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R Recensione

10/10

Lou Reed

New York

E poi dicono che studiare non serve. Durante il mio breve soggiorno universitario in quel di Teramo (era il 1989), vagavo per la città alla ricerca di un negozio di (allora) dischi e musicassette. Non c’era internet, non c’erano blog dai quali attingere musica, ma solo riviste e passaparola, per cui a quei tempi compravo le cassette a scatola chiusa, (leggi a culo) con la speranza di azzeccare l’acquisto. Dopo tanto andare, in una vetrina del centro, (so)immerso da una quantità enorme di dischi con copertine patinate e coloratissime (simply red, bon jovi et similia), scorsi una copertina totalmente in bianco e nero che, come una calamita, attirò il mio volto alla vetrina con tanto di naso appiccicato e relativa appannata.Era appunto il nuovo di Lou Reed “New York”, del quale ne lessi un gran bene.

Presi così la decisione d privare le mie tasche di 15.000 lire necessarie al mio fabbisogno alimentare (diciamo che la mensa non era il massimo, ma 5 giorni consecutivi di wurstel metterebbero a dura prova qualsiasi intestino: adesso li guardo terrorizzato tanto quanto Gattuso che fa un dribbling), e acquistai quello che credo sia il disco che raccoglie il meglio dell’artista Lou Reed, ovvero la musica e la letteratura. È uno stupendo disco di rock, con canzoni tirate (Strawman, Busload of Faith, There is No Time), altre meno (Sick of You, Romeo had Juliet) , altre ancora più rilassate che rimandano a volte ai Velvet Underground (Dime Store Mistery nella quale, guarda caso, c’è Maureen Tucker alla batteria, Xmas in February).

Tutto funziona al meglio grazie anche all’ottima vena della band e alle congiunzioni astrali favorevoli (quelle non devono mancare mai). Dicevo un gran disco di musica, ma anche un bellissimo libro di racconti su New York e delle amare storie che quotidianamente avvelenano la città. La verità secondo Reed nuda e cruda senza censure, dove Pedro vuole scappare via dallo sporco Boulevard “Portatemi gli affamati, gli stanchi, i poveri e gli piscierò addosso/questo è ciò che la Statua dell'Intolleranza dice/le vostre masse di poveri accalcati picchiamoli a sangue facciamola finita/ e buttiamoli nel boulevard”; dove Sam non riesce a dimenticare gli orrori della guerra “Sammy stava nascosto nella giungla/il Napalm spalmato sul cielo come marmellata/Hendrix suonava da qualche jukebox straniero/loro pregavano di cavarsela/quei musi gialli erano feroci e coraggiosi/quello è il prezzo da pagare quando sei l’invasore”. Ce ne anche per i crimini ambientali in Last Great American Whale “ Beh, agli americani non importa niente di niente/men che mai dell'acqua e della terra/e la vita animale sta nella parte più bassa del loro totem/ con la vita umana che vale meno di schiuma infetta/ Agli americani non frega niente della bellezza/ cagano nei fiumi scaricano l'acido delle batterie nei ruscelli/ guardano i ratti morti sbattuti sulla spiaggia e si lamentano se non possono farsi il bagno. Dicono che le cose sono fatte per la Maggioranza/ non credere alla metà di ciò che vedi e a niente di ciò che senti

è un po' quello che mi diceva il mio amico pittore Donald: "ficca loro una forchetta in culo e voltali: sono pronti".

Può bastare? Un bellissimo disco, un bellissimo libro, tutto in uno. Certo, il tomo di Diritto Privato è ancora lì, sottolineato fino a pagina 43, che aspetta di essere – perlomeno -   sfogliato fino alla fine, ma a meno non me lo venga a chiedere Lou Reed in persona (e ci dovrà pure scrivere una canzone, altrimenti non accetto), non credo succederà più. “New York” ha quasi vent’anni, Reed 66: Dio salvi l’ultima grande balena americana.

V Voti

Voto degli utenti: 8,3/10 in media su 16 voti.
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sarah 8/10
lady elk 10/10
fgodzilla 9,5/10
zagor 7,5/10

C Commenti

Ci sono 8 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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DonJunio (ha votato 9 questo disco) alle 0:21 del 17 giugno 2009 ha scritto:

But the lights are out on the mean streets...

Uno dei Reed migliori di sempre. Lou dipinge una serie di personaggi da antologia: dal Pedro di "Dirty Boulevard" ai caduti dell'Aids in "Hallowwen Parade" ( che si riallaccia a certe tematiche di "Transformer"), dal Waldheim razzista agli innamorati atipici di "Romeo had Juliette". E la musica è da favola, tra rock and roll tiratissimo e rallentamenti sublimi.

bargeld (ha votato 8 questo disco) alle 18:58 del 26 giugno 2009 ha scritto:

posto che a new york ho sempre preferito berlin e ancor di più transformer, oltre al trittico sacro coi velvet... resta un grande disco di una rockstar che adoro. Recensione all'altezza (o quasi!).

sarah (ha votato 8 questo disco) alle 20:08 del 16 luglio 2009 ha scritto:

Veramente un gran disco, di oco inferiore a " magic and loss" tra quelli del Reed maturo....

NathanAdler77 (ha votato 9 questo disco) alle 21:38 del 16 luglio 2009 ha scritto:

There Is No Time.

Capolavoro adulto e ode definitiva alla "sua" NYC.

Un'opera letteraria, al di là della superba musica

suonata da Reed, Rathke, Wasserman e Maher.

dalvans (ha votato 5 questo disco) alle 21:23 del 24 settembre 2011 ha scritto:

Tedioso

Mai piaciuto

fgodzilla (ha votato 9,5 questo disco) alle 10:55 del 2 agosto 2013 ha scritto:

imprescindibile

fgodzilla (ha votato 9,5 questo disco) alle 10:55 del 2 agosto 2013 ha scritto:

imprescindibile

zagor (ha votato 7,5 questo disco) alle 21:24 del 14 settembre 2013 ha scritto:

disco memorabile più per i testi e per le interpretazioni del vecchio lou che per la musica ( da quel punto di visto ha fatto di meglio e con più varietà stilistica).