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R Recensione

8/10

Arctic Monkeys

Suck It And See

"She looks as if she's blowing a kiss at me

and suddenly the sky is a scissor

sitting on the floor with a tambourine

crushing up a bundle of love"

Eroi del rock, ultimi e insperati salvatori del beat UK, poeti sbarbati che guardano al mondo con affascinata lucidità, profetici giudicanti dei tempi moderni.

Gli Arctic Monkeys sono tutto ciò e anche l’esatto opposto : di certo non si può negar loro il merito di aver rimpinguato le aride fontane emozionali del rock targato anni zero con delle fluorescenti ondate di poetica underground (leggi tra le righe : alto coefficiente di disincanto, sentimento condiviso da molti più ragazzi di quanto si possa credere).

Un capolavoro imprescindibile, un seguito senza eccessivi cali di tensione, un terzo album dall’andamento incerto. Questo, in soldoni, il resoconto qualitativo del percorso artistico degli arctic monkeys, nativi di Sheffield,  lungo otto anni di carriera.

Un percorso senz’altro non scontato ne tantomeno privo di curve a gomito, visto che le aspettative ad ogni nuovo LP crescono in maniera esponenziale di pari passo alla popolarità delle loro hit più diffuse e che altrettanto velocemente e numericamente si moltiplicano le penne dei critici pronte a far esplodere al primo errore raffiche di inchiostro corrosivo in faccia al disorientato volto di Alex Turner.

Così “Suck It and See” si appresta ad essere un pò quel disco destinato a cambiare le sorti del gruppo, perché esaurite le fasi interlocutorie, chiusi i licei e assorbite le sbornie post feste milionarie, è probabilmente giunto il momento di scegliere su quale piatto della bilancia far pesare il carico più grave : eterna adolescenza o evoluzione ? Pur con la consapevolezza che alla loro età è possibile correggere il tiro senza troppi effetti collaterali nel giro di un paio d’anni, magari sfruttando a dovere delle outtakes mal digerite dal fortunato produttore di turno (vedi gli strokes, che ancora in fase promozionale del disco attuale stanno già promuovendo quello successivo).

Cosa resterà di questi arctic monkeys ? Di sicuro resterà molto di più di quanto resta attualmente delle band a loro coetanee, disperse in live noiosamente ripetitivi giocati sulla suspense in attesa degli encore e in dischi buoni soltanto a riempire le tracklist di futuri (ma non remoti) “Best Of”.

Spesso l’errore di qualche frangia superficiale della critica musicale figlia dell’usa e getta internettiano, è quella di considerare il disco migliore di una qualsiasi band come termine di paragone al di la di qualsiasi “se” e qualsiasi “ma”.

Errore fatale, a mio parere. Errore, che difficilmente riuscirà a valorizzare un qualsivoglia sforzo compositivo.

Perché, se nel 2011 qualcuno ancora è lì fuori ad aspettarsi che Alex Turner torni sbarbato ed adolescente o meglio che lo resti per sempre, senza soluzione di continuità impegnato a produrre in serie hit alcoliche e deviate come un Fonzie che sui nostri schermi non invecchierà mai, beh, allora vuol dire che non siamo interessati alla musica, ma ai suoi derivati.

Cioè consideriamo talmente profonde e imprescindibili talune emozioni sprigionate da precise modalità di scrittura delle canzoni da porci con veemente e asociale sgarbo nei confronti di qualsiasi tentativo di successione.

Non ci sarà mai più un nuovo “Whatever people says that…” non perché l’autore è incapace di scrivere un’altra dozzina di canzoni così valide, ma perché un artista come qualsiasi altro essere umano matura nuove esperienze, convinzioni, batoste e fantasmi  nel contempo di una significativa variazione delle proprie esigenze di vita, che lo spingono per natura a trascrivere la proprio vita dentro un nuovo lessico artistico.

Se un autore da essere poco più che vergine, diventa un amante che colleziona 20 donne diverse a settimane, come possiamo aspettarci da lui un sincero e toccante lamento per chitarra e voce che narra dell’insofferenza tipica di chi si sente emarginato?

Questo potrebbe farlo un barbuto folkie (cit) che anche a fronte di un conto in banca a sei zeri non rinuncerebbe mai a vivere nella sua  baracca in legno ai piedi di un ruscello, proponendo ai fans adoranti la solita solfa agreste.

