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R Recensione

7/10

Band of Horses

Infinite Arms

Siete già stufi dei nuovi (indie)rocker barbuti? Se la vostra risposta è negativa potete dare il bentornato ai Band Of Horses. Il gruppo in (ex)quota Subpop che qualche anno fa aveva stupito per quel modo particolare di rivisitare la tradizione americana con un’attitudine atipicamente grunge. Barbe incolte, camice a scacchi, aspetto sgualcito e chitarre spiegate, ma al rallentatore: vi ricordate “First Song”?

Sono passati ben sei anni dall’ottimo "Everything All The Time" e tre dal discreto "Cease To Begin" e la band dei cavalli è cresciuta sia in numero, con l’ingresso di Tyler Ramsey e Bill Reynolds, che in maturità.

È lo stesso Ben Bridwell a dire che questo "Infinite Arms" è in qualche modo il primo vero album dei Band Of Horses. Definizione per alcuni versi motivata,  anche se i dischi precedenti rimangono, a mio parere, un gradino più in alto per imprevedibilità e pathos. Il nuovo disco, il primo per una major (Columbia), benché meno carico dal punto di vista emozionale, ha però dalla sua una coerenza ed una corposità sonora latenti nei capitoli precedenti. Si potrebbe dire che con "Infinite Arms" gli Horses abbiano trovato il loro sound completo, colmando una volta per tutte quelle mancanze tecniche che costringevano la band a dimenarsi tra una dimensione acustica ed una elettrica.

Se "Everything All The Time" era il disco della malinconia e "Cease To Begin" quello della tensione, "Infinite Arms" è il disco delle ballate aperte, degli squarci azzurri oltre la coltre. Se prima era Neil Young la pallida luce che guidava i “cavalli” , ora ci sono gli Eagles o addirittura i Beach Boys che si ergono come un pieno sole in un cielo terso da vertigini, mentre la mandria si può disperdere in una corsa liberatoria verso la frontiera.

Come mostra la copertina stessa del disco anche la notte è illuminata in questa nuova ricerca degli Horses, una ricerca della natura che non potendo essere pionierismo diventa omaggio devoto e sincero alla tradizione americana delle grandi pianure, di una frontiera che, sconfitta dalla storia, rimane viva nell’immaginario. Non è un caso che l’unica pausa del disco è rappresentata da un brano come “Factory” che cerca forzatamente di trascinare i “cavalli” nelle classifiche mainstream risultando però troppo pomposo e artefatto.

Per il resto "Infinite Arms" è un album sopra la media dove la genuinità dei nostri si trasforma in semplici ed efficaci sferragliate di rock come “Compliments”,” Laredo”, “Dilly” e ”Northwest Apartment”, e più spesso in sognanti ballate come “Blue Beard”, “Way Back Home”, ”Evening Kitchen”, ”Older”, “Trudy”, e soprattutto la splendida “Infinite Arms”.

Forse neanche stavolta, come già successo con il disco precedente, ci saranno brani capaci di resistere al tempo come le ormai inossidabili “The Funeral”, “First Song” e “Great Salt Lake”, ma l’olimpo del rock è sempre più vicino. Non a caso i Band Of Horses proprio quest’ estate saranno in tour a dividere il palco con i Pearl Jam. Da sentire.

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Voto degli utenti: 6,4/10 in media su 5 voti.
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Bandit 6/10
brian 6/10
target 5/10

C Commenti

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Bandit (ha votato 6 questo disco) alle 18:26 del 19 maggio 2010 ha scritto:

Per niente d'accordo, gli Horses si sono parecchio ammosciati con questo disco. Da EATT a questo, passando per CTB, la parabola di imbolsimento mi sembra del tutto compiuta.

Sufficienza raggiunta per affetto

bill_carson alle 18:30 del 19 maggio 2010 ha scritto:

olimpo del rock???

Bah, i due dischi precedenti erano uno peggiore dell'altro: folk-rockettino smosciapalle. Poi magari questo è buono, non si sa mai, non lo so.

Se apriranno per i PJ è solo perchè son loro

concittadini, probabilmente si conoscono, oppure è una trovata dei tourmanager quella di abbinare ad una band ormai storica di Seattle un giovane gruppo emergente proveniente dalla stessa città.

Cioè non credo affatto sia un'investitura andare in tour coi PJ.

