R Recensione

9/10

The Black Heart Procession

2

I Black Heart Procession sono un progetto parallelo dei Three Mile Pilot, gruppo di San Diego (California) nel quale spicca il cantante Pall Jenkins. Questo tizio dalla voce malinconica e il tastierista dei TMPTobias Nathaniel decidono nel ’97 di scrivere nuova musica, però non destinata a finire nel repertorio della loro band. Nasce un primo album sotto la sigla dei BHP e, poi, arriva a perfezionare il progetto uno dei migliori dischi degli ultimi anni. “ 2” è composto da undici canzoni dall’incredibile mood nero, come il nome del gruppo, come la bellissima copertina scelta per il disco. Per i puntigliosi, si tratta tecnicamente di un folk-rock con elementi di spettrale country, di blues, di rock. Il tutto condito da una massiccia dose di rumori lugubri, sparsi un po’ per tutta la durata dell’album.

Si parte uscendo (o entrando) da un cancello cigolante, agitato dal vento che fischia, freddo e fumoso. Il primo suono “umano” che si sente è quello di una tastiera, ripetitiva, con una chitarra lenta e arrancante. È “The Waiter n#2”. Entra una voce triste, nostalgica come quella di un mendicante, mentre un’altra voce in lontananza echeggia svogliatamente le parole della prima con tono quasi beffardo. Parole d’amore: “se sono così lontano dal tuo cuore, perché riesco a sentirlo battere?”, continua a domandare la voce. Lo ripete fino a quando la voce viene risucchiata nel buio, nel vento.

Dal buio, dal vento, arriva una processione senza morto e senza corteo, sorretta da un accordion, da un organetto e da una meravigliosa tromba. Un triste buffone di corte accompagna la parata con una chitarra. La voce declama parole di guerra, di amore, di perdizione: una specie di danza macabra accompagna le “Blue Tears”, le tristi lacrime che cadono per una persona lontana, indefinita, perduta nel vento, nel mare, chissà dove.

La processione non finisce di raggiungere il cimitero che, in lontananza, comincia un’altra marcia. Una batteria lenta, trascinata, accompagna una chitarra altrettanto funerea e suonata quasi a fatica. Entra un pianoforte a scandire il tempo e, finalmente, una stupenda interpretazione vocale di Jenkins arriva a celebrare “A Light So Dim”. Sette minuti di lamenti, cigolii e voci dall’inferno. Un inferno umano, però, non metafisico alla Nick Cave, o alla Nico. In questo inferno non ci sono le anime: ci sono gli uomini.

La serie di capolavori non finisce con la successiva “Your Church is Red”: una chiesa rossa di sangue, una chitarra e un organo, e la voce di Jenkins scandiscono questa ballata di folk spettrale, col ritornello che si chiude con una frustata di chitarra.

Un arpeggio in minore introduce “When We Reach the Hill”, forte di un’interpretazione spaventosa da parte di Jenkins, che abbandona il tono malinconico per uno impaurito e insicuro. I rumori della notte e un organo simile al motore di un macchinario abbandonato in una fabbrica semideserta fanno il resto.

La tastiera di “Outside the Glass” e la voce filtrata di Jenkins regalano un momento di fluttuazione nell’aria, quasi una ninna nanna cantata da un feto nell’utero di sua madre. Se non ci fossero i soliti rumori di fantasmi nel finale, arricchito da un carillon, potrebbe trattarsi quasi di un momento rilassante nel disco.

Gently off the Edge” sembra la sigla di un film dell’orrore, con gli accordi spaventosi del pianoforte, il consueto tappeto di rumori funerei, una tromba solenne a fare capolino e un cantato di Jenkins circolare e ritmato. Sembra di vedere un pianoforte in una stanza buia con i tasti che suonano da soli, o forse sono suonati da un fantasma.

It's a Crime I Never Told You About the Diamonds in Your Eyes” regala un attimo di rock, anche se si tratta di un rock decisamente in linea con l’album. Efficacissime, comunque, l’interpretazione di Jenkins e la ritmica chitarra-piano-batteria.

