R Classifica 2014 dei recensori (pagina 2 di 5)

Americana

40. Guano Padano
Americana (Ipecac Recordings 2014)

L'America dei motel, degli scrittori squattrinati, dell'olio combusto, delle lost highway: l'America oscura, dei grandi silenzi e dei vuoti insopportabili, l'America della violenza virulenta ed esplosiva, del contagio; l'America della democrazia teosofica, dei diritti umani, della povertà dilagante. Gioie, dolori e contraddizioni di un continente nato ben prima del Mayflower, rappresentate in un disco che è monumentale opera musicale, crossover letterario, scrigno di sinestesie come pochi altri. Gli italianissimi Guano Padano sono un gruppo fenomenale.
The Imagined Savior is Far Easier to Paint

39. Ambrose Akinmusire
The Imagined Savior is Far Easier to Paint (Blue Note 2014)

Un trombettista virtuoso che sa centellinare le note come fosse un nuovo Booker Little che ha imparato a memoria la lezione del Miles Davis più conciso e limpido. Rispetto al 2011, Ambrose amplia ulteriormente gli orizzonti e crea qualcosa di ancora più originale, pescando nell'avanguardia così come nella forma canzone.
Dago red

38. Raiz / Mesolella
Dago red (CNI 2014)

Fare delle cover non è poi così facile come sembra. Usare delle cover per creare delle nuove canzoni è cosa da grandi artisti.
Coffins On Io

37. Kayo Dot
Coffins On Io (The Flenser 2014)

Dai gorghi tremebondi di Hubardo ai non-luoghi dark wave di Coffins On Io il passo sembra smisurato. Non per il genio eclettico e polimorfico di Toby Driver, che - dopo molti anni inutilmente gettati ad inseguire forme avanguardistiche sterili e cerebrali oltre misura - si riscopre il malefico ed imprendibile folletto dei maudlin of the Well. Vale l'effetto sorpresa, ma anche (e soprattutto) un suono ad un tempo raffinatissimo, implacabile, astratto, sognante. Da provare.
Loom

36. Fear Of Men
Loom (Kanine 2014)

Il folk in dolce malinconia di “Atla”, in fondo, dimostra che la band può stare in piedi anche messa a nudo, e non è cosa da poco. Una delle sorprese dell’anno.
Zaba

35. Glass Animals
Zaba (Wolf Tone 2014)

Incredibilmente fantasioso e denso di inventiva, "Zaba" è un viaggio di esploratori britannici che si infiltrano fra la vegetazione e i ritmi esotici. Gli Alt-J in veste di Indiana Jones, i Foals col machete che tagliano i rami insidiosi, i Wild Beasts (i cui semi sono germogliati in una foresta rigogliosa) signorili a cavallo di un elefante. Il passo è a volte quello lento e cadenzato di un “trip-hop della foresta”, a volte è quello di un afro-pop sciamanico in un canovaccio capace di richiamare alla mente dai Massive Attack ai Vampire Weekend, per dettagli, attitudini, sfumature. Parole d’ordine, in ogni caso, esotismo e ritmo. "Gooey" fra le canzoni dell'anno, in bilico fra downtempo e R'n'B, ammalia e conquista con la sua danza sinuosa. "Black Mambo", "Pools", "Hazey" alte rappresentanti di quello che significa fare pop in Inghilterra al giorno d'oggi.
St. Vincent

34. St. Vincent
St. Vincent (Loma Vista/Republic 2014)

Questa volta Annie Clark si piazza sul trono, truccata come una spiritata creatura burtoniana, e sembra dirci: guardate che l'art-pop come lo faccio io oggi non lo fa nessuno\a. Brani come "Birth In Reverse" e "Regret", una personalissima via postmoderna a Talking Heads, Prince e certi sfuggevoli anni ottanta electro, dimostrano che ha ragione.
Museica

33. Caparezza
Museica (Universal Music Group 2014)

Artista unico nel panorama della canzone italiana, rapper e cantautore ad un tempo, senza essere solamente uno o l'altro, con Museica ha realizzato forse il suo disco più completo.
Mannsverk

32. Brimstone
Mannsverk (Karisma Records 2014)

Se il prog potesse parlare... Quanti sfregi, quante (grandi) opere inutili denuncerebbe. Ecco perché Mannsverk riesce a riconciliare con l'universo (This Is The Universe, cantano i Brimstone): perché non nasconde l'ispirazione dietro alla pompa, come uno struzzo nasconderebbe la testa sotto la sabbia, ma utilizza forme e linguaggi canonici per dare vita ad un platter fuori dal mondo. La (non) sorpresa dell'anno.
LOSE

31. Cymbals Eat Guitars
LOSE (Barsuk Records 2014)

Affinato il senso pop e messe da parte alcune lungaggini del disco precedente, al terzo album, i Cymbals Eat Guitars fanno centro. Il loro indie rock è della matrice più classica (Built To Spill, Pavement) ma è contemporaneamente vicino ai nomi più disparati della scena attuale: Local Natives, Girls, Japandroids, Smiths Western, Peace, i nomi sono tanti come tante sono le direzioni che prendono le canzoni di "LOSE". Perle di dolcezza come il singolo "Jackson" si alternano a calvalcate chitarristiche acide e impazienti di esplorare innumerevoli soluzioni ("Laramie", "Places Names") e confessioni acustiche "Child Bride". La voce slacker senza compromessi di D'Agostino o si odia o si ama ed in tal caso è la ciliegina sulla torta.