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R Recensione

6/10

The Besnard Lakes

The Besnard Lakes Are The Roaring Night

E due. Volessi fidarmi dei proverbi, del prossimo disco dei canadesi Besnard Lakes dovrei completamente disinteressarmi. E credo che lo farò, alla faccia della genericamente bella predisposizione a dare sempre un’ulteriore possibilità. È come con le persone. Per quanto possano parlartene bene, alcune non fanno proprio per te. E non c’è niente da fare.

Ecco, i Besnard Lakes non fanno per me. Quando, un paio di anni fa, il loro precedente lavoro (The Besnard Lakes Are The Dark Horse, 2007) entrò nel mio lettore sospinto da vele gonfie di estatiche critiche, riuscì a fare soltanto qualche giro prima d’essere estratto e riposto senza gloria sullo scaffale dove ancora oggi, se nessuno me l’ha sgraffignato, dovrebbe stare, quasi intonso. Al suo fianco, temo, troverà spazio a breve il lavoro qui in oggetto.

Sì, va bene, sto esagerando. E per questo la metto sul personale. Fatto sta che il ritorno del combo canadese, ancora una volta, non pare all’altezza delle aspettative che i numerosi quanto autorevoli entusiasmi hanno ovviamente legittimato.

Ma vediamo di fare un po’ di ordine, rendendo giustizia ad un lavoro comunque degno di nota e a musicisti di buon livello e indubbio valore.

The Besnard Lakes Are The Roaring Night si snoda ancora su un terreno sonoro che è incrocio di molteplici correnti (psichedelia, space rock, shoegaze, power pop, prog, slow core) e che trova la sua radice comune in un ibrido incrocio fra America, vecchia e nuova, ed Inghilterra, di cui si evoca invece prettamente la gloria degli anni settanta. Anzi, di quella contingenza spazio-temporale, i Besnard Lakes paiono intessere un vero e proprio elogio. A partire dall’amore dichiarato del gruppo per i Led Zeppelin, trasposti quasi fisicamente dentro l’album in questione attraverso l’uso di un mixer tedesco Neve, del 1968, utilizzato - a quanto pare - proprio dallo storico gruppo britannico per parte del loro Physical Graffiti. E nonostante ciò, sono invece i fantasmi di Electric Light Orchestra, Alan Parsons Project e Pink Floyd a caratterizzare in massima parte la componente “british” della musica contenuta nel disco.

Ma non finisce qui. Dal nuovo continente arrivano echi di Beach Boys (palesi nei falsetti corali, un poco più celati nelle melodie) e fortissimi richiami ai Low. Sarà che la coppia Jace Lasek/Olga Goreas condivide gruppo e vita privata esattamente come i due Low Alan Sparhawk e Mimi Parker, sarà il matrimonio soave di voci maschile e femminile, sovrapposte o alternate, ma sempre perfettamente complementari, fatto sta che in più di un episodio (Chicago Train o Glass Printer, piuttosto che Light Up The Night o il finale di Land Of Living Skies) il paradigma dei maestri di Duluth, nella sua veste più distorta e chitarristica (The Great Destroyer), è riprodotto con una certa, incontestabile prepotenza.

La quantità di riferimenti che il progetto The Besnard Lakes nasconde dietro il suo carattere comunque attuale è già un primo, forte elemento negativo. C’è da dire, però, che l’equilibrio con cui il gruppo riesce a miscelare i vari elementi per riproporli in una veste convincente ha davvero del mirabolante. Il chitarrismo epico, evocativo, tipicamente canadese viene speso in brani dal chiaro sapore prog che trovano la loro forma più naturale in strutture lungamente costruite e tese spesso al raggiungimento di un climax sonoro/emozionale (l’iniziale - Floydiana anche nella divisione in due parti - Like The Ocean, Like The Innocent dice già quasi tutto).

