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R Recensione

6/10

Jane's Addiction

The Great Escape Artist

Da icona massima dell’era Lollapalooza a portabandiera del Senile Oriented Rock frutto dell’ennesima rimpatriata: ecco in sintesi la parabola dei Jane’s Addiction in venticinque anni di travagliata carriera.  

Tra i segreti che hanno consentito al culto di Jane di radicarsi così a fondo c’è stato anche lo scioglimento al momento giusto, dopo aver portato al punto di non ritorno la propria cifra stilistica con “Ritual De Lo Habitual”, sparso i germi dell’alternative rock e scardinato le gerarchie dell’hard-rock marchiando a fuoco una generazione. Fino a quando, tra nuovi progetti mai del tutto riusciti e la cacciata di Dave Navarro dai parenti-serpenti Peppers, la vecchia gang di Los Angeles ha pensato bene di riscuotere il credito maturato nell’età dell’oro (e del buco) giocando le proprie carte al sempre più affollato tavolo delle reunion ( ultimi arrivati, gli Stone Roses). Dopo la botta arena-rock di “Strays” del 2003, l’ennesima lite, l’effimero ritorno al gran completo con il mai abbastanza lodato Eric Avery al basso (sostituito prima dall’ex GNR Duff McKagan e poi da Dave Sitek) arriva infine il nuovo capitolo discografico.  

Il lifting 2011 presenta Jane in versione surgelata, con svariati umori elettronici a compensare la perdita della furia iconoclasta di un tempo e di Avery, le cui lugubri e dinamiche linee di basso ne costituivano il perno. E una raffinata vena pop-rock sempre più pronunciata a coprire del tutto la matrice folk acida e le scorie funk del passato: quasi una prosecuzione del discorso solista inaugurato da Farrell con “Song Yet To Be Sung” di dieci anni orsono. Ciò si evince chiaramente dal singolo “The Irresisitible Force”,  patinato esercizio di stile tra Muse e Radiohead, in cui Perry, forse uno degli ultimi musicisti convinto che il rock potesse cambiare il mondo ai tempi dell’utopia comunitaria del Lollapalooza, ammette lucidamente che ormai “We’ve become a big business, a galaxy merger”. Per non parlare di “Twisted Tales”, che ricorda i momenti più soft dei Porno For Pyros, buoni al massimo per una pubblicità Costa Crociere con Amauri.  

Tranquilli, si può riporre la mannaia, il disco non è così pessimo come descritto da certe cronache frettolosamente redatte, anzi. L’uno-due iniziale si dipana secondo il miglior copione possibile, con “Underground” e “End To The Lies”: pezzi fisici e cerebrali allo stesso tempo, in cui le vibrazioni psichedeliche targate Navarro si infrangono su vischiose spigolosità new wave in zona Gang of Four/Bauhaus, con il solito tappeto tribale fornito dal drumming di Stephen Perkins a vigilare. Il tutto reso allo stato dell’arte 2011 dalla smaliziata produzione di Rich Costey e dalle scansioni in zona Tv On The Radio di Sitek.  

Emerge inoltre l’intelligenza della prova di Navarro che, nonostante l’aspetto sempre più consono alla tamarreide di Jersey Shore, rimane un maestro con la sei corde al collo. Chi cerca i suoi assoli fulminanti e le intelaiature cangianti  alla “Three Days” o i riff al vetriolo dei suoi vent’anni rimarrà certamente deluso; Dave opera in sordina, modellando trame in secondo piano per poi emergere al momento giusto liberandosi dal giogo farrelliano in episodi quali “Splash A Little Water On It”, “Words Right Out Of My Mouth” , oppure in una “Ultimate Reason” da applausi, convulso intreccio di atmosfere ombrose e graffianti. E pazienza se, ascoltando “Broken People”, classica ballatona elettrica che non riesce a decollare del tutto nonostante il solito cantatato suadente e stridulo di Perry, non si può non pensare alle inarrivabili “Then She Did” o “Summertime Rolls” con infinita saudade.  

