V Video

R Recensione

8/10

Real Estate

Days

Dall’home recording jersiano (via Woodsist: “Real Estate”, 2009), dritti nelle braccia confortevoli della Domino Records. E lontani dalle basse risoluzioni, anche; ché, a questo giro, uno studio di registrazione, ad hoc, c’è stato – “New Paltz”, New York; così come un contratto, su carta intestata, ed un produttore (Kevin McMahon) su misura per  loro - Walkmen, Titus Andronicus.  Non a caso, i Real Estate, che di spontaneità in oscillazione  tra (weird-)folk e pop sixties ne sanno giusto qualcosa, giungono al secondo appuntamento su lunga distanza, consapevoli, da principio, che - al netto degli isomorfismi (ormai) classici della loro proposta - il salto qualitativo possa arrivare solo sgrezzando il materiale in possesso. Vediamo com’è andata.

Perso Etienne Purgay – sostituito alle pelli da Jackson Pollis (Tiny Masters of Today) –, con “Days”, i nostri non mutano del tutto la struttura delle loro composizioni: che è basata anche qui su riff ciclici (R.E.M., Go-Betweens) e incastri melodici di deriva psych/surf; da melodie dal tiro jangle, incarnate in una sapientemente attitudine folk e pop (The Byrds, Xtc; ma anche Shins, Charlatans, Woods, tra gli altri). Piuttosto, a differenziarsi, è la cura sugli arrangiamenti, nonché la perizia sul sound: nel senso di  limatura di asperità lo-fi troppo evidenti; calibratura byrdsiana, per cifra estetica; contegno ‘empirico’, dato il perfezionismo scevro di sbavature.  E la faccenda si fa, qui, ben più poppy, rispetto al debutto– i Beach Fossils prendano nota.

Matthews Mondanile, pioniere del pop- ipnagogico/riverberato (l’ottimo “III: Arcade Dynamics” di quest’anno), non rinuncia però alla sua indole psych, fatto di coordinate spazio/temporali tutte sue, e spiana sovente il percorso dei brani, attraverso ispirazioni lisergiche condensate in melodie umide, e circolari  - il concetto di insight, qui, trova piena applicazione. Queste, armonizzate alla perfezione con gli apporti chitarristici di Martin Courtney, creano incastri e sovrapposizioni verticali di assoluto spessore, che ben si abbinano al cantato soffice e precario - e quindi di una bellezza sfuggevole - di quest’ultimo. A congiungere il tutto, entro i brani, il basso  di Alex Bleeker (Alex Bleeker & The Freaks), idealmente preso a prestito dai Fleetwood Mac ("Rumours", magari): come in “Green Aisles”, in cui la linea a circuito chiuso, gentile e cadenzata, supporta a dovere umori dreamy che trasudano malinconia da tutti pori – l’assolo psych è da catarsi istantanea. E quelle volte in cui i Real Estate concedono escursioni fuori dal raggio della struttura, Mondanile ‘esaspera’ la sua bravura sghemba (“Younger than Yesterday”; “Wonder Years”) scevra di virtuosismo; ma fa lo stesso la sua figura, anche quando rimane ingabbiato nei legami delle composizioni (“All the Same”). Si gioca, tenuamente – ma, lo stesso, con gran piacere - , attraverso le armonie vocali e con i cori - a riprova di una possibile infatuazione beachboysiana: come in “Wonder Years”, e tra gli accordi e le pennate stuzzicanti e insieme apatiche di “Municipality”. Non c’è complessità troppo evidente, ma l’alchimia trovata ha dello straordinario, in certi episodi (esempio più eclatante, la scrittura folk-pop ‘classica’ di “Out of Tune”). Le tastiere - da segnalare anche l’ingresso di Jonah Maurer -, latenti e di rado messe a fuoco, spiccano, ora, quando riprendono la melodia, rendendo la patina delle composizioni trasognata (ancora  “Younger than Yesterday”), ora nel creare sottili distorsioni  (quasi vintage, sul ritmato di "It’s Real”).

Certe liriche, infine, semplici e ben calibrate, sono come istantanee di momenti/posti/pensieri ben precisi, sottratti qua e là al tempo (“Green Aisles”; “Three Blocks”; “Out of Tune”).

