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R Recensione

7/10

Nordgarden

You Gotta Get Ready

Hanno cuore le canzoni di questo trentenne norvegese, trasudano una passione sublime per il rock-blues illuminato dallo spirito dei 70s. Ha la voce giusta, Terje Nordgarden, per incarnare l'anima di una musica diretta e per nulla ritrosa a rivelare le emozioni da cui scaturisce anche se mai scontata neppure in tempi di saldi: soprattutto ha doti di scrittura baciate da una qualche musa particolarmente invaghita di lui e della sua chioma bionda.

Le composizioni di "You Gotta Get Ready" vivono ognuna di vita propria anche se sono tenute in riga da un rigoroso processo di selezione: si passa da momenti sospesi fra country e folk (Some Work On You, sembra ispirata da John Martyn, mentre l'intesa Schiphol Blues echeggia il Neil Young più minimale), a frangenti più soulful (il singolo Keep It Shining On The Inside, Why Would She Go e la magnifica Fool To Let You Go, in grado di riaprire il calendario delle settimane astrali di Van Morrison), da radure acustiche (Carousel On The Loose, con il cuore rivolto a Elliott Smith e la sublime They're Building, They're Building davvero reminiscente di Cat Stevens), a pianori pop-rock (vedi la filastrocca These Lovesick Blues, indecisa fra Beatles e Rufus Wainwright, o il graffio della title-track che avrebbe potuto calzare alla perfezione a Jeff Buckley). Un album di grande spessore compositivo che si abbevera a fonti diverse (avete letto i riferimenti che variamente ritornano e si alternano nel corso del programma) e che non ha virtualmente cali creativi, offrendo molti punti di forza e una gemma assoluta come Leaving, gonfia di malinconia e di vita, che da sola manifesta l'anima di Nordgarden. Per tutta la durata di "You Gotta Get Ready" prevalgono vocalità dalle timbriche calde e dal sapore gospel-soul (in particolar modo quando subentrano i cori) e atmosfere acustiche spesso decisamente tese e non necessariamente intimiste (anche se Terje fa quasi sempre tutto da sé), mentre all'elettricità, seppur ovviamente presente, non viene lasciato spazio prevalente d'espressione. Ecco, forse questo è un limite dal quale varrebbe la pena affrancarsi.

A queste latitudini molti songwriter tentano di imporsi come nuovi profeti di un verbo antico: Terje Nordgarden è uno di questi e al quarto capitolo della sua discografia (l’esordio prodotto da Paolo Benvegnù) mette perfettamente a fuoco i suoi talenti e piazza un disco lucido e appassionato allo stesso tempo, con il quale consiglio di non perdere l'appuntamento. Il primo davvero importante di questo 2012.

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