Fanno eccezione il singolo Albatross, sorta di incontro fra Mazzy Star, Pink Floyd e Fleetwood Mac in territori shoegaze, la conclusiva The Lonely Moan, melodia quasi inesistente, sprofondata in un lungo riverbero di EBow, la bella e incisiva And This Is What We Call Progress, ritmo marziale con basso insistito sul battere ed un ottimo lavoro di chitarre.    

Album dal suono denso, ammantato da una foschia di rumori e pregno di moderna epica chitarristica quanto di richiami nostalgici (alcuni davvero fuori luogo - i solo di chitarra in primis -  altri più piacevoli, vedi l’uso frequente eppur mai fastidioso del tremolo), che supporta un’attitudine vocale alla melodia pop semplice, malinconica, evocativa, minimamente articolata nel tempo. Bel suono e pezzi ben costruiti insomma, dove tutti i principali protagonisti trovano il loro posto con una certa, piacevole naturalezza. Non brilla però, in nessun senso: non ci sono melodie straordinarie, non ci sono arrangiamenti straordinari, non ci suono suoni straordinari. Mai. E anche il carattere dichiaratamente sperimentale, in fin dei conti, resta mestamente circoscritto agli artifizi del solo luogo di registrazione: lo studio.

V Voti

Voto degli utenti: 6,6/10 in media su 9 voti.
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giank 8/10
target 6/10
REBBY 6/10

C Commenti

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target (ha votato 6 questo disco) alle 9:20 del 28 maggio 2010 ha scritto:

Condivido al centopeccento. Carina "Chicago Train", ma in futuro i Laghi Besnardi li eviterò anch'io: scorrono via, in realtà, più come l'acqua di un fiume.

REBBY (ha votato 6 questo disco) alle 9:30 del 28 maggio 2010 ha scritto:

Anch'io l'ho già riposto nello scaffale a prendere

polvere e concordo in sostanza con la sintesi di

Paolo. Molte buone intenzioni in potenza, ma stringi stringi più fumo che arrosto. Il pezzo

più gustoso invece a me sembra Albatross.

tarantula (ha votato 6 questo disco) alle 9:44 del 28 maggio 2010 ha scritto:

Recensioni entusiastiche un pò dovunque hanno lasciato perplesso anche me; in effetti l'album ha parecchi momenti noiosi e pochi pezzi veramente validi: l'ho fatto riposare per qualche tempo prima di riascoltarlo ma il risultato non è cambiato: qui non c'è niente di particolarmente emozionante!

Filippo Maradei (ha votato 6 questo disco) alle 14:38 del 28 maggio 2010 ha scritto:

Fumosi.

Ottima recensione Paolo.

bill_carson (ha votato 8 questo disco) alle 14:47 del 28 maggio 2010 ha scritto:

tra i migliori di quest'anno, anche se si può fare meglio

Cresce molto coi riascolti.

I Besnard Lakes sono un'album band, non fanno raccolte di mp3.

Are The Roaring è un magnifico fluire unico, risulta moderno, ma profuma dei dischi di una volta.

Li ringrazio anche perchè ho scoperto che tra le loro influenze ci sono i Swirlies, band che non conoscevo.

Lunga vita, bel gruppo.

Le recensioni positive un pò ovunque dovrebbero indurvi a pensare che forse del buono c'è, ma che la proposta non icontra il vostro gusto. Del resto a me fa cacare In Rainbows, però mica ho la pretesa di pensare che tutti quelli che lo amano siano degli idioti pecoroni. Sono io ad avere un problema con quel disco.

Qui non si sta parlando di un gruppetto di brufolosi da pompare, attorno a loro non c'è alcun tipo di hype.

La cosa bella dei Besnard Lakes è che suonano come l'evoluzione mancata di alcuni gruppi di classic-rock anni '70, anche perchè in effetti tra le loro influenze c'è anche l'alternative anni '80. I seventies che suonano eighties, yeah!