Bandit (ha votato 6 questo disco) alle 18:31 del 19 maggio 2010 ha scritto:

Folk-rockettino smosciapalle???

farmerjohn, autore, alle 20:26 del 19 maggio 2010 ha scritto:

folk smosciapalle è un tuo giudizio che posso pure rispettare, ma dire che il tour con i pearl jam non sia un'investitura mi sembra proprio una mistificazione della realtà... potresti nominarmi 100 gruppi che io stroncherei con tre aggettivi come hai fatto tu, però bisogna stare ai fatti, ed i fatti dicono che i Band of Horses sono un gruppo in ascesa

bill_carson alle 15:01 del 21 maggio 2010 ha scritto:

e' chiaro che ci sono andato giù un pò lapidario

è solo che per me i band of horses rappresentano alla perfezione il prototipo di banducola indie che fa musica dozzinale e trascurabile che piace all'audience indie perchè molto indie.

negli anni '90 tiranneggiava lo stereotipo crunge, oggi(in modo diverso) è importante che tu corrisponda a certi "canoni indie".

cioè, son più importanti lo stile, il modo di porsi, il modo di stare sul mercato che IL SONGWRITING.

l'unico merito dei band of horses è che sono molto indie, in giro per gli States ci sono centinaia di band affini agli horses che scrivono canzoni molto migliori, con testi migliori, cantanti migliori, più personalità e suoni più marcati.

Provate a consultate un sito come rootshighway ogni tanto, non esiste solo la roba promozionata da pitchfork.

Bandit (ha votato 6 questo disco) alle 18:46 del 21 maggio 2010 ha scritto:

Beh a questo punto sarebbe bello sapere quali sono queste band che hanno fatto cosi' bene rispetto agli horses... Fra l'altro il disco in questione è stato pure stroncato da Pitchfork, ma queste polemiche intergenerazionali (questo mi viene da pensare dato il parteggiamento per rootshighway) hanno vita breve.

target (ha votato 5 questo disco) alle 18:55 del 21 maggio 2010 ha scritto:

Sì, in effetti questo rootshighway, a una prima occhiata colpevolmente (ma anche no) distratta, mi sembra, come dire, un sito un po' 'agé'... Quanto alla definizione di folk rockettino smosciapalle applicata ai Band of horses, la approvo, ma solo per questo disco.

farmerjohn, autore, alle 18:58 del 21 maggio 2010 ha scritto:

bè se me li metti a confronto con gli Arcade Fire (visto il tuo avatar) sono dalla tua parte, ma ce ne fossero di band come gli Horses, il primo disco poi secondo me è ottimo e non era stato per niente pubblicizzato al tempo. Per quanto riguarda il look, trovami una band che non cade in quel clichè oggi come oggi e poi anche la parola indie ormai ha perso tutto il suo significato. Con rootshighway ci sono cresciuto eppure adesso preferisco di gran lunga IlMucchio, molto più eclettico

bill_carson alle 10:40 del 24 maggio 2010 ha scritto:

toh...

è arrivato il 6ino di rootshighway.

Bè, è normale che dopo aver ascoltato quella cosa stupenda che è il nuovo Peter Wolf si faccia fatica ad apprezzare i Band Of Horses. Discorso del cavolo eh , però volevo dirlo.

Comunque non intendevo dire che i Band Of Horses facciano folk-rock. Semplicemente alternano brani folk-pop e slanci rockettari piuttosto classici.

Bandit (ha votato 6 questo disco) alle 10:42 del 24 maggio 2010 ha scritto:

Ma cosa c'entra, a quest'ultimo dei Band Of Horses è normale dare un voto mediocre, il gruppo ha chiaramente tirato i remi in barca. Everything All The Time non era certo moscio

farmerjohn, autore, alle 20:12 del 24 maggio 2010 ha scritto:

peter wolf ?

Ok questo disco degli horses non è sicuramente Blonde On Blonde, però anche tu mi spacci il nuovo di P.Wolf come stupendo ??? Non sò voi ma io ne ho abbastanza di cloni di Bob Dylan figuriamoci se poi questi somigliano più a Jacob che al papà... Se questo di Peter Wolf è un discone allora Tom Petty è il dio del rock !