Danno tutti addosso alla band perché si sta lasciando affascinare da scintillanti strascichi di rock classico, ma è un fattore relativo, un puro divertissement che è fortemente ravvisabile in due sole tracce, peraltro riuscitissime, anche se rigorosamente ancorate a dei cliché citazionisti (Brick by brick e Don’t sit down ‘cos i moved your chair), che si insiste a considerare come blandi e prive di idee, mentre al contrario chi scrive li considera delle ottime applicazioni da parte di studenti innamorati della propria materia.

E bastano due pezzi un po’ su di giri a far urlare allo scandalo ? Ad accusare di corruzione Josh Homme ?

E allora mi spiegate perché a distanza di 14 anni, il disco più scandaloso degli U2, ovvero il “Pop” prodotto do Howie B è ancora quanto di meglio fatto dalla band nel post “Achtung baby”, cioè negli ultimi 20 anni ?

La verità è che oggi non sappiamo aspettare, non sappiamo concedere un repeat in più nemmeno alla nostra band preferita, perché se lo facessimo – in questo caso specifico – ci saremmo resi conto che le ultime cinque canzoni di questo disco sono autentici gioielli,  quanto di meglio offerto dai tempi dell’esordio. E la canzone citata all'inizio vale un intero disco.

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Voto degli utenti: 6,2/10 in media su 29 voti.

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crisas (ha votato 5 questo disco) alle 0:45 del 20 giugno 2011 ha scritto:

Crisas

Musicalmente Pop è l'album più bello degli U2, d'accordio. Ma non paragoniamolo all'ultima fatica degli Artick perchè l'ultima fatica pecca troppo di fantasia!

Già parte malissimo con le prime due canzoni: noia pura! Per fortuna arriva Brick By Brick a dare un minimo di vitalità : è solo un momentaneo fuoco. La successive due canzoni godono di discreto inizio ma vengono subito rovinate dale scialbe melodie;quella The Hellcat Spangled Shalalala è forse tra le peggiori create dal gruppo. Library Pictures ha solo il merito di svegliarmi. SEGUE ....

crisas (ha votato 5 questo disco) alle 1:19 del 20 giugno 2011 ha scritto:

crisas

Le successive due canzoni sono senza infamia e senza lode, comunque hanno il tipico sound del gruppo. BIsogna arrivare a Piledriver Waltz(nona canzone) per un livello che si distingue dal resto. Poi arrivano 'Love Is A Laserquest' e Suck It And See: sembrano due b-side del recente album di Alex Turner 'Submarine'. E per finire That´s Where You´re Wrong altra tipica canzone Artick che non aggiunge niente di nuovo.Insomma più

che gioielli mi è sembrato di ascoltare bigiotteria. Ma è lo stesso Alex che ha scritto la recente Glass In The Park ?

bill_carson (ha votato 5 questo disco) alle 9:09 del 20 giugno 2011 ha scritto:

no no no. dischetto

la maggior parte dei brani sono insipidi. 2-3 tracce intrigante non riscattano la mediocrità dell'insieme

TheNew (ha votato 6 questo disco) alle 13:01 del 20 giugno 2011 ha scritto:

Non male

Non è per forza un brutto album, dopo 5-6 ascolti lo si comprende meglio, l'8 lo trovo parecchio esagerato però.

Sarebbe un 7 ma mi aspettavo di più.

bargeld alle 18:27 del 20 giugno 2011 ha scritto:

Decisamente d'accordo su Pop, meno su Humbug, che considero senza mezzi termini il lavoro migliore di Turner e soci. Questo l'ho ascoltato in maniera molto frammentaria, tornerò a votare più in là. Solo una piccola osservazione, Mino, e bada che non è affatto una polemica: leggendo il tuo (ottimo) scritto, colgo diverse riflessioni interessanti, e la maggior parte le condivido, ma mi pare che passeggi costantemente a lato del disco senza affrontarlo mai (se non in un paio di righe). Io stento a comprendere cosa devo aspettarmi dall'ascolto di Suck It And See, pur avendo capito benissimo cosa invece NON devo aspettarmi. Non so se mi sono spiegato.

