Bob Dylan
Bringing It All Back Home
Alcuni eventi hanno inevitabilmente cambiato la storia dellumanità. Qualche esempio? Il Big Bang, la comparsa dellhomo erectus, la scoperta del fuoco, Gesù Cristo che prende laperitivo con Giuda, il Rinascimento, la peste, Kierkegaard, il periodo blu di Picasso, la Lehman Brothers, Gloria Guida, Falcão a Fiumicino il 10 agosto 80, il calendario Pirelli (ovvio) Insomma, la lista è piuttosto lunga. Altri in modo più prosaico ebbero leffetto di una bomba H su un campo di riso del sud-est asiatico, sconvolsero gli equilibri nella cultura popolare del ventesimo secolo e mutarono il percorso del neonato rocknroll: Maybellene di Chuck Berry, Elvis The Pelvis che smuove il bacino (censurato) ed entra nelle televisioni dellAmerica bigotta e nei sogni proibiti delle teenagers in crisi ormonale, il crash aereo del 3 febbraio 1959 in cui morirono a Clear Lake (Iowa) Buddy Holly e Ritchie Valens. Amen.
Un veloce fast-forward in avanti e le ragazzine sovraeccitate dalla malizia sessuale del re di Graceland continueranno a urlare imperterrite, strappandosi i lunghi e candidi capelli, con lavvento allEd Sullivan Show di quattro teddy-boys provenienti dalla periferia operaia di Liverpool, Inghilterra del Nord Ovest. Bob Dylan in tutto questo centra, eccome. Aveva già i connotati messianici del giovane folksinger di protesta erede del padre-putativo Woody Guthrie, conosciuto in un ricovero ospedaliero, era il venerato eroe del Greenwich Village puro e immacolato, il capostipite del cantautore generazionale senza macchia padrone del suo destino, allevato da una Mermaids Avenue e la Beat Generation. Tra gli scarni accordi acustici dello smilzo ragazzo nel freddo newyorkese di The Freewheelin emergeva chiaramente una nuova coscienza politica e sociale, in surreali liriche che univano il graffio letterario della controcultura di Ginsberg e Lawrence Ferlinghetti alla Nouvelle Vague francese. Il seme della discordia sarebbe stato lincontro del bardo con i Beatles, il 28 agosto 1964 a New York. Dylan aveva trascorso con Joan Baez lintera estate a casa del manager Albert Grossman, mesi di fervido lavoro creativo in cui scrisse Its Allright Ma e perfezionò alcune tracce escluse da Another Side Of Bob Dylan, cosucce chiamate Mr.Tambourine Man e Gates Of Eden. Lo scambio di fluidi artistici fra il menestrello di Duluth e gli scarafaggi inglesi ha assunto nel tempo i contorni sfumati della leggenda, ma è innegabile che avrebbe deviato direzione alle rispettive carriere.
E fu lepocale svolta elettrica. John, Paul, George e Ringo avviarono la fase adulta e introspettiva della loro musica, lautore di Masters Of War prese semplicemente un amplificatore, si circondò in studio di esperti musicisti ed elettrificò quelle parole che sgorgavano libere da una voce spigolosa, salata e antichissima. Uccise se stesso in quello che sarà il costante leit-motiv dellenigma dylaniano, spiazzare le attese e la platea conformista. Come unestenuante partita a poker con un baro infallibile e illusionista, il Jokerman si apprestava a indossare una delle tante maschere del repertorio di Sua Bobbità e il rock ad entrare nelletà adulta. Per il giovanevecchio songwriter era giunto il momento di riportare tutto a casa e vestire i suoi testi ermetici e colti con il vigore blues delle chitarre elettriche, un connubio rivoluzionario negli anni delle Ronettes e di Paul Anka. Le sessions di Bringing It All Back Home furono dannatamente brevi e intense: prodotto dal grande Tom Wilson (Sun Ra, Cecil Taylor, Simon & Garfunkel nel carniere) e registrato ai Columbia Recording Studios di New York con pause tra la notte del 13 e il 15 gennaio 1965, in origine doveva suonare completamente elettrico, poi Dylan decise per un lato A acustico e un lato B più contemporaneo e rock (ma nelle ristampe la divisione non risulterà così netta). Molti i musicisti coinvolti in quei frenetici giorni dinizio anno, in primis il signor Robert Allen Zimmerman e i suoi occhiali neri, alla chitarra, armonica e tastiere, il chitarrista John P. Hammond (figlio del noto producer John Henry), John Sebastian al basso e Bobby Gregg alla batteria, a cui si alterneranno Kenny Rankin, Al Gorgoni, Bruce Langhorne (chitarre), i bassisti John Boone, Joseph Macho Jr. e Bill Lee, Frank Owens e Paul Griffin al pianotastiere. Proprio durante quelle settimane Dylan rimase impressionato da un promettente complesso di estrazione roots, gli Hawk di Robbie Robertson, Levon Helm e lorganista Garth Hudson, ovvero lembrione della futura Band che supporterà le prossime gesta del Capitan Kidd.
