R Recensione

6,5/10

Outfit

Slowness

Stanno seguendo una strana parabola, gli inglesi Outfit (da Liverpool, ma ormai per metà oltreoceano), dall’entusiasmo attorno all’ep di debutto (“Another Night’s Dreams Reach Earth Again”, 2012) al mezzo silenzio sull’album con cui hanno cercato di mettere assieme il nuovo art pop britannico alla Wild Beasts e le proprie attitudini sophisti-pop più buie (“Performance”, 2013). Forse in seguito alle aspettative deluse legate a quel disco, i cinque hanno deciso di virare verso un secondo lavoro decisamente meno diretto, nel quale il gusto per la costruzione sghemba, la fuga melodica mancata, l’arrangiamento spaesante e il groove sempre latente sottotraccia ma pronto a sfuggire sembra assecondare il loro destino (evidentemente ormai abbracciato) di band marginale ma di talento.

Il titolo “Slowness” mi pare un buon viatico per un album lento in tutti i sensi, e che necessita riascolti numerosi per farsi apprezzare e per rivelare i propri segreti. Le radici stanno sempre tra Wild Beasts (magari quelli di “Smother”), Foals, Mew, Everything Everything (con cui l’anno scorso andarono in tour), con pezzi le cui melodie si insinuano vaghe tra le maglie del piano, delle chitarre e delle decorazioni elettroniche “moderniste”, se non proprio volutamente ruvide e disturbanti (“Boy”, “New Air”, “Happy Birthday”), su ritmi spesso zoppi. Le voci di Thomas Gorton e Andrew Hunt ci planano sopra, sembra, sempre tenendosene a distanza, come mimando il tema dell’album (la lontananza tra amanti, gli oceani di mezzo, gli appuntamenti su skype).

Episodi più svaporati (“Slowness”, tra i momenti migliori, “Swam Out”) si alternano ad altri più quadrati, dove tornano certe costruzioni quasi espressionistiche, da Associates più sperimentali, che già facevano capolino nel debutto (“Genderless”, “On the Water, on the Way”). Altrove emerge il piglio più melodico (“Smart Thing”, “Framed”), in un’alternanza di ritmi perfettamente calcolata, che fa sempre tornare, per paradosso, le impressioni di sfuggevolezza e labilità. Anche per questo continuo mancare, il riascolto è piacevole, persino interessante (un po’ di cerebralità c’è).

Conferma, pur su altri piani rispetto a quanto gli Oufit avevano già proposto. Per ora, del disco, se ne parla poco (ma bene). Vediamo la parabola dove proseguirà.

V Voti

Voto degli utenti: 6,5/10 in media su 1 voto.
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cnmarcy 6,5/10

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