REBBY alle 8:36 del 25 maggio 2010 ha scritto:

Mizziga! Ma esiste davvero Peter Wolf ed ha appena fatto un disco (è più stagionato di me eheh). Inizialmente ho pensato ad un lapsus di Irakaplan (che volesse dire Patrick), ma la

risposta di farmerjohn mi ha messo in campana...

bill_carson alle 14:21 del 26 maggio 2010 ha scritto:

toh...

è arrivato il 6ino di rootshighway .

non capisco cosa c'entri il mucchio con rootshighway. rootshighway è una guida per la musica blues, contry-rock, folk, alt-country, "americana". Talvolta recensiscono anche qualche disco pop.

Il Mucchio è una rivista che recensisce di tutto: metal, pop-rock, hip-hop, soul, hard-core, trip-hop.

io ho solo detto che se uno vuole appofondire e tenersi aggiornato su un certo tipo di rock "classico" quello lì è un buon sito.

si può anche consultare più di una fonte eh.

farmerjohn, autore, alle 16:50 del 26 maggio 2010 ha scritto:

infatti

preferisco il mucchio proprio per la sua ecletticità, come ti avevo gia scritto. Prima leggevo buscadero ma mi portava ad ascolatre dischi tutti uguali, proprio come quello di Peter Wolf....

bill_carson alle 18:41 del 26 maggio 2010 ha scritto:

si però...

Peter Wolf clone di Bob Dylan???

Il ragazzo ha 60 anni, è in giro dalla fine dei sixties, ha inciso valanghe di dischi con la J Geils Band e da solista e non è esattamente l'ultimo pirla arrivato.

Boh, fai dei discorsi strani. Porca puttana, ma non è che se leggi rootshighway ti iscrivi ad un partito eh, puoi leggere rootshighway e Blow Up o quello che diavolo ti pare. Solo che quel sito lì è ottimo se tu vuoi veramente conoscere e approfondire un CERTO TIPO di musica, ribabadendo che poi si interessano anche ad altro.

Se poi tu lo usavi per aggiornarti sulle nuove uscite in generale beh, il problema era il tuo, che non avevi capito. Loro si propongono di essere UNA GUIDA per il roots-rock(nel senso più lato possibile).

Il mio discorso è molto semplice: i Band Of Horses fanno un genere che bene o male è sempre vivo in tettitorio statunitense e canadese e ci sono un sacco di artisti davvero in gamba che hanno poca esposizione mediatica. Ora, questi qui hanno avuto l'unico merito di attaccarsi al carro indie, facendosi promozionare dai media che si occupano di indie. Succede ch l'audience indie formatosi attraverso determinati canali non conosce il roots-rock(e le affermazioni su Peter Wolf lo dimostrano) e imbattendosi in un disco come Infinite Arms rischia di esaltarsi per un gruppetto di scarsa personalità che offre una scrittura dozzinale, uno stile insicuro e un suono piuttosto anonimo.

Fa effetto veder scritto cose tipo "ah, pare che esista questo Patrick Wolf".

A ben vedere è la prova di quanto vado affermando.

ps: chiedo scusa per essermi parzialmente ripetuto nei due precedenti post.

REBBY alle 19:07 del 26 maggio 2010 ha scritto:

"ah, pare che esista questo Patrick (intendevi

Peter vero? E quindi si puo sbagliare a scrivere

vero?) Wolf". Si non conoscevo Peter Wolf (ma vedi che mi sono informato e ho detto che è più vecchio di me), non è che si può conoscere tutti eh. E poi a me il roots rock americano in genere non piace molto. Non penso però che il mio

intervento sia funzionale al tuo discorso (è prova solo che il rebby non conosceva Peter Wolf).

farmerjohn, autore, alle 20:39 del 26 maggio 2010 ha scritto:

irakaplan

Non ti devi scusare per esserti ripetuto, forse lo dovresti fare per esserti scaldato troppo... Comunque il roots lo mastico parecchio, ero innamorato di band come Uncle Tupelo, Say Zuzu, Slobberbone ecc. e di artisti come Hayden Desser, Phil Ochs, Joe Ely ecc.. dovresti conoscerli (spero) eppure ora trovo più piacevole ascoltare gli Horses, che non sono e non saranno mai i Pink Floyd (tanto per essere chiari). La musica è un territorio per fortuna soggettivo ed io sono convinto che P.Wolf, Bob Seger e tanti altri sono tutti cloni di Bob Dylan, poi ogni tanto qualcosa di buono l'hanno anche realizzato.