V Video

R Recensione

7/10

Mary in June

Ferirsi

Amavano Mary. E lei se n'è andata. In Giugno. Da qui un album di ragazzi che piangono, incazzati, attraverso i loro strumenti.

Molti di voi penseranno involontariamente alla nota Mary dei Gemelli Diversi ma state certi, ragazzi, che loro non hanno nulla a che vedere con i gemellini italiani (grazie al cielo).

"Ferirsi" è un album rock e post-punk come non se ne sentivano da tempo in Italia, composto da sei brani, auto-prodotto e in free download: di modo da farsi conoscere facilmente, di modo da poter raggiungere, ovunque, il cuore di chiunque.

E' il primo album dei Mary in June, un album che, come tanti, nasce da uno struggente dolore, ma che, al contrario di altri, riesce bene a fissare sin da subito i confini e i punti di forza di questa band e del loro stile: brani dalla moderata estensione, dai caldi spazi di instrumental che ti trascinano nell'ambientazione immaginata dall'artista, e dai testi calibrati e ben cadenzati che ti cullano nella loro ripetitività ( "Color Petrolio"), o che sanno irrompere nella quiete in cui ti avevano appena immerso ("Nel buio").

L'intero cd è da ascoltare tutto d'un fiato, senza soluzione di continuità, perché ogni brano è legato agli altri, e perché i Mary in June ci raccontano una storia, la loro, in quei sei brani. Una città (probabilmente Roma) la cui aria è ormai così malsana da aver inquinato perfino gli animi delle persone. O almeno è questo che Alessandro (autore dei testi e voce) raffigura nella sua mente per giustificare la fuga della femme fatale Mary. E quindi si spera nel mare, si spera che sia rimasto puro. Ma arrivati in mare, in fondo al mare, è lì che i membri della band troveranno la sorpresa: anche lì ormai è tutto petrolio.

La prima traccia, "Olio, benzina e cherosene", infatti, non fa altro che introdurci all'argomento. Inizialmente ricorda un po' Fabrizio Moro, con le sue canzoni ricche di una critica sociale dalla voce rauca ("arroccato supposizioni barbare volutamente retrogade, inconsapevolmente perdenti") . Ma ai Mary in June non importa assolutamente tutto questo. Il loro scopo è ammaliarti con i suoni delle chitarre e poi ferirti, ferirti come ha fatto Mary e come hanno fatto la città e il mare, con la voce e con la batteria: loro, quando suonano, portano sul palco lo strazio. Lo strazio di un uomo visionario che, trascinato dalle riflessioni profonde e solitarie, si ritrova in un mondo che non è più verde per il colore delle foglie, ma verde per il colore del petrolio. "E mi manca quell'aria strana": lo stesso ossigeno ormai è tossico per il nostro corpo, lo stesso sole svela i nostri difetti più nascosti ("Il sole dona ad ogni singolo individuo la sua ombra più cara senza chieder nulla in cambio").

Ciò che ci gridano i Mary in June in "In fondo al mare", in fondo, è proprio questo: La città, il mondo frenetico in cui siamo immersi ogni giorno è del tutto corrotto, anche gli angoli apparentemente intatti hanno già in sè il germe del male, della corruzione ("e intanto l'asfalto corre divorando prati"). Lo stesso vale per Mary, che credevano tanto innocente e poi si è rivelata anch'essa soltanto un frutto di quella città inquinata. Ma, allora, non saremo anche noi già corrotti, o sbaglio? Ed ecco, quindi, che un disperato Alessandro urla a squarciagola le sue ultime speranze, riposte nel mare:

"così al largo, dove non si tocca, potremo godere, [...]

così al largo, dove non si tocca, potremo sparire."

In fondo poco dopo, in "Color Petrolio", Alessandro chiede "difendimi se puoi da tutto il male di questa città". Roma, oh Roma, cosa mi fai a queste nuove generazioni?

La traccia più folk, più incalzante e coinvolgente è senza dubbio "Il giardino segreto". Forti riff di chitarra e violenti colpi di batteria non sono altro che le esternazioni di una mente delirante, della mente di un innamorato deluso.

"Solo per un attimo poi torna a dormire -

torna nel suo mondo e nulla più voler sentire".

Ciò che ti lascia "Ferirsi" è un mix di dolceamaro sorseggiato su una barchetta che naviga in un mare dal colore del petrolio, circondata da fabbriche e da aria malsana. Ferirsi è l'inquinamento del cuore, dei sentimenti e dei valori, che è soltanto conseguenza dell'inquinamento dell'atmosfera, della nostra vita. E Mary, lì, la "vedi sparire nel nulla mentre noi siamo sommersi nel Buio", mentre noi stiamo a "guardare la città che ora non c'è più, a guardare la città che un tempo era blu."

La band romana per nascita e non solo, si rivela ricca di potenziale, e fa pensare di avere ancora molto da raccontare. Deve, purtroppo, gran parte del suo essere poco conosciuta al contemporaneo successo de "I Cani", vicini non solo in quanto a domicilio ( Roma è la città natale di entrambe le band) ma anche in quanto a genere

Piccola postilla: se sei pezzi non sono sufficienti per voi, potrete anche trovare altri due brani della band ("Un giorno come tanti" e "Quello che rimane") all'interno del cd "Il Sottosuono Vol.3".

V Voti

Nessuno ha ancora votato questo disco. Fallo tu per primo!

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.