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R Recensione

10/10

R.e.m.

Automatic For The People

Nel 1992 il mondo della musica era quello che era: gli anni ’80 appena dietro le spalle (a tratti spaventosi, con spalline che diventarono spallone, con i glitter che diventarono vestiti di plastica), ed il grunge che iniziava la sua (breve) corsa con la speranza addosso di essere la nuova rivoluzione (dopo quella del punk del ’77) in grado di spazzare via tutto. In mezzo a tutto questo, le due rock band più grandi del mondo (in termini di copie vendute, in termini di fan), gli U2 ed i REM, si comportarono in modo curiosamente affine, se non speculare: a partire cioè dagli anni ’90 misero in discussione il loro status e la musica che avevano fatto fino ad allora per intraprendere strade più scivolose, ma (talvolta) non prive di fascino e di merito.

E se il risultato degli U2 è stato spesso al di sotto delle aspettative (tanto da indurli a fare più di una volta una finta retromarcia con album che occhieggiavano ai loro anni migliori), i REM invece hanno portato avanti con ostinazione il loro progetto di scrivere canzoni che prescindessero dal primo ascolto, dai soliti riferimenti noti come Buck e la sua Rickenbacker debitrice del pop anni ’60, come i coretti di Mills, arrivando Stipe persino ad iniziare a scrivere testi comprensibili.

Automatic for the People di questa parabola (probabilmente conclusasi con il ritorno di Accelerate ad un rock più dinamico ed ingenuo), rappresenta il momento migliore, quello in cui (come poche volte è accaduto nella storia della musica popolare) il successo commerciale ha baciato un album che concede ben poche gioie transitorie al proprio pubblico: oltre ad essere considerato un’opera dedicata all’argomento della morte ( credenza che, ai tempi dell’uscita di  Automatic venne alimentata anche dalle dicerie che davano Stipe gravemente malato -Stipe, dal canto suo, rifiutava di entrare nella questione, pare proprio perché sensibile all’argomento, e favorevole al contempo ad una maggiore sensibilizzazione sull’AIDS), in quest’album vengono a trovarsi solo tre veri e propri rockers, lasciando così invece la maggior parte dello spazio a ballate e midtempo.

Ma si diceva album che parla di morte… Ecco quindi il Monty Clift di Monty got a raw deal: un arpeggio acustico di Buck apre la strada ad una canzone in cui la voce di Stipe, bassa e povera di elementi melodici, racconta, tra partecipazione, rassegnazione, e celebrazione, la vita di quest’uomo solo, mentre la band prosegue con pochi scatti, e con la voce di Mills a fare di tanto in tanto da contraltare fantasmatico (sentirlo ripetere “Don’t you waste your breath” in un lontano background della registrazione mette i brividi). Ecco poi la sobria leggerezza di Try not to breath, che, incastonata tra due chitarre che si rincorrono (un’acustica ed un’elettrica) in arpeggi e fraseggi, tratta in realtà di eutanasia. Ed ecco anche “Sweetness follows” –tema: il confronto con la morte dei propri cari– con il suo incipit in cui violoncello ed acustica prima, ed organo poi, concorrono a creare uno dei più begli impasti sonori di sempre (possono venire in mente magari alcune immagini create da Joe Boyd per il Nick Drake di Five Leaves Left, oppure alcune profondità conosciute  a certo folk inglese), grazie probabilmente all’aiuto del Led Zep John Paul Jones agli arrangiamenti (per gli archi).   

