Faces
A Nod Is As Good As A Wink To A Blind Horse
“Un cenno del capo vale tanto quanto far l’occhiolino a un cavallo cieco”: il logorroico titolo di quest’album cita un vecchio proverbio inglese il quale, nel discutibile humour d’Albione, sta più o meno a significare che ci si è capiti benissimo, perciò qualsiasi altro cenno sulla questione è più che superfluo… bah!
Sempre a proposito della cover, l’alcolica banda rocchettara d’antan è ripresa al lavoro sul palco in entrambi i suoi lati, ma l’immagine nel retro è la più simpatica: al posto dei musicisti vi sono dei pupazzi, buffe e riuscite caricature dei loro tipici look, specialmente il bambolotto del loro frontman Rod Stewart coll’inconfondibile, biondastro ciuffo ribelle sulla sommità della cabeza. Inoltre le prime copie andate in stampa dell’ellepì, ora ricercatissime dai più fissati, allegavano un tremendo poster consistente in un collage di immagini di pillole non meglio identificate, ma sicuramente da loro amate, insieme ad istantanee scattate in camera d’albergo insieme a donnine nude, delegate ovviamente al risollevamento della loro solitudine di artisti itineranti: ritirato subito dalla casa discografica, dopo pochi giorni dalla pubblicazione!
Il quintetto dei Faces, che i ben informati ricordano generato dalla parziale fusione di due altre formazioni, Small Faces e Jeff Beck Group, ad inizio anni settanta seppe farsi strada in ambito rock fra smaglianti concorrenti quali Led Zeppelin, Rolling Stones, Deep Purple, Who, Ten Years After, Free. Le migliori frecce al suo arco erano l’assoluto e comunicativo atteggiamento scanzonato, divertito, apparentemente senza un pensiero da un lato, la strepitosa voce del giovane Rod Stewart dall’altro.
Dati i soggetti altamente goliardici, giammai si sarebbe potuto chiedere loro accuratezza di esecuzione, ricercatezza fra generi e stili compositivi, profondità di argomenti nelle liriche: Faces è stato e resta ancor oggi nella memoria storica degli appassionati un vero e proprio eponimo di rock diretto e divertito, senza secondi livelli e secondi fini.
Bene fece allora il super produttore Glyn Johns, già allenato a simili creative sciatterie avendo lavorato con Rolling Stones, Joe Cocker ecc., a farli suonare tutti insieme dal vivo in studio, sovra incidendo il minimo indispensabile, giusto una seconda chitarra ogni tanto, più le voci di Stewart e del bassista Ronnie Lane. Il disco ha le sue evidenti imperfezioni: note leggermente fuori posto, leggere stonature, asincronismi… ma perdinci è vivo, pulsante, schietto, piacevolmente naturale!
La batteria di Jones è ripresa da appena quattro microfoni, secondo lo stile caro al produttore; l’assolo di chitarra arriva sulla stessa traccia della ritmica, un’acciaccata al pedalino per mettere un po’ più di sustain e via! Così si facevano certi dischi una volta ed è sempre un piacere annusare la loro atmosfera unica, al di là della mera resa tecnica.
Canzone dominante dell’opera è la quinta in scaletta “Stay With Me”: riconosciuta ed apprezzata da tutti gli addetti ai lavori e dagli amanti del rock, coverizzata da Def Leppard, Thunder, Manic Street Preachers, Train e tanti altri, accentrata soprattutto nel vero tour de force del chitarrista Ron Wood, futura Pietra Rotolante di lì a un lustro, macchina ritmica di buona inventiva. Le strofe e i ritornelli sono strascicati e lascivi, nelle parti strumentali si raddoppia la velocità e si passa al frenetico, lo solista di Ronnie lega efficacemente il tutto e il saltellante pianetto elettrico di Ian McLagan direziona il genere verso il primigeneo rock’n’roll.
Ben tre canzoni su nove prevedono al canto solista il povero Ronnie Lane, al tempo lontano dall’immaginare quanto la sua vita sarebbe stata, di lì a qualche anno, compromessa dall’irruzione di un bruttissimo ed incurabile male, causa di una progressiva infermità e infine di una precoce morte. La sua voce cordiale e garbata c’entra veramente poco con il rock stradaiolo ante litteram della formazione, addirittura men che niente con la vera macchina da guerra costituita dalla strozza del tizio accanto a lui, al secolo Roderick David Stewart, un cantante che finirà poi per imbolsirsi come e più di tanti altri, ma che all’epoca spaccava.
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