Tornando alla considerazione iniziale, possiamo concludere che sì, il salto qualitativo dei Real Estate, con “Days”, c’è stato, èd è evidente; tanto da renderli tra le proposte più interessanti di questo inizio decade. Solo il tempo dirà se sarà anche degno di esser tramandato ai posteri (addirittura!); o, più semplicemente, se quest'album sposterà, nel breve termine, le coordinate delle produzioni psych/folk-pop di matrice indie (d’oltreoceano, soprattutto).

Nell'immediato, per chi si limita ad ascoltare, sarà sufficiente godere di questo lavoro.

V Voti

Voto degli utenti: 6,9/10 in media su 17 voti.
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Teo 8/10
Cas 8/10
ciccio 8/10
rael 7/10
target 7/10
creep 8/10
mavsi 9/10
REBBY 5,5/10
loson 8,5/10
4AS 6,5/10
mavri 7,5/10
motek 5/10
zagor 6,5/10

C Commenti

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Cas (ha votato 8 questo disco) alle 10:32 del 30 novembre 2011 ha scritto:

Tanto di cappello a Mauro per aver reso giustizia al disco con l'ottima recensione! Condivido l'entusiasmo: scrittura meno sghemba e più lineare del precedente album. Un lavoro cristallino, che incanta per i fraseggi tra le chitarre, le melodie "surfedeliche", le atmosfere sognanti. Ripasserò per i coretti e il voto...

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 10:34 del 30 novembre 2011 ha scritto:

RE: Ripasserò per i coretti?

No no, mi son sbagliato... Ripasserò solo per il voto, tranquilli ghghgh

target (ha votato 7 questo disco) alle 22:28 del 30 novembre 2011 ha scritto:

Uno dei miei dischi dell'autunno. Ottima analisi, Mauro. La verità è che, nella loro semplicità, molti di questi pezzi appartengono a quella seletta categoria di canzoni che non ti escono dalla testa eppure non smettono di farsi riascoltare. La cosa migliore di Mondanile, in parte tangenziale al suo ultimo lavoro come Ducktails (ma più completa e pop, e senza che certi ipnotismi e certe circolarità di chitarra vengano a noia per nemmeno un secondo): alla fine il ragazzo si fa preferire fuori dalle sbrodolature scrause 'hypna' (che pure il loro fascino marcio ce l'hanno eccome). Ma il sole pallido di questo pop quant'è più piacevole da sentirsi addosso. "Wonder years" nove, il disco può diventare anche 8.

hiperwlt, autore, alle 1:11 del 2 dicembre 2011 ha scritto:

ero già a conoscenza del vostro apprezzamento per il disco: grazie Matteo e grazie Francesco, gentili e puntualissimi nei commenti! - per altro, Fra: "wonder years" è l'unica canzone cantata dall'"andronicus" alex bleeker! una vera chicca, ivi. di solito lo fa nei "alex bleeker & the freaks", con mondanile alle pelli (sul web si trova qualcosa) ehehe

hiperwlt, autore, alle 1:24 del 2 dicembre 2011 ha scritto:

ps: qui il video ufficiale di "it's real", non inserito sopra la recensione . pps: uhm, fra, perdona il refuso iniziale su alex bleeker - deve essere l'ora, probably !!!

salvatore (ha votato 7 questo disco) alle 14:34 del 3 dicembre 2011 ha scritto:

Tante attese per questo cd che finalmente sto ascoltando questi giorni. Mi piace, ovvio, ma non riesco a condividere pienamente il vostro entusiasmo.

Mi piacciono molto l'intimismo di three blocks (forse la mia preferita), lo shins-sound rallentato di out of tune e l'introspezione di green aisles, meno le melodie un po' prevedibili di it's real e easy, l'atmosfera un po' troppo american country di wonder years, la prolissità di all the same.

Più pacevoli i momenti rallentati rispetto a quelli "surf"...