Peccato solo che, evidentemente per questioni di marketing, abbiano voluto comporre una tracklist di 10 pezzi mettendo lì due brevi strumentali e una closer-track piuttosto superflui, per il resto si gode.

Dicono che vogliono far dischi non troppo lunghi che possano stare nel vinile, ecco, allora però evitino di ficcare questi minibrani inutili tanto per arrivare a 10.

target (ha votato 6 questo disco) alle 15:29 del 28 maggio 2010 ha scritto:

RE: tra i migliori di quest'anno, anche se si può fare meglio

Ma forse qui qualcuno ha detto che tutti quelli che amano questo disco sono degli idioti pecoroni? No, perché mi devo essere perso qualcosa altrimenti.

tarantula (ha votato 6 questo disco) alle 20:03 del 28 maggio 2010 ha scritto:

Certo che c'è del buono e nessuno ha mai detto che chi lo ascolta è un pecorone ma si viene qui a scambiare opinioni; se ci dobbiamo mettere sempre a dire che il disco non incontra il nostro gusto ma sicuramente sarà un buon disco per altri ci troviamo in un vicolo cieco d'ipocrisia e aridità. La maggior parte della gente che usa il proprio tempo per leggere molte recensioni musicali è un amante di questa sublime arte ed ha, dunque, sviluppato da tempo il concetto che "è bello ciò che piace"!

bill_carson (ha votato 8 questo disco) alle 18:54 del 29 maggio 2010 ha scritto:

il successo di critica: quando diffidare

Si, ci sono dei casi in cui è opportuno diffidare del successo di critica:

1- quando si tratta di artista famoso(la fama produce fanatismo/antipatia, partiti pro e contro = scarsa lucidità/obiettività);

2- quando c'è hype attorno al disco;

3- quando il disco si allinea a tendenze apprezzate dalla critica o dal pubblico che "mantiene" quella critica in un dato momento storico;

4- quando l'artista è sostenuto da una major che sgancia mazzette a destra e manca.

I Besnard Lakes sono poco noti, non hanno alcun tipo di hype attorno, sono in controtendenza rispetto agli artisti indie più apprezzati dalla critica e son sotto contratto con la medio-piccola JagJaguar che dubito smazzi denaro per pompare una band che gli garantisce un ritorno mediocre.

=> si può ritenere che il successo di critica sia determinato esclusivamente dal semplice e sincero apprezzamento dei critici per il disco.

Il giudizio positivo sul disco, poi, può essere condiviso o meno, ma non c'è alcuna ragione logica in base alla quale si debba sospettare di tale favore, anzi, i Besnard Lakes nell'era di Beach House, Girls, Gonjasufi, Animal Collective, avrebbe tutte le carte in regole per essere maltrattati dai media musicali.

L'eventuale sospetto può dunque essere solo frutto di stupidità o molto più probabilmente di scarsa presisposizione verso l'artista. Ovviamente coloro che sospettano degli elogi a un gruppo che non apprezzano come i BL, non sarebbero altrettanto diffidendi se le recensioni positive riguardassero una band che stimano molto, anzi, riterrebbero la cosa persino scontata e questo...è sufficiente a raccontarci tante cose di loro.

Si si, sono spocchioso e bla bla bla, tranquilli scriverò sempre meno.

Godetevi i Beach House .

brian alle 10:58 del primo giugno 2010 ha scritto:

irakaplan i tuoi quattro punti non mi trovano per niente d'accordo. forse il 3 è l'unico condivisibile. gli altri sono assurdi! riguardo l'hype, intorno a questo disco ce n'era eccome, non serve avere la copertina su NME per avere hype!

otherdaysothereyes (ha votato 7 questo disco) alle 16:12 del 9 luglio 2010 ha scritto:

Io lo trovo invece molto piacevole con alcuni apici niente male come Albatross e Glass printer. Leggerino a "volatile" senza però essere banale.