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R Recensione

9/10

R.e.m.

New Adventures in Hi-Fi

L’ispirazione è una brutta bestia. Va sempre di moda non crederci, proseguire la celebre polemica avviata da svariati artisti dell’Ottocento trincerandosi dietro formule stantie e snob quali “Non so neppure cosa sia l’ispirazione”. Poi prendi un gruppo dalla carriera pluriventennale e sfarzosa come i R.E.M. per scoprire che il loro capolavoro è l’album registrato in pochi mesi nel mezzo di un tour, negli studi affittati di volta in volta on the road, e con tre quarti dei componenti che si sono alternati in sala operatoria. E ti chiedi se abbia senso negare l’esistenza di ciò che talune opere testimoniano in ogni aspetto.

Ma di “New Adventures in Hi-fi” non colpiscono solo rapidità e travaglio della sua creazione, bensì una consapevolezza espressiva senza pari nel pur opulento catalogo dei georgiani. Consapevolezza figlia dell’irripetibile contesto dell’epoca.

Siamo alla metà degli anni 90: Cobain è un pallido cadavere, alla “rivoluzione” alternativa ha fatto seguito un’impietosa restaurazione, mentre gli stessi R.E.M. stanno sfaldandosi ( Bill Berry si chiamerà fuori un anno dopo), e il contratto multimilionario firmato con la Warner li sta definitivamente per imbalsamare tra le stelle patinate. Michael Stipe, sopravvissuto del rock, trova non si sa come la famigerata ispirazione per vergare il proprio capitolo decisivo, mettendosi a nudo, forte di una scabrezza che sembra aver abolito ogni artificio retorico e sublimando la grande esperienza della delusione umana in un affresco sia personale, sia legato all’America degli anni Novanta.

La storia è di quelle tristi e l’ho raccontata tante volte”, mormora Stipe nello spettrale e morfinico incipit  “How the West was Won and where it got us”.  “So che questo spettacolo non seduce, ma non ha alcuna importanza” aggiunge nella morbida nenia younghiana “New Test Leper”, mentre nella fosca vivacità di “Bittersweet me” ammette: “Non so di cosa ho fame, non so più cosa voglio”. Il gruppo asseconda le lune del leader, oscillando tra la ruggente potenza di esecuzione di “Monster” e gli umori crepuscolari di “Automatic for the people”. La prima trova sbocco in grezze gemme dal vago sapore glam quali  “Wake up bomb” ( con tanto di citazione per T-Rex e Queen) o “Departures” , mentre “Low desert” e “So fast, so numb” ammaliano con torridi aromi border. Il marchio di fabbrica del gruppo, la ballata, non tradisce in sublimi coriandoli quali  “Be Mine” o “Electrolite”, sentite elegie che celebrano le illusioni senza più crederci,  rendendole vive come tutte le cose che abbiamo perso.

Ma è nei due pezzi più lunghi dell’album che i R.E.M. raggiungono una dimensione speciale, che distilla il meglio della loro poetica . “E-Bow The Letter” è la “Ambulance Blues” dei georgiani: un viaggio tra le rovine della loro epoca e confessione sul prezzo del successo, accompagnati dalla voce di Patti Smith, con una narrazione disincantata, drammatica e fuori dal tempo. Il delizioso arrangiamento di Mike Mills (mellotron, moog e sitar elettrificati che intarsiano la nuda chitarra acustica) fa il resto.

I sette minuti di “Leave”, torbidi e aggressivi avvolti come sono dentro la spirale di un groove chitarristico mozzafiato, trasportano infine in un delirio onirico di stordente prepotenza melodica che non fa prigionieri. “That's what keeps me down, to leave it all behind”: una visione panoramica imponente, il lascito più fulgido di Stipe, Buck, Mills e Berry.

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Voto degli utenti: 8,1/10 in media su 30 voti.

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TheManMachine (ha votato 8 questo disco) alle 23:59 del 27 febbraio 2008 ha scritto:

Bellissima recensione!

Junio, la tua recensione ha il raro pregio di portare il lettore direttamente dentro l'opera di cui parli. Bravissimo! Album in effetti notevole. Tra i momenti migliori: "New Test Leper", "E-Bow The Letter", "Binky the Doormat", "Electrolite", deliziosa ballad. Patti Smith nei backing vocals di "E-Bow" perla piccola ma preziosa.

simone coacci (ha votato 6 questo disco) alle 13:26 del 28 febbraio 2008 ha scritto:

A che ora è la fine del mondo?

Mmmh...mediocritas neanche tanto aurea. Quella con Patti Smith poi m'instilla tutt'ora vaghi istinti omicidi. Ma d'altronde dopo "Green" (anzi prima) solo le benemerenze del periodo "reaganiano" e qualche singolo azzeccato gli ha dato la forza di rimanere in piedi. In compenso, Stipe ha sempre delle belle giacche.

Faccio un salto in Montagnola e vedo se riesco a recuperarne qualcuna.

DonJunio, autore, alle 17:22 del 28 febbraio 2008 ha scritto:

You wear me out!

