Muse
Drones
Quando, nel paleozoico digitale, acquistai il mio primo computer, la prima cosa che feci fu installare Napster. E immediatamente dopo, scaricai da Napster la mia prima canzone. Ne seguiranno circa un trilione, ma la prima che scaricai fu "Muscle Museum" dei Muse. Era davvero un bel pezzo: suonato e cantato benissimo, epico quanto bastava per soddisfare le mie necessità post-metallare ma anche sufficientemente moderno da farmi sentire "musicalmente adulto".
Da allora è passato talmente tanto tempo che ormai mi sento "musicalmente vecchio". La carriera dei Muse però l'ho seguita sempre a distanza di sicurezza, sia quando sembravano confermare le prime buone impressioni (da "Origin of Symmetry", ad esempio, salverei almeno "Plug in baby"), sia quando la rotta sembrava definitivamente smarrita. Le ultime uscite della band di Matthew Bellamy, con quell'accozzaglia di elettronica e musica sinfonica buttata a casaccio nella raccolta indifferenziata, le trovai semplicemente imbarazzanti.
Poi è successa una cosa grave: ho visto Simona Ventura in televisione affermare che (cito testualmente) "i Muse sono la migliore band del mondo". Capite? Simona Ventura. Dai, poveri Muse. A me spiace sinceramente. Ricevere un complimento artistico da una così è umiliante. E' come per un medico ricevere le congratulazioni del dottor Mengele. O per un giornalista il premio Pulitzer dalle mani di Sallusti. Loro ci hanno anche provato a sfancularla pubblicamente durante una sua trasmissione, ma la ferita rimane. Così, un po' per empatia personale e un po' per quel ricordo legato a "Muscle Museum", oggi mi sono procurato il loro settimo album: "Drones". E mi sforzerò di parlarne con obiettività.
Leggo in giro che "Drones" è un concept-album incentrato sul processo di deumanizzazione del mondo. Poco prima della pubblicazione, Bellamy ha dichiarato: "Il mondo è dominato da droni che utilizzano altri droni per trasformarci tutti in droni. Questo album analizza il viaggio di un essere umano, dalla sua perdita di speranza e dal senso di abbandono, al suo indottrinamento dal sistema per divenire un drone umano, fino all'eventuale defezione da parte dei loro oppressori". Eeeh? Il mondo è dominato da droni che fanno i droni per diventare droni? Vabbeh, lasciamo stare il concept e dedichiamoci al caro, vecchio e neutro track-by-track.
"Dead Inside": gran bel pezzo rock memore dei vecchi tempi. L'elettronica è solo accessoria e lascia esposti un bel sentore anni '80 e uno splendido lavoro della sezione ritmica. Curata e orecchiabile la parte vocale, che facilita una resa finale energica e farà la sua bella figura nelle esibizioni live. Una versione amplificata degli U2.
"Drill Seargeant": piccolo intermezzo recitato che ricrea un dialogo "da caserma" sullo stile di quello di "Full Metal Jacket". Pare che i Muse volessero inserirne uno preso da qualche film famoso, ma non avendo ottenuto i permessi, ne abbiano ricreato uno in studio.
"Psycho": secondo alcuni è un plagio bello e buono. Il riff pare sia identico a quello di "Like!" degli italiani Autumn's Rain. In effetti è identico. Peccato che nessuno abbia ricordato agli Autumn's Rain che il riff di "Like!" lo avevano preso di peso (o quasi) dai Doors di "Roadhouse Blues", che a loro volta lo avevano recuperato da chissà quale vecchio blues, eccetera eccetera... . Discreto brano blues vitaminizzato. Più Marilyn Manson che Doors, a dire il vero.
"Mercy": tentativo caciarone di inserirsi nel filone melodico alla Coldplay. Unito ai coretti che sembrano arrivare da "Bycicle Race" dei Queen e a quei saliscendi elettronici di sottofondo, ecco che salta fuori il disastro.
"Reapers": il riff e l'uso degli assoli ricordano molto i Rage Against the Machine. Ma nel 2015 non si può iniziare un brano in tapping. Non lo farebbe più neanche Eddie Van Halen, e poi credo proprio che sia vietato da qualche convenzione internazionale.
"The Handler": altro brano sommariamente convincente, suonato bene.
"Jfk": sample preso da un discorso di John Fitzgerald Kennedy.
"Defector": Queen meets AC/Dc. Non credo che il Kennedy di cui sopra abbia lottato e sia morto per un futuro così.
"Revolt": ballata agghiacciante, come se Bono Vox lasciasse gli U2 per entrare nei Bon Jovi e si mettesse a cantare come Mika per l'occasione. Dolore puro....
Dai, basta così. Alla fine non ci arrivo. Tanto se al fondo dovesse esserci qualche perla siamo sicuri che Simona non mancherà di farcelo sapere.
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