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R Recensione

5,5/10

Birth of Joy

Prisoner

Leggo toni trionfalistici che parlano di reincarnazioni di MC5, Doors, Pink Floyd, catalogazioni che vanno dalla psichedelia al grunge allo stoner, e penso che un ascolto, per quanto in verità un pochino prevenuto, devo concederlo. L’essere prevenuto è quasi naturale in questi casi, data la mole sovraumana di produzioni praticamente quotidiane di questi appassionati revivalisti, alle quali dovresti regalare (tutte) le giornate per starci dietro.

Loro sono un terzetto olandese di Utrecht, da un po’ di anni dedito a macinare live in vari contesti e festival, soprattutto in madre patria, e che da poco prova a farsi conoscere all’estero. Bravi sono bravi, e sono registrati pure molto bene (il suono riempie ottimamente l’ambiente) ma manca il tocco di classe, l’estro e la genialità che possano farti apprezzare questa musica fuori dal tempo massimo perché c’è un motivo nuovo per farlo. Volendo poi essere precisi, rispetto ai nomi prospettati all’inizio (da loro) il perimetro lo delimitano molto meglio gente tipo i Wolfmother o gli Arctic Monkeys.  Per esperimenti degli ultimi anni decisamente meglio riusciti vedere alla voce Ty Segall (e varie sue produzioni parallele, soprattutto i Fuzz), per il lato più noisy e  lo-fiThe Black Angels (o Toy, perché no) per quello più misterioso e psichedelico.

Per il resto, troppo puliti, troppo scolastici, spesso ridondanti, sicuramente molto meglio da vedere e sentire distrattamente dal vivo che scolpiti su un disco. Salvo, un pò, solo Three day road. Senza rancore, alla prossima, con fiducia, perché siete bravi ma vi preferirei se foste un pò più sporchi e maledetti. 

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