del fiume. A ovest il terreno color terra cotta lungo la frontiera. Sì, avete letto bene. Il ritorno di Bill Callahan, dopo quella meraviglia di Sometimes I Wish We Were An Eagle tra Van Dyke Parks e un Nick Drake disidratato, è un arido flash mentale che incrocia nel deja-vu le polverose strade del Mito americano. Ma stavolta il titolo, un funesto Apocalypse, mette subito in chiaro che allautore di Austin non interessa lesegesi dei padri pellegrini nel nuovo continente. Tuttaltro.
Il grande paese delle grandi possibilità è una mitologia morente e con le mani sporche di sangue, un involucro vuoto che ha svenduto i suoi sogni in un brusco risveglio avvolto nel torpore dei jingle televisivi. Siamo tutti piccoli e sperduti Llewelyn Moss con i tacchi degli stivali affondati nel pietrisco vulcanico del Rio Grande e il deserto davanti al binocolo, a rimirare un destino di incognite negli infiniti spazi. Apocalypse è il deserto sociale di Cormac McCarthy che dal confine Texas-Messico infetta lanima delluomo a ogni angolo del pianeta. Il tempo delle limpide orchestrazioni e pene damor perduto di All Thoughts Are Prey To Some Beast per larpista Joanna è andato, anche se versi come My babys gone Oh, where has my baby gone? riportano inevitabilmente i segni di quella tormentata storia, ora lapocalisse (esistenziale) a cui allude Callahan sinterroga su un country & western essiccato in un minimalismo verboso, stagionato negli eleganti sfrigolii dei legni elettroacustici e violini (di Matt Kinsey e Gordon Butler) che irradiano la compassata Drover tra Calexico e Buckley padre. Il baritono del cantautore texano, coadiuvato alla produzione dal fido John Congleton, insegue lombra del sommo maestro Cohen a braccetto con il coetaneo Will Oldham in Babys Breath, uno Skip James dimesso e dal passo empirico di esacerbati solstizi psichedelici. E intaglia nella classicità dei posteri limperdibile America! (canzoncina post-folk dellanno, potete segnarvelo sul quaderno degli appunti), sarcastica riflessione politica sulle conseguenze del secolare imperialismo U.S.A. in uno stentoreo ritmo elettrico pre-war e improvvise serpentine acidule: il motorik ossessivo dei Faust in rotta di collisione con Hank Williams.
Captain Kristofferson! Buck Sergeant Newbury! Leatherneck Jones! Sergeant Cash! What an army, what an air force, what a marines America! I never served for my country America! America! Afghanistan! Vietnam! Iran! Native American! America! Well everyone's allowed a past they don't care to mention
In Universal Applicant, aperta dal flauto di Luke Franco, il crooning ieratico di Callahan ha la forza imperturbabile dellacqua piovana nei periodi di siccità, adagiata su un excursus biblico da Vecchio Testamento che evapora in sommesse suggestioni di tenue malinconia cosmica. Idem l'atmosfera placida del wurlitzer e pianoforte di Jonathan Meiburg che accarezza di morbide note le riflessive Riding For The Feeling e One Fine Morning (quasi nove minuti), assolate folk-ballads da crepuscolo in veranda seduti con mezzo bicchiere di scotch nella mano e una copia del dylanesco Desire sul tavolo, mentre il tuo labrador ti guarda orgoglioso e approva. Quando il livello di scrittura è questo degli ultimi anni lex Smog non teme concorrenza nel tratteggiare il poetico declino di un mondo che ha lasciato per sempre gli antichi valori alle spalle, una società di fantasmi e carcasse dove puoi soltanto scegliere in quale ordine abbandonare la tua vita e aspettare larrivo del treno ( And when my cattle turns on me i was knocked back flat I was knocked out cold for one clack of the train track ).
Accadeva nel finale di Pat Garrett & Billy The Kid (ancora Dylan), un fotogramma al rallentatore di foschi paesaggi e uomini annientati dalla Storia nel Sudest degli Stati Uniti, consapevoli che le persone vere sono scomparse (Drover). Le montagne della copertina dipinte da Paul Ryan nel Big Bend National Park sembrano inchinarsi taumaturgiche al sole like a ballet of the heart, noi cinchiniamo umilmente al mandriano errante Bill. Che lo spirito del dio Wakan Tanka ce lo conservi a lungo, perché lapocalisse ha ormai invaso questo paese di vecchi, è dentro le nostre ossa stanche, e abbiamo un disperato bisogno di sperare.
And the punk and the lunk and the drunk and the skunk and the hunk and the monk in me All sunk (Universal Applicant).
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