Tame Impala
Lonerism
Dopo la rivelazione di Innerspeaker, che nel 2010 fece fare ai Tame Impala un balzo in avanti non da poco, ecco che a due anni di distanza, dopo un'attesa a tratti spasmodica anticipata dal singolone Elephant, Kevin Parker e soci provano a fare l'ennesimo colpaccio con il sophomore Lonerism. Siamo sempre in casa Modular, siamo sempre sulle frequenze sessantiane à la Cream, come siamo sempre dalle parti di un guitar-pop psichedelico, espanso e fuzzoso. Non cambia molto, in termini di sound, rispetto al precedente lavoro: prodotto da un grande dell'ambiente, quel David Fridmann legato ai nomi di Flaming Lips e Mercury Rev, Lonerism non metterà alla prova gli affezionati con novità e stravolgimenti vari.
Nonostante i riferimenti siano i soliti (dei Beatles in fase acida -sentite a proposito Mind Mischief- che duellano con i Cream), l'attualità della proposta è garantita dalla freschezza pop con cui i Tame Impala affrontano la loro inesauribile verve psichedelica. Dal primo pezzo all'ultimo si entra in un tripudio divertentissimo che mette d'accordo tanto la generazione Animal Collective (quella dei coretti, dei colori, dell'indie) quanto quella legata a Woodstock e alla sua eredità. Insomma, la parola chiave è contemporaneità. Saranno gli inserti di synth di Music to Walk Home By, gli effetti spaziali di Endors Toi, o più in generale la cura prestata alla creazione di stratificazioni, eco e vortici che formano un wall of sound ad alta definizione, ma quella che si respira è aria di 2012, senza se e senza ma. La glassa luccicante che cola sui bordi non oscura certo la capacità di scrittura della band australiana: pezzi come Apocalypse Dreams, o meglio ancora Feels Like We Only Go Backwards (uno dei pezzi forti dell'album), con quel loro disinvolto bazzicare i dintorni di uno psych-pop che deve tanto ai grandi del passato quanto ai contemporanei (gente come gli of Montreal vi dice nulla?) rendono anche questo Lonerism una perla da non sottovalutare. Impossibile infine non citare la massiccia e roboante Elephant, con quel suo riff killer saturo e sfrigolante, i suoi stop and go, la sua fuga acidissima a base di synth e chitarra spaziale...
Un lavoro che mette ottimismo e che lascia ben sperare sul futuro di una band che pare in ottima forma e in piena fase creativa. I Tame Impala non sono per niente fermi, si potrebbe dire piuttosto che stanno cercando di esaurire il potenziale liberato con lo scorso Innerspeaker, riuscendo in alcuni casi ad andare oltre (una nota di merito ad una sessione ritmica spettacolare) in altri a mantenersi di poco sotto la precedente proposta. Non so voi, ma io tifo Tame Impala.
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