V Video

R Recensione

6,5/10

Les Trois Tetons

Songs about Lou

Il problema è nascere con un cuore rock’n’roll a Varazze, placida cittadina della rivera ligure  di ponente, certo più famosa per i gelati ed il mare che per le Stratocaster. Allora, se ti succede, il meglio che puoi fare è tenere duro, portando le tue canzoni ovunque sia possibile e magari sperare che passi dalla tua città qualche vecchia gloria per misurare il tuo live act. Capitò, qualche anno fa, a Les Trois Tetons , con i Nine Below Zero, alfieri del rock blues inglese anni ottanta, e il tutto finì, in riva alla spiaggia, a cori di “Brown Sugar”.

Vietato mollare, però,  anche se i palchi sono quelli di qualche pub della Liguria o Lombardia anziché di Londra o Memphis, ed in questo senso Les Trois Tetons sono dei veri maestri. Nati agli albori dei novanta come cover band degli Stones, nel 2014 sono arrivati al sesto album in proprio , mettendo in carniere anni di sfrenate esibizioni dal vivo, dove la loro carica è davvero torrenziale e le durate dei concerti, fra amate  cover e pezzi originali, tendono a quelle di Springsteen. “Songs about Lou” è la loro opera più matura sotto il profilo compositivo, una sorta di concept album come si faceva un tempo, con tanto di “Overture” strumentale che mette subito in chiaro corde ed intenti, e due atti. Il tutto  dedicato ad un personaggio di fantasia che, solo per caso, porta lo stesso nome di Lewis Allan Reed, scomparso proprio durante le registrazioni dei quindici  pezzi, ed al quale il disco ha finito per essere dedicato. In scaletta Les Trois Tetons (in realtà sono quattro, Alberto al basso, Barbon alle chitarre, Zac a vocals e telecaster e Davide alla batteria, con ospiti Fabio Biale al violino e Mazzi al tampura)  mettono una  buona porzione dello scibile rock’n’roll che costituisce il loro linguaggio di riferimento da sempre, partendo dalle pennate secche alla Clash di “Mister Lou”, uno dei pezzi migliori della raccolta, che introduce il personaggio della narrazione, alzando poi la temperatura con il punk ‘n’roll di “Hey girl” per planare in territorio ballad con “Green is the dream” ebbra di  aromi west coast . Dopo l’hard rock di “Leaving”, si gira metaforicamente il disco e “I won’t be back for Christams” è una  limpida ballad country arricchita dal violino, mentre fra gli altri centri si possono annoverare la psichedelia di “Wide Mouth” ed  il blues scuro e tribale di “Throne made of bones”, dominato dall’armonica.

In altri casi si sente un po’ la difficoltà a sviluppare in composizioni dalla precisa identità le idee che devono avere popolato gli studi “Punto d’incontro Italo Calvino” di Loano dove “Songs about Lou” è stato registrato: capita in “Weeping willow” con la sua strana intro prog, nel  dittico “Midnight crisis/Breaking point” di impronta vagamente teatrale, e in “Asphaltnacht” , che spreca in un ritornello poco incisivo e nelle asprezze della lingua tedesca una bella narrazione alla “Born to run”. Molto meglio quando si rimane  su territori familiari, come quelli di “Peculiar”,  popolati dal ritmo e dalle chitarre acide, oppure  sulle dolci onde  vocali  della finale  “Long fingered hands”, quasi una dichiarazione d’amore alle ballads dei Rolling Stones.

Se passate da Varazze quest’estate, date un’occhiata alle locandine: magari fra un invito in discoteca  ed una festa in spiaggia potrebbe capitarvi di imbattervi ne Les Trois Tetons. E sarebbe sicuramente una grande festa rock’n’roll.

V Voti

Nessuno ha ancora votato questo disco. Fallo tu per primo!

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.