R Recensione

6/10

Calexico

Carried to Dust

E che palle, i Calexico. Dodici anni di carriera, cinque dischi, sempre lo stesso logo, le stesse orripilanti copertine e la stessa musica alt-country e roots-rock affogata nel chili messicano.

Spoke” (1997) era una curiosa novità. “The black light” e “Hot rail” erano (e rimangono) album bellissimi. Con “A feast of wire” (2003) avevamo già iniziato ad alzare gli occhi al cielo, e nel 2005 (anno in cui pubblicarono “In the reins” in coppia con Iron & wine) non li sopportavamo più.

Per questo, o magari semplicemente per autonoma scelta artistica, l’anno successivo (“Garden Ruin” – 2006) i Calexico decisero di cambiare registro. Niente frammenti desertici tex-mex, stop agli esperimenti multietnici e fine della ricerca sonora delle radici.

Questo “Carried to Dust” riparte dalla svolta di “Garden Ruin”. Canzoni brevi e indole smaccatamente “easy listening”. Non necessariamente un male. A meno che non si tratti di stucchevoli interventi vocali in spagnolo (l’opener “Victor Jara’s hands”, vi prego ditemi che non è il cantante dei Manà), aperture verso l’estremo oriente (“Two Silver trees”, fatela sentire a Takeshi Kitano) o sterili riempitivi a base di slide guitar (“Slowness”).

Va appena meglio quando gli elementi pop si intrecciano con le sonorità roots che hanno reso celebre il duo di Tucson (“The news about William”, “Bend in the road”, “Fractured air”) o quando la classe (infinita) riesce ad evitare il peggio (la voce di Burns in “Man made lake”, la grazia di “House of Valparaiso”, le sfumature post-rock di “Contention city”).

Secondo disco di transizione per una band alla ricerca di una nuova identità, nella migliore delle ipotesi. Alcuni tra coloro che avevano alzato gli occhi al cielo nel 2003 rivorranno indietro i vecchi Calexico, oggi scomparsi o quasi (“El gatillo”). E magari sarà un caso, ma alcune volte (“Writer minor holiday”) sembra di risentire i Black Heart Procession di “Amore del Tropico”, altra band che ha pagato cara la svolta anti-monotonia.

Perché non siete mai contenti. Perché se i “vecchi Calexico” sono quelli di “Inspiracion” (orrida e forzata litania tra Tito Puente, i Buena Vista Social Club e l’Orchestra Casadei al gran completo) io preferisco comunque annoiarmi dolcemente con questi.

Ridate fiato alle trombe. Letteralmente.

V Voti

Voto degli utenti: 5,8/10 in media su 6 voti.
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REBBY 6/10
rael 6/10
leax 5,5/10

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