R Recensione

8/10

Kinski

Dont' below it's chaos

I Kinski sono uno dei gruppi più rappresentativi del filone psichedelico “pesante” del nuovo millennio. È difficile affrontare in maniera organica la loro musica, che si è mostrata fin da subito in perenne evoluzione con un mix di tendenze e generi diversi . L’approccio iniziale risente chiaramente dell’influenza di un certo tipo di post-rock imperante negli anni ’90  che si affianca fin dall’inizio ad una spiccata attitudine per uno space-rock che parte da Pink Floyd e Hawkwind e trova il suo punto di riferimento principale in due pilastri della psichedelia contemporanea: Bardo Pond e Acid Mothers Temple.Importantissimo è infine anche l’influsso di un certo kraut-rock, specie quello più dilatato e cosmico (Tangerine Dream, i primi Kraftwerk) che spesso va a braccetto con la deriva ambient (Klaus Schulze e Brian Eno). Ultimo, essenziale tassello per completare il D.n.a. del gruppo è infine la componente stoner, che vede nei Kyuss i principali ispiratori.

E' bene dirlo subito: a giudizio del sottoscritto non c’è un solo album dei Kinski che possa essere considerato brutto. Da Be Gentle With the Warm Turtle a Alpine Static fino a questo Don’t Below it’s Chaos il gruppo americano non ha sbagliato un colpo che sia uno. Sebbene l’ispirazione e la qualità siano sempre stati a livelli vertiginosi manca però il disco-capolavoro capace di sparare il gruppo nel firmamento musicale. Quello che potrebbe essere un limite deve invece essere visto come una straordinaria capacità di portare avanti progetti sonori sempre entusiasmanti, anche se tarlati troppo spesso da un’eccessiva propensione a rallentare i ritmi secondo gli stilemi ambient e post-rock. Perché non lasciar scorrere senza pietà tutta la violenza sonora che emerge saltuariamente nelle jam strumentali proposte finora? Naturalmente questa non è che un’opinione personale, da parte di uno che se potesse spezzerebbe la schiena a Klaus Schulze e farebbe il lavaggio del cervello a Brian Eno per convincerlo a rimanere saldo sulla linea di Here Come the Warm Jets e Before and After Science.

Ad ogni modo il gruppo di Seattle è arrivato al sesto disco in studio (settimo se si considera lo split con gli Acid Mothers Temple del 2003) nel giro di otto anni. E nonostante una produzione quantitativamente notevole si può dire che i Kinski continuino a sorprendere. La novità più grossa è l’introduzione del cantato in tre brani, con la voce del chitarrista Chris Martin, fattore che potrebbe far pensare a un’evoluzione verso un sound più “commerciale” o meglio sarebbe dire “vendibile”. In realtà l’unico brano che potrebbe rientrare (a fatica) in un circuito mediatico (mtv, radio) con un certo successo è Child Had To Catch A Train, micidiale incrocio tra Queens of the Stone Age e Black Sabbath in cui Martin si limita a biasciare qualche parola alla svelta per lasciare spazio alla propria chitarra.

In effetti temi stoner (Kyuss) e ricordi heavy metal (Black Sabbath su tutti) sembrano essere le basi su cui sono costruiti i “pezzi brevi”, quelli che non superano i quattro minuti: Crybaby blowout ad esempio propone una spettacolare escalation finale a chiudere una sublime escursione desertica. Dayroom at Narita Int'l è stoner in bilico col rock-blues più sfuggente e viscido dei Blue Cheer mentre Argentina turner alterna momenti di relax con un massiccio e ipnotico incedere alla Black Sabbath. Dimenticando l’unico momento davvero privo di sostanza del disco (lo scialbo e manieristico esercizio stoner di Child had to catch a train) diventa doveroso affrontare i brani più impegnativi, vere e proprie sinfonie come Passwords & Alcohol dove capita di sentire un pizzico di Oneida, un riff rubato a Ben Harper e soprattutto un devastante finale noise che non può non riportare alla mente le prodezze dei Sonic Youth. La capacità dei Kinski di giocare con generi e stili è sorprendente: Boy, Was I Mad! inizia come un mantra alla maniera krauta ma viene presto devastata da una progressione sfuggente alla Bardo Pond che si trascina dietro frammenti stoner e anarchie noise (ancora una volta Sonic Youth in cattedra).

Plan, Steal, Drive, altra maratona di enorme spessore, parte soffice e incantevole nell’atmosfera di uno space-rock lisergico e pacifico. Ovviamente la quieta non dura e subentra il fragore metallico della seconda parte in cui il brano esce dalle sue astrattezze e si ricompone in formato rock mischiando ancora una volta sapientemente soluzioni stoner e noise.

Il disco si chiude con i nove minuti di Silent Biker Type: inizio inquietante, quasi spettrale, che sembra preannunciare un viaggio tetro e misterioso: forse verso le proprie origini dato che il brano è l’unico momento in cui sembrano riaffiorare i trascorsi post-rock del gruppo, pur alleviati da un ampio uso della distorsione e da un’attitudine generale che resta “spaziale”.

Ciononostante il finale non è entusiasmante e delude parzialmente le attese. Forse è l’ennesimo difetto che segue una lunga scia di precedenti. I Kinski non fanno lp-capolavoro. Ci vanno sempre vicino ma non li fanno. Loro spargono gemme preziose qua e là lanciandole per aria. A noi il compito di raccoglierle. E detto fra noi: poteva decisamente andarci peggio.

V Voti

Voto degli utenti: 6,7/10 in media su 3 voti.
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REBBY 6/10

C Commenti

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Ivor the engine driver (ha votato 7 questo disco) alle 9:20 del 5 ottobre 2007 ha scritto:

mah?!

Più o meno la penso come te. Non hanno mai fatto e non faranno mai un disco capolavoro, anche se bravi. Stavo per acquistarlo ma come il resto della loro produzione all'inizio grido al miracolo e poi stancano immediatamente (fece la stessa fine Alpine Static). Secondo me gli metti dei rimandi un po' troppo buoni per loro (io i Bardo Pond proprio non ce li sento) e di gente che fa space rock alla hawkwind ce n'è di ben migliori in giro (se sei uno che mastica sta roba i nomi li sai). Unico pregio del disco è di non perdersi in lungaggini ambient che nel mezzo di sfuriate chitarristiche sono solo esercizi di stile. Qui si bada alla sostanza e va bene. Il problema è che, almeno per me non hanno un loro sound, mi rimangono perennemente anonimi.