C I 133 dischi indispensabili del decennio

I 133 dischi indispensabili del decennio 2000-200900010203040506070809

R You Are Free

You Are Free8,5/10

Cat Power
You Are Free (Matador Records 2003)

Si è detto di tutto per attribuire alla figura del gatto levatura adeguata a rappresentare degnamente la grandezza di Charlyn “Chan” Marie Marshall. Che si...
simone coacci

Le poesie hanno i dubbi dentro. Tutte tranne una: lei danza in un cerchio di fuoco e si sbarazza della sfida con una scrollata... Con "You Are Free" completa la trilogia della sua vita (dopo "What The Community Would Think" e "Moonpix") e si conferma figura ineffabile di cantantessa del pop rock alternativo.

Alessandro Pascale

probabilmente quanto di meglio abbia offerto la pur prolifica serie di cantautrici del periodo. Un gioiello folk fatto di purezza e passione.

R Way Of The Dead

Way Of The Dead

Yakuza
Way Of The Dead, 2003


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Marco_Biasio

Allora: jazz, metal, hardcore, psych rock, doom, profonda spiritualità. Che, non avete capito? A parole in effetti è difficile, ma gli Yakuza non sono mai stati particolarmente loquaci: antepongono di gran lunga il pragmatismo alle chiacchiere. Il secondo capitolo, dopo l'autoprodotto "Amount To Nothing", spiazza tutti, Century Media compresa, che è costretta a rilasciarli. Un coacervo di sperimentazione e follia, una gragnuola di colpi a rilascio immediato aizzata sulle onde di un sax che, pensate un po', viene suonato dallo stesso tipo che un attimo prima si sgolava sul microfono... E volete sapere una cosa? E' uno strumento tutt'altro che accessorio. Litanie a volte inconsulte, al limite dello spastico ("T.M.S.") che prendono a braccetto caleidoscopici tuffi nel cabaret estremo ("Miami Device"), nella trascendenza percussiva orientale ("Vergasso"), nel free jazz più deviato ("Obscurity") e si sublimano nei 43 minuti finali di "01000011110011". Volete lasciarvelo sfuggire?

R The Mess We Made

The Mess We Made9/10

Matt Elliott
The Mess We Made (Domino Recording Co. Ltd 2003)

Uno spartiacque. Questo appare chiaramente essere “The Mess We Made”, nel percorso artistico di Matt Elliott. C’è un prima, a nome Third Eye Foundation...
FrancescoB

Elliott qui realizza il capolavoro di una vita fra slow-core, elettronica, folk, ambient, canzone d'autore. Un mix irresistibile, dal fascino oscuro e decadente.

fabfabfab

Cinereo, funebre e pesantissimo elemento di passaggio tra gli esperimenti elettronici dei Thrid Eye Foundation e il pensoso cantautorato folk del Matt Elliott maturo. Il miglior disco di transizione di sempre?

R Thank You For Not Discussing The Outside World

Thank You For Not Discussing The Outside World

Audiac
Thank You For Not Discussing The Outside World, 2003


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loson

Provate a definire questo disco, vi sfido. Dieci a uno che non ci riuscirete, a meno che non vogliate rispolverare (ma volete proprio?) la sempreverde (e illusoria) categoria "avant-pop". E questo perchè i tedeschi Audiac (con l'aiuto di Joachim Irmler dei Faust, che produce) forgiano un suono che mescola elettronica e tetro baroque-pop, graziato da una voce che rilegge a modo suo l'illustre tradizione britannica dei vari Walker, Ferry, Sylvian. Un suono in cui dinamiche prettamente chitarristiche vengono sostituite da un uso istrionico delle tastiere, da suggestivi incastri fra ritmiche organiche e programming. Che altro dire di "Thank You For Not Dicussing The Outside World" se non che si tratta di uno dei reperti più sconvolgenti (e criminalmente ignorati) del decennio? Se non mi credete prestate orecchio alla loro cover di "Hey Joe": 8 minuti assolutamente "allucinati", a metà fra canto gregoriano e mantra industriale su base trip-hop. Un album imperdibile, per usare un eufemismo.

