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R Recensione

9/10

Bardo Pond

Lapsed

Bin Laden è morto, ed è una bella notizia per l'Occidente che ha un terrorista in meno da ricercare. Ma noi ce ne freghiamo perchè il vero terrorismo è quello di chi fa una cosa dicendo di far l'opposto. Così come c'è chi lancia bombe in nome della pace, c'è chi costruisce musica per distruggere le coscienze artistiche e sentimentali delle persone (ed è evidente che l'arte dovrebbe invece alimentare tali sentimenti nell'individuo). Questo è l'atto d'accusa che rivolgo ai Bardo Pond.

A loro discolpa si può dire che probabilmente non ne avevano intenzione... che insomma, forse non lo fanno apposta a straziare i nostri cuori con il loro devastante terrorismo sonoro. Eppure era così difficile da prevedere che il loro intreccio tra tradizione heavy-blues, space-noise e psichedelia acida avrebbe avuto effetti dirompenti?

Prendiamo l'impianto di Pick my brain, sei minuti abbondanti di alienazione pura, tra una voce femminile impastata che biascica impunemente zozzerie (“Now I got these niggas tryna pick my brain / And a couple a bitches wanna lick my thang”) mentre in sottofondo ci si lascia andare un blues viscido e ruvido, di grande potenza epica nonostante la ricerca di una voluta monotonia di fondo. Sublime, ma annichilente.

Che dire però soprattutto di Tommy Gun Angel e dei nove minuti di Flux? Roba da far rizzare i capelli a quelle fichette degli Stooges, oppure da far implorare perdono a quelle mezzeseghe dei Dimmu Borgir. Partiamo dalla prima (Tommy Gun Angel), probabilmente uno dei momenti più alti mai raggiunti dalla psichedelia heavy degli ultimi vent'anni: un muro sonoro apocalittico poggiante su una serie di chitarre travolgenti accompagna dall'inizio alla fine un ascoltatore stordito, addolcito soltanto da una compresente dimensione eterea e sognante data dal cantato cupo e avvolgente di Isobel Sollenberger. E il video? L'avete visto il video? Vi rimane ancora voglia di vivere?

Flux è semplicemente la moderna discesa di Dante nelle tenebre degli inferi, attraverso un'accentuarsi della dimensione doom, tra riff violentissimi divisi tra massicce e costanti costruzioni caotiche e deviazioni lisergiche e allucinate.

Il breve tribale di Anandamide è solo un piccolo spartiaque prima delle ulteriori mazzate che il gruppo americano piazza dritto allo stomaco: l'attacco e la progressione di Green Man sono talmente lancinanti che farebbero piangere anche un fiero nichilista (e, ne siamo certi, perfino un risorto Nietzsche). Come infatti si potrebbe rimanere impassibili di fronte ad una costruzione così perfetta, un castello di dolore così puro, fondato su una dialettica tensione-pathos mozzafiato?

Chi non avrebbe un piccolo sussulto di fronte a cotanta pura disperazione, in grado di far trasalire forse più di spettacoli come mille cuori spezzati o centinaia di cadaveri caduti da un barcone? Chi potrebbe obiettare qualcosa all'affermazione che siamo vicini poco meno di una spanna dal raggiungimento di un'avanguardia sonora avanzata e divinamente elevata?

Fortunatamente il cuore viene ridestato da Straw Dog, che recuperando maggiormente la tradizione heavy-blues ci fa uscire dai viaggi allucinogeni per riportarci con almeno un piede per terra.

La chiusura è affidata ad Aldrin, lunga suite di 14 minuti decisamente più impostata su un filone space-kraut fatto di variazioni minimali, escoriazioni elettriche, sfondo shoegaze e tanti, tanti acidi (non per forza musicali).

Terminata l'esperienza mistica l'atto d'accusa ai Bardo Pond rimane: la propria coscienza artistico-musicale è liquefatta, e non solo quella. Se il grigiore brezneviano circondante vi aveva già depressi a sufficienza diventa urgente evitare pillole, droghe, alcoolici e lame da barba per il tempo necessario a tornare all'apatia abituale. Il rischio è l'insostenibilità fisica oltre che emotiva. E nella lotta contro la barbarie quotidiana non ci si può proprio permettere di perdere soldati per la causa. Via ai bombardamenti su Philadelphia quindi. Estirpiamo questo morbo sonoro alla radice prima che realizzi ulteriori squarci emotivi. Possibilmente facciamolo con qualche missile intelligente.

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