David Crosby
If I Could Only Remember My Name
La bellezza senza aggettivi esiste.
Basta ascoltare una gemma assoluta come il solo di David Crosby (solo? Ci suonano e cantano, oltre a David Crosby Laurie Allan , Jack Casady, David Freiberg, Jerry Garcia, Mickey Hart, Paul Kantner, Jorma Kaukonen, Bill Kreutzmann, Phil Lesh, Joni Mitchell, Graham Nash, Gregg Rolie, Michael Shrieve, Grace Slick, Neil Young).
Il disco, del 1971, potrebbe essere descritto in mille modi diversi con centinaia di pagine che raccontano di quel periodo, di quella gente, di quelle serate, di quei concerti, di quell’atmosfera; ma non è questa la sede.
E più che ascoltarlo e riascoltarlo, anche se il piacere di accendere il giradischi e sognare non costa niente, è importante sapere che questo disco c’è, che è stato fatto, suonato, inventato, sapere che nella storia del rock c’è un tassello così brillante.
L’omaggio dell’album al rock c’è subito, alla seconda traccia, al Cowboy Movie, dopo l’accordatura degli strumenti e delle voci di Music is love. È un grazie sincero, ricco, pieno di umori californiani, quelli della west-coast dei primi settanta, quelli che ispireranno tutto quel sound a la Hotel California degli Eagles, uno dei dischi più venduti nella storia del rock.
In Cowboy Movie siamo alle radici di quelle atmosfere.
E solo il titolo del disco: If I Could Only Remember My Name: Se solo potessi ricordare il mio nome, dà l’idea dell’incantesimo che si vive nel disco, dovuto anche, naturalmente, ad una certa confidenza con le droghe, quelle ovviamente più psichedeliche.
Dicevamo un grazie al rock, un saluto, un inchino sentito, perché già dalla terza traccia e per il resto del disco si viaggia davvero in un’altra dimensione. West-coast s’era detto, il dolce tramonto di quel suono che riassumere ora qui in due parole sarebbe presuntuoso, ma è il suono dei Byrds e dei Buffalo Springfield, dei Jefferson Airplane e dei Quicksilver, dei Grateful Dead e di Country Joe And The Fish, solo per citare qualche formazione delle maggiori.
Le chitarre sognanti, i suoni sospesi, e vengono in mente obbligatoriamente le danze intorno ai falò accesi al tramonto sulle immense spiagge californiane, con tutta quell’atmosfera hippy dei figli dei fiori di cui il disco è un fiore all’occhiello.
Un brano è Tamalpais High, at about 3 (Tamalpais è un monte alle spalle di San Francisco) dove il ricco coro viene fuori da un arpeggio appena accennato. Ma non è un coro, non è un arpeggio, non c’è la solista, il volume non diventa più incalzante per poi rilassarsi; è il complesso, l’interplay, ‘il gioco di squadra’ che impressiona per la coesione e la bellezza.
Song With No Words (Tree With No Leaves) ha la struttura di Tamalpais High con Jerry Garcia più in evidenza alla chitarra solista: un sogno.
Traction in the rain è semplicemente in volo, dall’inizio alla fine e non tocca mai terra, né con le chitarre, né con l’arpa, né con la voce solista, né con i cori celestiali.
Di Laughing, un altro incantesimo (imperdibile la steel guitar sul finale, tra gli apici di quel sound), mi piace citare la traduzione:
Ho pensato di incontrare un uomo,
che diceva che sapeva di un uomo,
che sapeva ciò che stava accadendo.
Mi ero sbagliato,
era solo un altro straniero che avevo conosciuto
Ho pensato poi, di trovare una luce
e tutto questo buio;
mi ero sbagliato,
erano solo riflessi di un’ombra che avevo visto
E ho pensato che avevo visto qualcuno
che sembrava finalmente
conoscere la verità
Mi ero sbagliato
Era solo un bambino che rideva nel sole,
nel sole
Di Orleans e dell’ultimo allucinato coro, che più di un breve pezzo sembra il riassunto un ‘trip’, come si chiamavano allora le esperienze psichedeliche alterate da droghe, non dico nulla; così come dell’apertura della seconda facciata del vinile: solo un invito all’ascolto, magari con una buona cuffia o su un buon impianto, a volume pieno, senza distorsioni di nessun tipo: né acustiche né psicotrope, con la testa lucida, aperta al suono di una storia e di un periodo musicale meravigliosi.
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