R Talkin\' Honky Blues

Talkin\' Honky Blues

Buck 65
Talkin\' Honky Blues, 2003


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simone coacci

Cosa succede quando l'hip-hop alternativo della Anticon incontra il cantautorato di Tom Waits e, come in un libro di Mark Twain, intraprendono un viaggio su una barca sintetica ed elettronica fino al Delta del Mississippi e della musica roots? La risposta non soffia nel vento ma tra i solchi di "Talkin' Honky Blues", il capolavoro del rapper e produttore canadese Buck 65.

R Send

Send

Wire
Send, 2003


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Alessandro Pascale

Tutta la furia dei Wire che testimonia come un gruppo anche dopo 25 anni di carriera possa ancora suonare come un manipolo di scatenati diciottenni alle prese con chitarre furiose e sbizzarrite.

R Rounds

Rounds

Four Tet
Rounds, 2003


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FrancescoB

La sua musica è felicità pura. Il piacere primordiale del gioco che incontra un genio melodico senza eguali, il tutto condito dalla volontà lucidissima di sperimentare combinazioni e possibilità nuove non appena se ne presenta l'occasione. "Rounds" è "solo" l'apice di una carriera straordinaria, che prosegue tutt'ora. Ma soprattutto è un disco meraviglioso, per quanto mi riguarda fra i pochi capolavori senza se e senza ma del nuovo millennio.

fabfabfab

Pezzi come "She moves she" sono l'esempio di come l'unione tra i generi possa generare capolavori immortali. Musica elettronica che sembra acustica (o musica acustica che sembra elettronica) suonata da un genio che - porca miseria - sembra proprio un genio.

Cas

Four Tet è uno dei più grandi maestri dell'elettronica del nuovo millennio. Provateci voi a dar vita ad una così pregnante sperimentazione mettendo insieme folktronica, glitch, dub, house (...) senza perdere per un istante la capacità di dar vita a melodie insuperabili. Maestro dei ritmi più caparbi e delle più raffinate tessiture. Da non perdere.

R Observing Systems

Observing Systems

Tied and Tickled Trio
Observing Systems, 2003


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fabfabfab

Potremmo andare avanti per ore: Count Basie a cena con i Notwist, il jazz di strada che prende a schiaffi l'indietronica della Morr Music, il glitch-pop tedesco macinato dai nipoti di Miles Davis. Un disco eccentrico eppure perfetto, muscolare eppure sofisticato, che riconduce il jazz alla sua funzione primordiale: far muovere il culo.

R NY Muscle

NY Muscle

Dj Hell
NY Muscle, 2003


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loson

Che mai può combinarti un tedesco per benino come DJ Hell in trasferta a New York City? Semplice: dipingere l'inferno dell'electroclash. Lacrime di sangue e glamour patinato, i deliri di Alan Vega (Suicide) e il silicone della transessuale Amanda Le Pore, cabaret mitteleuropeo e sterminio di massa, no-wave e acid-house, David Lynch e una guida sadomaso: "NY Muscle" è l'epolorazione visivo-sonora di una New York tossica, girone dantesco aggiornato all'estetica cyberpunk. Un album nichilista come non se ne sentivano da eoni, perversamente decandente. In una parola: epocale.

R Monday at the Hug & Pint

Monday at the Hug & Pint

Arab Strap
Monday at the Hug & Pint , 2003


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fabfabfab

La storia degli Arab Strap passa per questo bar, nel quale Aidan Moffat e Malcom Middleton si scambiano le ultime (tristissime) novità: amori falliti, indolenza, nostalgia. Un disco fatto di umore nero, ma anche di ritmiche mai così sostenute "Fucking Little Bastards", deviazioni rock e una grande voglia di sperimentare. "The Shy Retirer" è il loro pezzo definitivo, semplicemente una delle canzoni più belle del decennio.

R Master And Everyone

Master And Everyone

Bonnie Prince Billy
Master And Everyone, 2003


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Alessandro Pascale

Che piaccia o meno Bonnie Prince Billy è il cantautore più prolifico del decennio. La cosa sorprendente è che quantità e qualità corrono spesso di pari passo, come dimostra Master and Everyone.

fabfabfab

Che cosa volete dire di un cantautore di questa caratura? Forte di una discografia infinita e quasi inattaccabile, "con "Master & Everyone" il principe dei songwriters ci presenta il suo lato più raccolto, tra delicatezze country ("Ain't You Wealthy, Ain't You Wise?"), campfire songs ("Joy and Jubilee"), capolavori silenziosi ("Even if Love") e piccoli classici istantanei ("Wolf Among Wolves"). Master(piece) for everyone.