Alla resa dei conti, “The Great Escape Artist” offre una feroce ma onesta istantanea di una band partita da un infimo locale di travestiti, al grido di “Pigs in Zen!”, e approdata in una piscina sul tetto di un hotel a mille stelle. Colonna sonora di un party per reduci esausti alle sei del mattino, come in un incubo dell’ultimo Bret Easton Ellis. In fondo è consolante sapere che ogni tanto i soldi finiscono in tasca alle persone giuste.

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Voto degli utenti: 6,1/10 in media su 10 voti.
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ciccio 8/10
Dengler 4,5/10

C Commenti

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Leonardo Geronzi (ha votato 7 questo disco) alle 10:28 del 25 ottobre 2011 ha scritto:

Personalmente non l'ho disprezzato, alcuni punti eccessivamente melensi, altri più originali (Underground ha delle scelte armonico/melodiche geniali). Sta di fatto che da alcuni giorni gira incessantemente nel mio lettore. Molto bello lo sfoggio di filosofia finale: i soldi che finiscono nelle tasche giuste, mi trovi daccordissimo.

ozzy(d) (ha votato 7 questo disco) alle 18:24 del 25 ottobre 2011 ha scritto:

all'inizio non mi aveva convinto, ma è cresciuto sempre più. jane non tradisce mai, è ancora una super sorca.

NathanAdler77 (ha votato 6 questo disco) alle 23:01 del 25 ottobre 2011 ha scritto:

God is a real man, god is a dad...

Ahahah, straquoto Gulliver: sulla "supersorca" Farrell c'ha costruito buona parte dell'estetica dei JA, solo che vent'anni fa era una tossica viziosa e ora un'escort extra-lusso che veste D&G...Questi non sono né saranno mai i veri Jane's, lo sappiamo, ma resta un dignitoso album rock con reminiscenze dark\electro\wave (tra Depeche Mode e Duran Duran ghghgh). I Radiohead proprio non ce li sento, piuttosto mi urtano un pochino quei "ooh ooh ooh" bonovoxiani e Navarro che mima The Edge(!): è proprio vero, hanno fatto più danni gli U2 che la grandine. Per la sufficienza piena mi bastano "Underground", "End To The Lies", "Ultimate Reason" e quella citazione d.o.c. dei magnifici Bauhaus in "Words Right Out Of My Mouth".

swansong (ha votato 7 questo disco) alle 11:50 del 26 ottobre 2011 ha scritto:

Certo non stiamo parlando di un lavoro memorabile, ma degnissimo del nome della band sicuramente (fra l'altro mi pare più riuscito del precedente). In ogni caso invecchiano con maggior classe di quei debosciati peperoncini rossi. E poi c'hanno Navarro..

ThirdEye (ha votato 2 questo disco) alle 5:06 del 30 ottobre 2011 ha scritto:

Max Rispetto

Ma l'ho trovato davvero terribile. Che dire...non ero ottimista ,visto che dalla mente di Farrell è molto che non esce nulla di buono (dai tempi dei Porno For Pyros) ma cazzo, questo è per me troppo! Torno ad ascoltarmi quel capolavoro di Ritual De Lo Habitual va..Perry, torna a prendere droghe, se questi sono i risultati! (scherzo)

Giuliano Frizzo (ha votato 6 questo disco) alle 18:54 del 5 dicembre 2012 ha scritto:

Un pochino meglio di Strays, sennon altro perchè innova un poco quel suono così stereotipato e ormai bistrattato. Personalmente ho apprezzato il lato dark del disco, un poco industrial, ed anche le incursioni più "mistiche" di pezzi come Irresistable Forces, un poco pacchiane se confrontate coi pesi massimi contenuti nei capolavori del passato (Nothing's Shocking) ma tutto sommato ben interpretate (da Perry Farrell) e ben orchestrate (dal resto della band).