Subterranean Homesick Blues è liniziale shock destinato a far incazzare come iene i vecchi adepti del cantastorie di A Hard Rains Gonna Fall, brano enorme che contribuirà molto a innescare la mitologia dylaniana dai tumultuosi anni Sessanta. Due minuti appena di folk-rock dassalto nella forma e incalzante punk ante litteram nello spirito, splendido e pionieristico anche il filmato in bn girato da D. A. Pennebaker (che filmerà il fenomeno Dylan in Dont Look Back, stralunata cronaca della tournée inglese di Bringing It All Back Home), quello celebre in cui Bob muove cartelli con parole dal testo mentre sullo sfondo sintravede un Allen Ginsberg chiacchierone. Segue She Belongs To Me, evocativa folk-ballad immersa in unatmosfera tenue di lenti arpeggi acustici. La misteriosa protagonista è una lei sfuggente, indecifrabile, che potrebbe non appartenere a questo mondo, una musa nei pensieri del poeta-musicista.
Lei possiede tutto quello di cui ha bisogno. E' un'artista, non guarda indietro. Lei possiede tutto quello di cui ha bisogno. È un'artista, non guarda indietro. Può prendere il buio dalla notte e dipingere il giorno di nero. Tu proverai a stare in piedi, fiero di rubarle tutto ciò che vede. Tu proverai a stare in piedi, fiero di rubarle tutto ciò che vede. Ma finirai a spiare dal buco della serratura, stando in ginocchio
I aint gonna work on Maggies farm no more ulula Dylan nel grintoso rock-blues di Maggies Farm, e mentre le chitarre elettriche impostano un ritmo barcollante la tentazione rimane quella di evadere dal sistema-prigione. E raggiungere una libertà puramente ideale, la libertà che la ragazza di Love Minus ZeroNo Limit troverà finalmente nella comprensione dei propri errori e nellaccettazione della sconfitta, senza più recriminare al passato. Mr. Tambourine Man è lennesimo instant-classic (cover-guida di lì a poco dellomonimo esordio Byrds), con quel timbro immortale dinaudita verità che sconfina nel mito e il dolce ricamo acustico e circolare.
Hey! Mr. Tambourine Man, play a song for me, i'm not sleepy and there is no place i'm going to. Hey! Mr. Tambourine Man, play a song for me, in the jingle jangle morning i'll come followin' you Then take me disappearin' through the smoke rings of my mind. Down the foggy ruins of time, far past the frozen leaves. The haunted, frightened trees, out to the windy beach, far from the twisted reach of crazy sorrow
Lattacco di risate e cazzeggio in Bob Dylans 115th Dream è lulteriore sfregio al monumento Dylan e alle convenzioni radicali di un certo pubblico, un allucinato racconto di sei minuti e mezzo paranoico e visionario, con versi di profondità melvilleiana. Lincedere ieratico dellapocalittica Gates Of Eden conferma nel testo, apparentemente manicheo, il malcelato pessimismo del cantautore nel negare unutopica felicità terrena. Se questa esiste, è soltanto oltre la vita e i cancelli di un Eden ignoto.
Il sole straniero ammicca ad un letto che non è mai il mio, mentre amici ed altri stranieri cercano di abbandonare la loro sorte. Lasciando gli uomini totalmente liberi di fare quello che vogliono tranne morire. E non ci sono processi all'interno dei Cancelli dell'Eden. All'alba il mio amore viene da me e mi racconta dei suoi sogni. Senza neanche cercare di buttare uno sguardo nell' abisso di quello che ognuno può significare. A volte penso che non ci siano parole se non queste per esprimere la verità. E non ci sono verità fuori dai Cancelli dell'Eden
Its Allright Ma (Im Only Bleeding) e Its All Over Now, Baby Blue chiudono Bringing It All Back Home nel segno di ballate riflessive e sofferte: paradossalmente il nuovo Mr. Zimmerman coincide con il vecchio e conclude il suo quinto lavoro sulle note di un malinconico addio folkie a unamata perduta, un presagio di morte e fine incombente. Linsolente sguardo di Bob ci scruta dalla foto di Daniel Kramer che lo ritrae seduto in salotto con Sally Grossman, moglie del manager, in mezzo a citazioni e simbolismi (una copia di Time con Lyndon B. Johnson e vinili sparsi di Lotte Lenya, Ravi Shankar e Robert Johnson). Pochi mesi dopo, il 25 luglio 1965, rischierà un linciaggio in stile Jake & Elwood al Bobs Country Bunker: la violenta contestazione dei puristi al Newport Folk Festival, quando sul palco si esibiva con la Paul Butterfield Band, ufficializza la definitiva scissione del traditore Dylan dalla sua primordiale maschera di menestrello della tradizione. I tempi erano maturi, la rivoluzione alle porte. The Times They Are A-Changin, e stavolta per sempre.
The highway is for gamblers, better use your sense. Take what you have gathered from coincidence. The empty-handed painter from your streets is drawing crazy patterns on your sheets. This sky, too, is folding under you And it's all over now, Baby Blue
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