Spirit
Twelve Dreams Of Dr. Sardonicus
La storia del chitarrista-funambolo Randy California è emblematica, di quelle che “è lui il nuovo Jimi”. Un passaggio di testimone virtuale, perché intanto il mancino di Seattle muore il 18 settembre 1970, e fu l’immortalità. Eppure. “Twelve Dreams Of Dr.Sardonicus”, il capolavoro degli Spirit di California, uscirà a novembre dello stesso anno. Mai fare gli spacconi nel tempio degli Dei.
Randy Wolfe era poco più di un ragazzino con i sogni a spasso quando conobbe Hendrix ai tempi della sua prima band, “Jimmy James And The Blue Flames”. Il viscerale genio chitarristico del giovane musicista nero sarà un’influenza fulminante per il quattordicenne Wolfe. Marchiato a fuoco dal verbo hendrixiano, Randy sostituisce il simbolico “California” al cognome paterno, e sviluppa uno stile personale, intriso di psichedelia, pop e folk. Il ragazzo era troppo sveglio per lasciarsi bruciare da un successo effimero, e aspetta l’occasione giusta per alimentare la propria utopia rock.
Ha appena 16 anni e l’argento vivo addosso quando inizia l’avventura Spirit nel ’67, da allegro capobanda, cucciolo tra comprimari già esperti e svezzati: il patrigno Ed Cassidy (gran batterista di estrazione jazz e matusa del gruppo, con la sua pelata di ben 44 primavere), Mark Andes al basso e voce, Jay Ferguson alle tastiere e cori e, sempre alle tastiere, l’art-director John Locke. Con quel California che sembrava uscito fuori da un ufficio marketing per rockstar, i capelli crespi e il sorriso ribelle l’esordio dell’omonimo “Spirit”, nel gennaio Sessantotto, fu la deflagrazione naturale di tutto ciò che Randy desiderava (in molti ricordano bene il madrigale “Taurus”, un certo Pagey benissimo). Cinque diverse individualità, cinque volti nella celebre copertina-collage, una grande band.
L’eclettico rock psichedelico, intinto negli aromi folk e free-jazz dei favolosi sixties, testimoniava il talento cristallino di California e un gran gusto per sfumature e arrangiamenti anomali. Poi arrivarono la conferma del successivo “The Family That Plays Together” e un “Clear” sottotono, di transizione. Poteva quel ragazzo-prodigio dello strumento elettrico aver esaurito le cartucce dell’ispirazione? No, che non poteva. La band californiana ambisce al classico che spariglia le carte, e allora (con la produzione del grande David Briggs, fraterno collaboratore di Neil Young) ecco i Dodici Sogni Del Dr. Sardonico.
“Prelude-Nothing To Hide” è un perfetto esempio delle qualità melodiche e tecniche degli Spirit: una delicata intro acustica, atmosfera sognante, tappeto percussivo e le improvvise incursioni elettriche di California a colorare le note su voci beat e un ritornello-killer. Il singolo “Nature’s Way” va anche oltre, semplicemente il brano più famoso dei cinque di Los Angeles. Una ballad folk-rock umbratile e corale, dai toni West-Coast. Incisivo il drumming tribale di Cassidy, in uno degli apici creativi del catalogo spiritiano. La solare “Animal Zoo” è l’ennesimo colpo da KO, il basso si fa largo in mezzo a controcanti e il passo felpato di chiara impronta jazz del batterista. Il soul-pop speziato di soffice psichedelia e nastri al contrario di “Love Has Found A Way” ha precise responsabilità su cosa saranno (entro un lustro!) gli Steely Dan. Una piacevolissima colpa.
“Mr.Skin” è un altro pezzo forte, con il suo caracollarsi a ritmo di marcetta funky e la chitarra che si lancia in serpentine sui cori e sax solista di un divertito rhythm and blues. Un evocativo piano introduce “Space Child”, strumentale dominato dal basso di Andes e le tastiere cosmiche di Ferguson (stiamo parlando di acid-jazz?), che prepara il terreno alla memorabile “When I Touch You”, un vortice hard-psichedelico dove il dinamismo elettrico di Randy può finalmente scatenarsi e prendere l’intera scena, con vuoti e pieni alternati al canto riflessivo e rabbioso del capelluto leader. Stesso canovaccio da virtuoso axeman nel rock stradaiolo, impetuosamente flower-power, di “Street Worm”: California muove le dita sulle corde a velocità impressionante, sembra un surfer che disegna nervose traiettorie tra le onde di una marea in arrivo (Eddie Van Halen, Slash, Dave Navarro etc. ascoltano e prendono appunti).
Giunti in prossimità del traguardo finale, “Morning Will Come” esplode in un gioioso impeto rock’n’roll che intreccia falsetti sguaiati, fiati sexy e divertimento alla maniera di un inedito pre glam-rock. “Soldier” è il dodicesimo sogno, un sofferto blues urbano con organo autunnale che chiude malinconicamente il quarto e miglior sigillo discografico a nome Spirit.
Randy Wolfe “California” non avrà modo di ripetersi a tali livelli, forse consapevole che certe mirabilie hanno lo slancio dei giorni migliori e puoi soltanto proseguire con dignità la tua carriera. Fino a quel maledetto gennaio ‘97, ma questi sono gli scherzi vigliacchi del destino. Il crudele e triste epilogo di una storia emblematica.
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