R Lovers

Lovers

The Sleepy Jackson
Lovers, 2003


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loson

Dovremmo ringraziarlo (o maledirlo, a seconda dei gusti...), l'australiano Luke Steele, per averci regalato il non plus ultra del kitsch nell'indie-pop targato '00s. "Lovers" è una gemma inafferrabile, capace di frullare ballate country e pastiche electro-pop, gli ABBA e George Harrison, archi zuccherosi e trucchi di studio, trovando persino spazio per un irresistibile rock'n'roll "velvetiano" come "Vampire Racecours". Certo servono diversi ascolti per poter asaporare ogni dettaglio di una produzione così stratificata, ma una volta "sintonizzati" non può che essere amore. Non fate l'errore di privarvene.

R Here Comes the Indian

Here Comes the Indian

Animal Collective
Here Comes the Indian, 2003


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paolo gazzola

Quarto album in studio, punto più alto della prima “fase” del collettivo animale, Here Comes The Indian è la porta verso un mondo sconosciuto, originale, inimitabile. Echi folk/pop, disciolti in soluzioni psichedeliche ed aggrappati ad uno scheletro ritmico che esce spontaneo, insopprimibile come un bisogno tribale, danno vita ad uno dei più potenti iniettori dimensionali che in campo musicale io ricordi: un prodotto capace di spedirti ovunque sopra la Madre Terra, intorno e dentro i suoi elementi, meglio di una qualsiasi agenzia di viaggi. Si cerca tanto una forma d’unione tra uomo e natura. Beh, eccola qui.

FrancescoB

Elettro-noise-folk/retro-futurista e psichedelico? In effetti definire questa musica è piuttosto complesso. Ma importa poco, quando si ascolta questo marasma si gode come ricci, e tanto basta.

R Ghosts Of The Great Highway

Ghosts Of The Great Highway

Sun Kill Moon
Ghosts Of The Great Highway, 2003


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Cas

Benissimo. Mi potrete dire che fare folk nel 2003 è roba da passatisti. Mi potrete dire che la tradizione non regala più emozioni. Mi potrete dire che un disco senza strumenti elettronici non ha più speranza. Mi potrete dire che la ruralità che questo disco fa rivivere appartiene solo più alla storia. Ok, ma allora mi dovrete spiegare perché ad ogni ascolto mi viene la pelle d'oca.

Alessandro Pascale

Li si accusa talvolta di fare sempre lo stesso disco, che fosse con il nome di Red House Painters o con quello di Sun Kill Moon. Sarà, ma il disco sempre uguale continua a spaccare i cuori senza pietà.

fabfabfab

Quando tra cinquant'anni saremo rimasti in venti a ricordare ed amare l'opera omnia di Mark Kozelek, ci riuniremo tutti a casa a mia e - a lume di candela - ascoltermo questo disco senza più vergognarci nel non trattenere le lacrime. "Heal her soul, carry her, my angel, ohio"

R Echoes

Echoes

The Rapture
Echoes, 2003


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Alessandro Pascale

Il manifesto del punk-funk moderno. I Gang of Four del decennio. Tra le migliori realtà del revival wave, in grado di aggiornare il sacro verbo del post-punk facendo (s)ballare come pochi.

R Boy In Da Corner

Boy In Da Corner

Dizzee Rascal
Boy In Da Corner, 2003


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DonJunio

Mc e produttore in un corpo solo, Dizzee Rascal debutta col botto con questa sontuosa opera che delinea i confini del Grime. Futurista e spigolosa come la miglior elettronica, contagiosa come il gangsta-rap, prorompente come il punk, la miscela dell’enfant prodige britannico ha però il punto di forza nel flow impetuoso, fragile e serrato di Dizzee: rannicchiato in un angolo come da copertina, eppure osservatore lucido e disincantato della realtà, che interpreta con la freschezza dei suoi diciannove anni. “ I Luv U” per tanti è stata la “Smells like teen spirit” della decade.

R 6

6

Supersilent
6, 2003


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FrancescoB

Il jazz del nuovo millennio? Può darsi. In ogni caso, un'inedita e spirituale fusione fra cool ed improvvisazione, il tutto condito da elettronica capace di atroci esplosioni così come di carezze ambientali. Questi scandinavi non hanno grande fantasia nella scelta dei titoli, ma rimediano ampiamente con la musica. Da provare, assolutamente.