MinoS., autore, alle 18:57 del 20 giugno 2011 ha scritto:

RE:

@Bargeld

Non hai torto, anzi. Era proprio quello che intendevo fare, perchè arrivati a questo punto della loro carriera gli AM hanno in ballo tante cose che travalicano il semplice aspetto musicale. Non mi piacciono tanto le recensioni compilative, il giusto indirizzo sul sound l'ho dato e poi non è un disco d'esordio e se non l'ho specificato vuol dire che grosso modo la direzione è simile al passato.

rdegioann452 (ha votato 6 questo disco) alle 19:33 del 20 giugno 2011 ha scritto:

manica laaaaaarga

per carità è piacevole, si lascia ascoltare, persino troppo. ed è questa la pecca principale dell'album. almeno hanno avuto il coraggio di discostarsi dalla ricetta dei precedenti album, perché dopo un (presunto) capolavoro fare copia e incolla è molto pericoloso artisticamente, anche se redditizio economicamente. sono ottimista per il futuro. QUESTO è SOLO UN CD DI TRANSIZIONE.

rael alle 10:42 del 21 giugno 2011 ha scritto:

non mi piacciono! gli preferisco strokes o franz ferdinand_

REBBY (ha votato 6,5 questo disco) alle 18:11 del 7 luglio 2011 ha scritto:

Concordo con Mino sul fatto che il meglio dell'album sia nelle ultime 5 canzoni. Non è uno scandalo eh, però io dico peccato per quei tre brani (tracce 3,5 e 6) che proprio non mi piacciono. La maturazione continua...

hiperwlt (ha votato 6 questo disco) alle 22:20 del 17 ottobre 2011 ha scritto:

la maturazione continua

uhm, non secondo me - e, con ciò, rivedo molto del mio giudizio espresso sul forum mesi fa. deciso passo indietro rispetto ad "humbug" (gioiellino): album sì pop(py), ma con un'urgenza rock (attitudine stoner, e naturalmente psych) da equilibri spostati più verso sonorità u.s.a - un male? non necessariamente, ma preferivo quando le carte in gioco si mostravano più ibride). in sintesi (estrema): due pezzi davvero buoni ("piledriver waltz"; "all my own stunts"), altri discreti ("she's thunderstorms"; "reckless serenade"; "that's where you're wrong") ed un mare di ordinaria amministrazione. non un brutto disco, benché mi aspettassi di più. peccato: 6.

REBBY (ha votato 6,5 questo disco) alle 9:58 del 18 ottobre 2011 ha scritto:

la maturazione continua

Eh si più che discordare su questo album (3 su 5 delle tue preferite sono le mie e le altre 2 sono le restanti che gradisco) discordiamo sul precente o perlomeno sul confronto tra i due.

Utente non più registrato alle 13:54 del 31 gennaio 2013 ha scritto:

Preferisco (si fa per dire...) i primi due, (meglio ancora i Last Shadow Puppets) ma, ancor di più preferisco i primi due dei Franz Ferdinand.

Lepo (ha votato 7,5 questo disco) alle 16:08 del 4 dicembre 2013 ha scritto:

Sulla scia di "AM" (per me uno dei migliori album pop di quest'anno) mi sto riascoltando a ripetizione tutta la discografia degli sheffieldiani. Per quanto anche i primi due dischi siano apprezzabili, da "Humbug" in poi c'è stata un'evoluzione notevole e, a tratti, sorprendente. Questa è un'opera sicuramente affascinante, per quanto interlocutoria, sospesa tra capolavori di struggente malinconia (penso agli ultimi quattro pezzi) e scivolate abbastanza grossolane (ad esempio "Brick by brick", veramente scialba). Croce e delizia l'indecisione stilistica: nel suo destreggiarsi tra indie, stoner, ballate anni '50, new wave..., ogni tanto questo "Suck it and see" vaga un pò senza meta, specie nella prima sezione. Nel complesso, preferisco concentrarmi sui pezzi da Novanta, davvero notevoli (oltre alle già citate quattro perle finali, adoro l'incipit "She's thunderstorms", così beatlesiana e "Don't sit down...", magnifico blues-stoner).

alekk (ha votato 6 questo disco) alle 13:29 del 5 dicembre 2013 ha scritto:

cosi cosi.. senza infamia ne lode...hanno fatto di meglio