Ma Automatic è più della somma di alcune canzoni in un tracklist. L’album tutto è intessuto di una rara capacità di combinare ethos e pathos: Stipe, Buck, Mills, e Berry riescono a creare una musica che, contemporaneamente, dà emozione e pretende attenzione per qualcosa al di fuori di essa. Automatic è un album che, come pochi nella storia della musica, è un simulacro della società che lo ha creato, e ne è al contempo un suo osservatore partecipe (e che chiede partecipazione). Lo è tanto più perché il momento della Storia che nel suo piccolo racconta è un momento confuso, per niente fascinoso, e un po’ grigio: quegli anni all’inizio dei ’90 che si erano lasciati alle spalle la guerra fredda, gli idealismi di buona parte del Novecento e non solo; ma che d’altro canto furono anche gli anni in cui  altre paure (l’AIDS, la guerra) non sembravano voler sparire,  anni di incertezze, tanto morali quanto politiche (il boom della new economy, e poi di internet, che cambiarono il volto della comunicazione a fine millennio; la cosiddetta “fine della Storia”…).

Forse questa è una lettura anomala, forzata persino, di quest’album, ma è difficile non percepire come Automatic sia permeato da una ricerca di qualcosa che non c’è più o che ancora non c’è. Una nostalgia luminosa che guarda dietro e davanti a sé. Si vedano le candide immagini di un’adolescenza perduta nell’idilliaca ballata Nightswimming, con il suo piano che carezza arpeggi e la voce di Stipe che plana delicatamente sui versi (These things they go away/Replaced by everyday); si veda il piccolo quadro di manie e rimandi pop dentro al mondo del comico Andy Kaufman in Man on the moon (i versi iniziali Mott The Hoople and the game of life, oppure  Stipe che prima parla di Elvis e poi ne fa una goffa imitazione con un hey baby da bacio e fuga).

Si vedano allora le scelte fatte dalla band tutta (zittire il più possibile le elettriche, spingere ognuno di loro a cercare di suonare uno strumento che non sia il proprio…), e poi si veda come Automatic possa essere suonato ad ogni ora del giorno, qualsiasi giorno dell’anno (differentemente da molta altra musica, di successo o meno). Forse perché molta della sua tristezza è stata immersa in un suono come di velluto che striscia sulla pelle (la Everybody hurts tante volte incompresa e spesso abusata), o perché ci è data con versi che si sciolgono in rime melodiose (Me, my thoughts are flower strewn/ ocean storm, bayberry moon/ I have got to leave to find my way), ma soprattutto perché è un album che non conosce paura e che non ne vuole imporre alcuna.

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Voto degli utenti: 8,4/10 in media su 57 voti.

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Mr. Wave (ha votato 8 questo disco) alle 11:47 del primo maggio 2009 ha scritto:

L'album più fitto di songs, e di agitazione, ansie e inquietudine emotiva. Sensazioni tangibili dall'avvio sostenuto di "Drive", per passar alla magnificenza melodica di "Everybody Hurts", per giungere alla struggente "Find The River". Una delle migliori opere dei R.E.M. [voto: 8]

lev (ha votato 10 questo disco) alle 12:12 del primo maggio 2009 ha scritto:

non solo il miglior lavoro dei r.e.m., ma uno dei miei dischi rock preferiti in assoluto. nonostante in generale io non impazzisca x questo gruppo.

Mr. Wave (ha votato 8 questo disco) alle 12:25 del primo maggio 2009 ha scritto:

E v e r y b o d y H u r t s... quanti ricordi *.*

otherdaysothereyes (ha votato 9 questo disco) alle 16:40 del primo maggio 2009 ha scritto:

il più immediato, ma forse anche il più bello, dei R.E.M.Inattaccabile.

ozzy(d) (ha votato 6 questo disco) alle 11:37 del 2 maggio 2009 ha scritto:

Preferisco di gran lunga "monster" ( perlomeno legato a quel periodo), qui ci sono troppe lagne come "everybody hurts" e "nightswimming"....."find the river" però è da applausi.

thin man (ha votato 10 questo disco) alle 12:15 del 2 maggio 2009 ha scritto:

Il disco migliore dei R.e.m. post Irs? Probabilmente si, anche se apprezzo molto i due successivi

target (ha votato 8 questo disco) alle 13:48 del 2 maggio 2009 ha scritto:

Forse non il loro disco più importante, probabilmente neppure il loro migliore, ma con le nuove avventure in hi-fi è il mio preferito di una band che non ho mai amato.

