R Recensione

8/10

Neil Young

Mirror Ball

La grandezza di un musicista, e in questo caso di Neil Young sta nel non fossilizzarsi in stereotipi musicali. Mirror Ball è il disco che conferma questa regola.

L’immagine ancora saldamente radicata nella mente di molti è quella del cantautore triste e solitario di “Harvest” (1972), del cantautore pacato di “Comes a time” (1978), o del vecchio bisonte che combatte la ruggine di “Rust Never Sleeps” (1979). Anche se tuttavia già nel corso degli anni ’70 Young aveva ripetutamente cercato di ridefinire il proprio ruolo e la propria statura umana e artistica attraverso scelte radicali ed estreme, a volte tutt’altro che popolari. Non bisogna dimenticare che all’epoca l’uscita di dischi ora osannati come “Times Fades Away”, “On The Beach”, e soprattutto “Tonight’s The Night” furono salutati come dei funerali artistici del canadese. Negli anni ’80 e successivamente, il compito è stato quello di demolire riuscendoci quella popolarità che gli derivava da un passato così glorioso. E disco dopo disco Neil non sbaglia un colpo, “Freedom”, “Weld”, “Harvest Moon”, diventano sfide personali per dimostrare a se stesso che è ancora in grado di fare buona (o meglio, ottima) musica.

Questo lavoro, potente, elettrico e carico di adrenalina è un’altra ennesima sfida, data soprattutto dal fatto che non si affida ai soliti amici “Crazy Horse”, ma ad un gruppo molto in auge: i Pearl Jam. “Mirror Ball” mette in sintonia due diverse generazioni, incastrandosi perfettamente l’uno nell’altro, come se da sempre la band di Seattle fosse il gruppo di Young.

Tutti gli undici brani del disco sono scritti da Young. Il brano di apertura “Song X” è di presa immediata, potente e fresco, un valzer tipicamente younghiano. “Act Of Love” splendido , è un magma sonoro incandescente, con tre chitarre elettriche che impazziscono inseguendosi e disegnando un suono sporco e ruvido, la voce del canadese è acuta e la parte strumentale dei Jam è semplicemente perfetta.

I’m The Ocean” altro brano elettrico ed epocale, il suono è poderoso, i Pearl sono lanciati come una locomotiva a tutta velocità, la voce di Neil è superba, vibrante, è un brano capolavoro. “Big Green Country” è più morbido dei tre precedenti, ma scorre come un fiume in piena, trasportato nella corrente dalle chitarre dei Jam che bene sanno fare la band al servizio del canadese. “Truth Be Known” altro grande scenario sonoro. Nostalgica e piena di pathos la chitarra elettrica è quella di Young e si sente nel modo di suonare unico e personale. È una ballata vecchio stampo adatta comunque al tempo reale. Unica e secondo capolavoro dell’album.

Downtown” è il brano più stonesiano del disco (non dimentichiamoci che Young è un loro grande fan). La canzone è possente, solida e piena di feeling. La voce esile di Neil lascia spazio alle jam chitarristiche dei PJ per un altro grande brano. La settima composizione dell’album “What Happened Yesterday” dura appena trenta secondi, è un frammento triste ed intenso, per poi passare a un diluvio sonoro che è “Peace And Love” con la voce di Eddie Vedder (finora relegato ai cori). Il brano è sempre molto elettrico e malinconico, i riff chitarristici danno uno spessore a questa canzone da renderla superlativa e grande composizione. “Throw Your Hatred Down” ricorda le cavalcate sonore chitarristiche che solo il nostro canadese ci ha saputo regalare. L’esecuzione è da manuale, con il motivo centrale ripetuto più volte e quindi più facilmente memorizzabile. Il penultimo brano “Scenery” è un ricamo intrecciato. Le tre chitarre si rincorrono e si incrociano, creando un fondo emozionale prima di lasciarci con l’ultimo brano del disco che porta il titolo di “Fallen Angel”, novanta secondi di organo a canne con la melodia che ci richiama “I’m the ocean”. Finale breve ed intenso che probabilmente è dedicato allo scomparso Cobain.

Un disco di puro rock, esaltante e coinvolgente. Un altro grande disco dell’intramontabile canadese, con i Pearl Jam non come bonus, ma come colonna portante dell’intera opera.

Una collaborazione fra vecchio e nuovo per creare una musica poderosa e sana per le nostre orecchie e la nostra mente.

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Voto degli utenti: 7,6/10 in media su 10 voti.
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Pex 7/10
NDP 10/10
luca.r 4,5/10
cico57 9/10

C Commenti

Ci sono 4 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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DonJunio (ha votato 7 questo disco) alle 14:09 del 11 marzo 2008 ha scritto:

Throw your weapons down!

Album che segnò il momento più fulgido della resurrezione Younghiana negli anni 90: collaborazione col gruppo americano più popolare all'epoca, suoi diretti discendenti e copertine di tutti i giornali musicali assicurate. Nonostante soffi un po' il vento della istituzionalizzazione, Neil non si fa intrappolare troppo dai cliché. Il piglio è quello pugnace di sempre, sia negli attacchi alla legislazione americana in materia di vendita di armi ( " Throw your hatred down" è un piccolo classico nel suo repertorio anni 90),sia nell'evocazione dei consueti spettri della fama e del successo che tanto hanno ispirato il grunge ( l'avvolgente "Scenery"). Il resto funziona in maniera piacevolmente prevedeibile, anche se i Pearl Jam non hanno l'elasticità dei Crazy Horse e il predecessore "sleeps with angels" aveva ben altro spessore.

folktronic (ha votato 7 questo disco) alle 1:13 del 14 novembre 2010 ha scritto:

Lo comprai quando usci'....adesso mi piace di piu' di allora.

ThirdEye (ha votato 8 questo disco) alle 22:32 del 18 marzo 2012 ha scritto:

Yes

L'ultimo fuoco di Neil..

cico57 (ha votato 9 questo disco) alle 19:26 del 15 settembre 2018 ha scritto:

Bellissimo, e sottovalutato