Moon Duo
Circles
No, i Moon Duo non sono la riedizione psichedelica della strana coppia.
Sono una coppia si, e forse sono anche un po strani, ma sono, soprattutto, tra i più credibili alfieri dello space-rock. Al secolo sono Erik Ripley Johnson, voce e chitarra, e Sanae Yamada, keybords. Circles è il loro terzo disco, in poco più di un biennio di girovogare artistico, sui polverosi palchi di mezzo mondo, e personale, dalla California al meditativo Colorado. Dal migrar del corpo al vagare della mente si sa, è un attimo, e il duo si abbandona alle letture impegnate del pensatore statunitense Emerson, la cui idea di superanima sembra impossessarsi della creatività dei nostri. Lassù, tra le montagne rocciose, partendo dallomonimo saggio del filosofo del trascendente, nasce lidea di Circles.
I Moon Duo, pur coerenti a se stessi, si evolvono verso una sapiente maturità artistica e, perché no, uninedita furbizia commerciale. I riff immediati e penetranti restano il fulcro del progetto, tanto quanto le psichedeliche atmosfere seventies e le cosmiche armonie di tastiera, ma rispetto al passato la spontaneità cede il passo ad una maggiore cura dei suoni e degli arrangiamenti, valorizzati da unaccurata opera di post produzione. Sorprende il cantato, sempre accennato, ma meno sfuggente e più modulato che in passato. Il risultato di tale upgrade sono i Moon Duo 2.0 e loutput che ne deriva è Circles, confezionato tra Colorado, San Franscisco e Berlino, e distribuito dalla Sacred Bones.
Concentrico ed ipnotico, il disco di divide in due emisferi. Da una parte lammiccante e ritmata andatura delle raggianti I Can see, le melodie sovrapposte di Free Action e la sensuale titletrack, dai suoni pulitissimi privi delle usuali distorsioni. Dallaltra i pregevoli tentativi di contaminazione psycho-grunge made in West Coast, dallamalgama di psichedelia e riff a-la Nirvana, delle varie I been gone, lopener Sleepwalker, cantata in tandem, e le deliziose gemelle Dance part III e Sparks. Il riff è sostanzialmente sempre lo stesso e comuni sono anche i ritmi cadenzati, le ripetizioni ossessive e gli onnipresenti, sguscianti ed efficacissimi guitar-solo. Immancabili i consueti finali sfumati, ad assecondare quel circolare senso di infinito, fulcro del concept e magnificamente trasmesso attraverso la musica del duo. A distaccarsi in parte dal lotto, lincidere slow stoner delloscura Rolling Out, episodio più lungo e soffocante del disco, e leterea perla Trails, con il suo onirico crescendo pinkfloydiano al termine del consueto avanzare ripetitivo.
No, i Moon Duo non sono neanche una distrazione dalaltra band di Johnson, i Wooden Shjips, sono una realtà in evoluzione che regala schizzi psichedelici sotto forma di piccole gocce di LSD musicale.
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