Voto : 7

Puntualissima la recensione con centratissimi riferimenti musiali

hiperwlt, autore, alle 16:08 del 3 dicembre 2011 ha scritto:

non so perché - ma sì che lo so, Sal...ormai! -, ma c'avrei scommesso su "three blocks"!

bill_carson alle 20:35 del 5 dicembre 2011 ha scritto:

non facciamone un capolavoro

band interessante. disco buono, non buonissimo.

sulla voce: non apprezzo le voci che svettano sulla musica e talora amo le voci modeste, defilate, però ste voci "lontane" cominciano a darmi sui nervi. a cosa serve? a dare un tocco psichedelico in più? mah

REBBY (ha votato 5,5 questo disco) alle 9:05 del 20 dicembre 2011 ha scritto:

Convengo con Mauro sul fatto che sia meglio rifinito, arrangiato e prodotto rispetto al precedente, ma che la struttura delle canzoni e la voce, "soffice e precaria", non siano tanto mutate. Io però lascerei perdere i riferimenti troppo impegnativi con Byrds e (soprattutto) XTC. Semmai, se indovinano la loro Horse with no name, possono diventare degli America ipnagocici eheh. Wonder years la mia preferita.

rael (ha votato 7 questo disco) alle 10:03 del 20 dicembre 2011 ha scritto:

America ipnagocici ihih addirittura! il disco è carino, ma finirà presto di entusiasmarmi!

REBBY (ha votato 5,5 questo disco) alle 11:54 del 20 dicembre 2011 ha scritto:

ghgh

hiperwlt, autore, alle 0:55 del 21 dicembre 2011 ha scritto:

il riferimento ai byrds è talmente poco influente, che, guarda un po', i real estate hanno intitolato un pezzo "younger than yestarday" - il migliore del disco, a mio avviso! Rebby: il mio tono è ironico sono d'accordo con te, i riferimenti sono molto lati: il mio intento era, comunque, quello di delineare un po' le coordinate stilistiche del gruppo, ed ivi proporre un po' di band miliari dalle quali i real estate hanno attinto, anche indirettamente. nessuna pretesa di trovare una corrispondenza diretta, quindi. grazie del tuo commento, sempre puntuale

REBBY (ha votato 5,5 questo disco) alle 8:45 del 21 dicembre 2011 ha scritto:

si Più giovane di ieri come me eheh

L'avevo notato Tra l'altro Younger than yesterday è il mio preferito, con Fifth dimension, dei Byrds. Buon natale e buone feste a te Mauro e a tutti i recensori e utenti di SdM (grazie di esistere), vi "rivedrò" tutti con il solito immenso piacere l'anno prossimo eheh

hiperwlt, autore, alle 9:23 del 21 dicembre 2011 ha scritto:

Rebby è ben più miliare di xtc, byrds, r.e.m ecc.

ciao Reb, buon viaggio (porta qualche cadeaux... che sia legale ehehe) e buone feste!

loson (ha votato 8,5 questo disco) alle 11:13 del 2 agosto 2012 ha scritto:

Tra le meraviglie del 2011. Trame chitarristiche complesse, eccezionalmente nitide, si propagano in un gioco di specchi che sconfina nell'angelico puro. I musicisti sembrano suonare in uno stato di abbandono lucido, matematico (ecco l'influenza dei Feelies, che nella conclusiva "All The Same" si fa palese), "circolare", come scrive benissimo Mauro. Impossibile indicare un brano migliore (anche se "Out Of Tune" si avvicina di molto alla perfezione assoluta), per cui mi limito a due considerazioni: nella strumentale "Kinder Blumen" sembra di ascoltare i Felt con Maurice Deebank in formazione (cioè gli unici Felt possibili) che vengono trasigurati dalla tradizione jangle pop americana; il 3/4 sonnacchioso di "Three Blocks" è da mandare in loop per 24 ore di fila. Perfettamente d'accordo con te, Targ: Mondanile qui si mette il bavaglino e... patapim patapam, da il meglio di sé. Potrebbe tranquillamente congelare il progetto Ducktails e dedicarsi interamente ai Real Estate, per quanto mi riguarda.

4AS (ha votato 6,5 questo disco) alle 16:49 del 22 ottobre 2012 ha scritto:

Carino, con alcuni momenti toccanti come la grandiosa Green Aisles. Però poca varietà nel suono, quelle chitarre "cinguettanti" per tutta la durata del disco finiscono per stancare.

zagor (ha votato 6,5 questo disco) alle 11:26 del 28 gennaio 2017 ha scritto:

la byrdsiana ( ovvio!) "younger than yesterday" è un gioiello, il resto mi sembra fili via liscio senza lasciare troppe traccio, sul solco di un classico indie-jangle-pop un po' riverniciato di modernità.

zagor (ha votato 6,5 questo disco) alle 11:26 del 28 gennaio 2017 ha scritto:

tracce ovviamente LOL