Naah Simone...Stipe ha cominciato a indossare le giacche verde pisello Prada cui alludi dal 98 in poi. Adesso sembra il pelato del duo glitter pop DolceGabbana ma qui si indossano ancora abiti sdruciti e slabbrati, e la musica per fortuna ne risente positivamente a mio avviso. Ciao!

simone coacci (ha votato 6 questo disco) alle 17:34 del 28 febbraio 2008 ha scritto:

Si, si, si, hai perfettamente ragione. Infatti la mia considerazione era a parte. Sul disco confermo la mia opinione iniziale. Ciao a te, carissimo.

target (ha votato 8 questo disco) alle 10:11 del 2 marzo 2008 ha scritto:

Aluminum tastes like fear

Non amo i REM. Ma questo disco sì. Non aggiungo nulla alle juniane parole sempre centrate, tranne una noticina sul video di "E-bow the letter", che a me ha sempre messo i brividi, dalla prima alla duecentesima volta che l'ho visto.

Vikk (ha votato 9 questo disco) alle 12:31 del 4 marzo 2008 ha scritto:

l'ultimo capolavoro della band

disco meraviglioso, migliore del suo predecessore (che comunque e' un signor disco) e appunto l'anello di congiunzione tra il suono ascitto di "Automatic" e "Monster". ""E-Bow The Letter", "Leave" e la poppeggiante "Electrolite" basterebbero da sole, ma c'e' anche di piu'.

Dopo l'abbandono di Berry sono morti, trovando solo sporadici momenti davvero ispirati

Utente non più registrato alle 15:31 del 5 marzo 2008 ha scritto:

Non conosco questo disco dei REM cmq dalla recensione sembra valido. Mi piacerebbe ascoltarlo e vedere questo video che mette i brividi (di paura???). Magari lo comprerò...

airportman75 (ha votato 10 questo disco) alle 19:29 del 22 aprile 2008 ha scritto:

un appunto

ma come cavolo si fa a scrivere nella recensione BRUCE Berry? Mah... In ogni caso condivido quanto riportato da vikk...questo è stato il loro ultimo capolavoro....speriamo tornino su questi livelli...

DonJunio, autore, alle 21:59 del 22 aprile 2008 ha scritto:

ops, da integralista younghiano ho confuso Bill con Bruce Berry ( celebre roadie di Neil cui è dedicato "Tonigh't s the night"). Confido nella clemenza vostra e del monocigliato ex batterista!

Paranoidguitar (ha votato 9 questo disco) alle 11:56 del 24 novembre 2008 ha scritto:

è il disco dei rem che mi piace di più. Ok non è il migliore o il più innovativo (vedi voce murmur) però ti sconquassa l'anima e soprattutto dà un immagine dei rem meno legata agli arpeggi di chitarra alle armonie ripetitive. E' il disco più eterogeneo che abbiano realizzato.

lev (ha votato 7 questo disco) alle 23:52 del 6 maggio 2009 ha scritto:

bel disco, ma non mi ha mai fatto impazzire.

PetoMan 2.0 evolution (ha votato 8 questo disco) alle 18:45 del 6 dicembre 2009 ha scritto:

un bel disco. Il sound è un po' grezzo e bello tosto, ricorda un po' i t-rex. Ci sono diversi ottimi pezzi.

ThirdEye (ha votato 6 questo disco) alle 16:57 del 23 febbraio 2010 ha scritto:

Insomma

Alterna ottimi brani ad altri un po incerti. Nel bene e nel male a mio parere rimane l'ultimo album decente dei REM...Da qui in poi la discesa nel nulla..

ff1975 (ha votato 8 questo disco) alle 14:16 del 27 marzo 2010 ha scritto:

Capolavoro (a metà)

Un gran bel disco cui tuttavia sembra mancare qualcosa per divenire un capolavoro assoluto.

Cmq contiene diverse canzoni bellissime, che vanno dritte al cuore dell'ascoltatore.

Crudo, essenziale, senza compromessi.

hairshirtstipe (ha votato 9 questo disco) alle 0:19 del 6 giugno 2011 ha scritto:

gli manca un colpo di classe tipo "losing my religion" o "everybody hurts" che faccia ricordare il disco anche alle persone che non seguono la band ma secondo me è il loro disco migliore. Molto migliore di out of time...

Sidney (ha votato 10 questo disco) alle 16:42 del 24 ottobre 2011 ha scritto:

RE:

direi che pezzi come E Bow The Letter o Leave sono tra i più bei pezzi mai scritti dalla band. questo è il loro disco più vario ed intenso. è una sintesi perfetta tra lo stile di AFTP e Monster. pezzi rock alternati a struggenti ballate in pieno stile R.E.M. per me il loro capolavoro definitivo. non a caso l'ultimo con la formazione storica a 4 prima dell'abbandono di Bill Berry.

PehTer (ha votato 8 questo disco) alle 17:27 del 24 settembre 2019 ha scritto:

Non mi ero mai espresso a riguardo, ma ci tengo a dire che per me Leave è il miglior brano che abbiano mai partorito, un capolavoro sotto tutti i punti di vista, peccato che loro stessi non lo abbiano fatto brillare della luce che avrebbe meritato.