My Heart Might Stop” ritorna invece alle tematiche di “Gently Off the Edge”, di cui potrebbe costituire una sorta di continuum, con un cantato sospeso tra malinconia, dolcezza e il solito sentimento di spavento che permea tutto l’album.

Beneath the Ground” è un esperimento di elettronica, chitarre distorte e tastiere che ricordano qualche esperimento dei Pink Floyd nel periodo “Dark Side”, con un breve intervento vocale di Pall Jenkins.

Il gelido cerchio che ha definito lo spazio destinato alla danza si chiude con “The Water n#3”, che riprende il brano iniziale, gli ululati, il vento gelido, i rumori macabri. Il cancello si chiude con un cigolio ferroso. In alto, sulla punta del cancello, ci sono due spuntoni. Due cuori neri sono trafitti dalle punte del cancello, sfiniti dal dolore: quando qualcuno riaprirà il cancello con un nuovo cigolio ferroso, ripartirà “The Water n#3”, e si aspetterà la mesta tromba di “Blue Tears” per una nova processione. Una processione dei cuori neri.

V Voti

Voto degli utenti: 8,6/10 in media su 23 voti.
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Cas 9/10
george 8/10
REBBY 9/10
Zorba 10/10
gull 9,5/10
salvatore 9,5/10
NDP88 8/10
B-B-B 9/10
Dengler 8,5/10

C Commenti

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fabfabfab (ha votato 8 questo disco) alle 15:40 del 9 giugno 2008 ha scritto:

Bellissimo disco. Peccato non siano stati in grado di ripetersi. Dal vivo poi, sono noiosissimi.

Cas (ha votato 9 questo disco) alle 15:25 del 29 agosto 2008 ha scritto:

Ottimo e commovente...

BoozyRicky (ha votato 8 questo disco) alle 11:20 del primo settembre 2008 ha scritto:

"2" è semplicemente la tristezza di un romantico, un pianto d'amore, il buio dell'anima.

REBBY (ha votato 9 questo disco) alle 16:01 del 2 novembre 2009 ha scritto:

Aderisco letteralmente alla recensione di Carlo

(ma dove sei finito?) tranne che per l'anno di

uscita dell'album, che è 1999. Chi di dovere corregga.

paolo gazzola (ha votato 9 questo disco) alle 12:12 del 4 novembre 2009 ha scritto:

Davvero un disco bellissimo, che ha lasciato il segno. Concordo con Fabio però che non sono più riusciti a ripetersi e che ai primi tre album (di cui questo è il migliore) non è che ci sia molto altro da aggiungere.

carlo nalli, autore, alle 11:56 del 5 novembre 2009 ha scritto:

Grazie Rebby Sono finito a fare un mucchio di altre cose che non mi lasciano spazio per SdM. Comunque l'anno di uscita dell'album è corretto (di fianco c'è scritto 1999), non so se è stato modificato in seguito rispetto ad ora ma ad ogni modo la tracklist, l'etichetta e l'anno di uscita non vengono scritte dal recensore (almeno così funzionava quando scrivevo io). Grazie ancora per l'attenzione.

gull (ha votato 9,5 questo disco) alle 15:48 del 28 settembre 2012 ha scritto:

L'ho riascoltato oggi (per la millesima volta). Ad un certo punto su "if I'm so far from your heart why do I feel it beat" giuro che per i brividi i peli delle braccia si sono alzati. Uno dei dischi più straordinari di sempre.

salvatore (ha votato 9,5 questo disco) alle 20:41 del 28 settembre 2012 ha scritto:

Uno dei dischi più straordinari di sempre anche per il sottoscritto. Immenso. E adesso lo riascolto anche io! "Blue Tears", canzone immortale e dolcissimo pugno nello stomaco..

Utente non più registrato alle 15:44 del 14 gennaio 2015 ha scritto:

Veramente un gran disco

B-B-B (ha votato 9 questo disco) alle 20:48 del 11 novembre 2015 ha scritto:

Magnifico

unknown (ha votato 9 questo disco) alle 21:45 del 11 novembre 2015 ha scritto:

discone .............di rara bellezza