Moon (ha votato 8 questo disco) alle 13:53 del 4 maggio 2009 ha scritto:

quando uscì me ne innamorai....regge bene il tempo, ancora adesso lo riascolto volentieri

george (ha votato 8 questo disco) alle 19:53 del 4 maggio 2009 ha scritto:

L'ho rivalutato con il tempo

Nucifeno alle 17:24 del 5 maggio 2009 ha scritto:

Eh, i R.E.M.

Non li ascolto da anni, ma questo me lo ricordo come un vero capolavoro, forse il loro più bello, ma non voto, dovrei risentirlo.

benoitbrisefer (ha votato 8 questo disco) alle 17:59 del 6 maggio 2009 ha scritto:

sottoscrivo commento e valutazione di moon

PetoMan 2.0 evolution (ha votato 10 questo disco) alle 18:43 del 6 dicembre 2009 ha scritto:

che gran disco, per me il migliore dei rem. Drive è un vero capolavoro, quando parte la chitarra elettrica mi mette mi fa venire il classico brivido dietro la schiena.

Utente non più registrato alle 19:43 del 11 dicembre 2009 ha scritto:

A classic too

davide.pagliari1980 (ha votato 8 questo disco) alle 0:11 del 27 dicembre 2009 ha scritto:

..una delle stelle più luminose che formano la galassia musical-popolare anni '90...Amo molto gli R.E.M. (anche se li ho conosciuti come "rem" e sono cresciuto chiamandoli sempre "i rem"...è sbagliato, ma a me piace così...), amo molto quest'album (come "Monster" del resto) fa parte degli immortali è chiaro..Tuttavia devo dire che ritengo "Murmur" e "Document", per gusto e importanza storica, superiori...

hiperwlt (ha votato 8 questo disco) alle 17:47 del 9 gennaio 2010 ha scritto:

concedersi una volta ogni tot "automatic", è sempre piacevole

ThirdEye (ha votato 5 questo disco) alle 16:40 del 23 febbraio 2010 ha scritto:

Non mi entusiasma, ne ora ne all epoca della sua uscita, a parte la stupenda "Drive"_Trovo immensamente superiore Monster. Riguardo i REM di per se, a mio avviso nulla ha mai eguagliato quel piccolo, stupendo capolavoro di Murmur...

lev (ha votato 10 questo disco) alle 20:54 del 23 febbraio 2010 ha scritto:

RE:

dico, ma sei pazzo!?

bart (ha votato 7 questo disco) alle 17:35 del 22 aprile 2010 ha scritto:

Bel disco.

Ci sono degli ottimi pezzi(su tutti Everybody Hurts e Nightswimming), ma anche molti riempitivi. Secondo me i R.E.M. hanno scritto delle grandi canzoni, ma non hanno mai fatto un album capolavoro.

ThirdEye (ha votato 5 questo disco) alle 21:26 del 15 giugno 2010 ha scritto:

RE: Bel disco.

@Bart Ti sbagli...Murmur è il loro capolavoro a mio avviso, un album di una freschezza e bellezza cristallina..Poi non si son mai piu ripetuti a livelli simili, pur producendo altri ottimi lavori.

salvatore (ha votato 8 questo disco) alle 21:49 del 15 giugno 2010 ha scritto:

RE: RE: Bel disco.

thirdeye ti quoto in pieno: murmur è un capolavoro senza se e senza ma. E poi contiene la più bella canzone mai scritta dai REM: Talk about the passion. Questo è comunque un grande disco. 8+

bart (ha votato 7 questo disco) alle 1:06 del 17 giugno 2010 ha scritto:

RE: RE: RE: Bel disco.

Secondo me Murmur non è proprio un capolavoro, ma è comunque un disco di tutto rispetto e Talk about the passion è una gran bel pezzo. Per me, però, la più bella canzone dei R.E.M. è senza dubbio Losing my religion.

benoitbrisefer (ha votato 8 questo disco) alle 0:23 del 17 giugno 2010 ha scritto:

Ok Murmur è un capolavoro e ho consumato vinile e puntina ad ascoltarlo, ma Reckoning non è da meno, anzi forse più maturo e coerente rispetto al talvolta acerbo debutto; brani come Seven chinese brothers o Camera sono fra i vertici della produzione R.E.M.

folktronic (ha votato 8 questo disco) alle 17:59 del 13 novembre 2010 ha scritto:

bello ma generalmente sopravvalutato...

Gran disco pop, comunque il periodo IRS mi sembra di altro livello (Reckoning,Life's Richt Pageant, etc..)...vero...ci sono grandi pop songs...ma io adoro il folk rock psichedelico che li ha lanciati....e qui c' e' poca traccia....pero' davanti a pezzi come Find the river, Nightswimming, Man on the Moon e Try not to breathe bisogna togliersi il cappello.

dalvans (ha votato 8 questo disco) alle 16:11 del 23 settembre 2011 ha scritto:

Buono

Buon disco

DucaViola (ha votato 8 questo disco) alle 16:15 del 24 ottobre 2011 ha scritto:

il mio preferito dei R.E.M

Sidney (ha votato 9 questo disco) alle 16:36 del 24 ottobre 2011 ha scritto:

If you believed, they put a man on the moon, man on the moon...

NDP alle 11:51 del 8 dicembre 2013 ha scritto:

man on, man on, maaan

nebraska82 (ha votato 7,5 questo disco) alle 13:16 del 7 dicembre 2012 ha scritto:

bel disco anche se come in tutti i lavori degli ateniesi c'è sempre qualche riempitivo. drive, try not to breathe man e le ultime tre valgono comunque tante carriere.

Franz Bungaro (ha votato 9,5 questo disco) alle 11:59 del 2 agosto 2013 ha scritto:

IL CAPOLAVORO

Truffautwins (ha votato 9 questo disco) alle 3:26 del 5 settembre 2013 ha scritto:

Molto bello e molto triste

glamorgan alle 8:58 del 25 ottobre 2013 ha scritto:

dei R.E.M. mi piacciono Murmur,Fables of the reconstrucition,Life's rich pageant e questo.Out of Time non è male ma non è tra i miei preferiti,Monster lo ricordo solamente per what's the frequency kennet e Bang and Blame

Mattia Linea (ha votato 7,5 questo disco) alle 14:43 del 30 agosto 2014 ha scritto:

Buon album, come si conviene ad una band come loro. Più intimista, acustico, soffuso e oscuro di "Out Of Time": una manciata di singoli azzeccatissimi e che sono diventati delle punte di diamante della loro produzione. Sicuramente fra i loro migliori lavori.

Petronius (ha votato 10 questo disco) alle 18:03 del 29 marzo 2017 ha scritto:

Opera d'arte.

zagor (ha votato 8,5 questo disco) alle 13:30 del 30 marzo 2017 ha scritto:

il solito esagerato. Gran disco comunque, la dolente "sweetness follows" è uno dei loro brani piu' sottovalutati. Gli altri piu' o meno tutti dei classici, soprattutto quelli forti di videoclip che all'epoca stabilirono uno standard qualitativo notevole.

baronedeki (ha votato 8,5 questo disco) alle 17:40 del 31 marzo 2017 ha scritto:

Potessi rivotarlo abbasserei di un punto il mio voto. Le canzoni ci sono tutte i riempitivi sono due o tre e di livello accettabile ma se si ascolta Automatic per intero tutto di un fiato tutto diventa monotono soporifero. Con Automatic si ha la dimostrazione che non basta solo avere ottime canzoni per fare di un album un capolavoro ci vuole ben altro. Drive e Sweetness follows le mie preferite.