C I 133 dischi indispensabili del decennio

I 133 dischi indispensabili del decennio 2000-200900010203040506070809

R Third

Third9/10

Portishead
Third (Mercury 2008)

Che tra un disco e l’altro dei Portishead facciano in tempo a crescere intere generazioni, tutto sommato, poco importa, se alla fine sono loro, con pochi...
fabfabfab

Un disco che entra sottopelle in maniera lenta e chirugica, tra elettronica glaciale e folk spietato. Non importa quanto sarà lunga l'attesa per il prossimo capitolo, sarà ben ripagata.

target

Un ritorno massiccio e potente che del trip-hop trattiene solo qualche briciola per costruirci sopra un impianto sonoro innovativo, sospeso tra folk e glitch, dark wave e industrial, algida elettronica e tribalismo, umanizzato dalla voce sempre più iper-sensibile della Gibbons. Nel nome della dis-integrazione e dell'angoscia, P3 traccia un solco.

Alessandro Pascale

si parte dal trip-hop ma lo si sconvolge totalmente immergendola in un gothic-wave dal sapore metallico e industriale inquietante. La Gibbons si lascia andare tra influssi di Bjork e solidità teutoniche. Il prodotto finale è qualcosa di titanico e claustrofobico. Un tuffo nella nevrosi e nell'impersonalità gelida per un disco straniante e alienante. Eppure proprio per questo terribilmente affascinante

bargeld

La band trip-hop per eccellenza alla terza spiazzante prova. Sperimentazioni rumoristiche e silenzi assordanti, nel mezzo la voce acida di Beth Gibbons che deflagra nelle vene.

R Recomposed

Recomposed8/10

Carl Craig & Moritz Von Oswald
Recomposed (Deutsche Grammophon 2008)

La prima cosa che colpisce è il logo, l’iconografia regale con cui sono state infiorettate alcune fra le più esaltanti performance musicali del secolo...
FrancescoB

Due artisti che hanno marchiato a fuoco la musica degli ultimi 20 anni provano una fusione con pochissimi precedenti. Dimostrando così di non esser per nulla morti, di avere ancora cuore e idee. Un quasi-capolavoro da scoprire e riscoprire.

Alessandro Pascale

Due mostri sacri dell'elettronica danzereccia alle prese con la sfida di rielaborare composizioni di Maurice Ravel e Modest Mussorgsky. La musica house-techno si scontra con la musica classica e produce un flusso sonoro d'avanguardia incredibile fatto di classe, carisma e arte nel sangue. Da ascoltare tutto d'un fiato.

R Microcastle

Microcastle5/10

Deerhunter
Microcastle (Kranky 2008)

Non c’è delusione senza aspettativa. Perché se è vero, come si dice, che il secondo album sia il più difficile nella carriera di un artista, e altresì...
Cas

Un monolite poliedrico e mutante, questo è Microcastle. Un pop elettronico psichedelico e corrosivo, capace di riscoprire la semplicità della forma canzone per creature complesse e brulicanti. I Deerhunter piazzano così sulla strada una indiscussa pietra miliare. Un sound che è un marchio di fabbrica, un pop modernista di cui possiamo già riconoscere la grandissima influenza.

Alessandro Pascale

Assieme a Weird Era forma una piccola summa di alt-rock di fine decennio, tra assalti noise, stalli shoegaze, classiche melodie pop e spirito indie.

R In The Future

In The Future9/10

Black Mountain
In The Future (Jagjaguwar 2008)

C’era una volta il rock…Quello che partiva dal blues e lo arricchiva con riff sempre più pesanti e violenti, tanto da far coniare i termini heavy blues e...
Marco_Biasio

Hard rock, blues, psichedelia. Senza troppe divagazioni ma, per Dio: hard rock, blues e psichedelia. Aggiungeteci voi gli annessi ed i connessi del caso. I Black Mountain, con anacronismo di quarant'anni, hanno pensato solamente a scrivere un pugno di brani esaltanti per potenza e compattezza.

Alessandro Pascale

I Black Mountain sono un gruppo che sembra essersi fermato al 1973 o giù di lì, fregandosene di quello che è venuto dopo e ricreando quella magica atmosfera sonora divenuta ormai classica per gli amanti della musica. Forse non ci si dovrebbe esaltare così tanto per un disco derivativo fino al midollo che non inventa assolutamente nulla. Ma l’impressione è che un rock così puro si senta davvero raramente. E allora giù il cappello.

bargeld

Un’opera monumentale, colossale, in tutte le accezioni positive dei termini. Blues e hard-rock psichedelico, o comunque lo si voglia sminuire inquadrandolo, un album straordinario in ogni singola stilla di sangue.

R Imperial Distortion

Imperial Distortion

Kevin Drumm
Imperial Distortion, 2008


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loson

Sei pezzi lunghissimi per un’ora e tre quarti di melmosa musica d’ambiente. Una silenziosa, opprimente scia di “sangue e budella” (parole di Drumm) che, lungi dal condurre all’illuminazione o a tarocchi lidi paradisiaci di cui La Monte Young detiene il copyright, disegna invece indecifrabili geroglifici sulla “desertshore” del nostro subconscio. Una "drone music" che è figlia illegittima tanto del “do it yourself” industriale quanto, almeno idealmente, degli anatemi “weird-black-noise-shit-avantgarde metal” tuonati nei cieli sotterranei negli ultimi anni. Musica da “day after tomorrow” della civiltà, quando i massimi sistemi sono già collassati e la crisi (economica, ideologica, energetica, epistemologica) ha mietuto le sue vittime. La non-vita (che poi è vita) e la non-musica (che poi è musica): "Imperial Distortion" è tutto questo e anche di più.

R 13 Blues For Thirteen Moons

13 Blues For Thirteen Moons9/10

Thee Silver Mt. Zion Memorial Orchestra & Tra-La-La Band
13 Blues For Thirteen Moons (Constellation 2008)

Cosa ne è stato del post-rock? A un ventennio dall’esordio degli Slint è lecito provare a domandarsi che ne è stato di quel movimento eterogeneo che è...
Alessandro Pascale

Il progetto Thee Silver Mt. Zion è riuscito a prolungare i confini del post-rock, immergendo il genere nel mondo della psichedelia, sia essa moderna o classica. 13 blues for thirteen moons si pone come uno splendido anello di congiunzione tra due mondi mai del tutto separati ma mai così ben incastrati. Folk e psichedelia vengono modellati su schemi post-rock in una maniera che potrebbe quasi rievocare un certo prog di una volta o una certa neo-psichedelia di oggi. In definitiva un disco che catapulta i Velvet Underground nel terzo millennio. E avete detto poco!

bargeld

Dodici tracce fatte di nulla e poi quattro pezzi lunghi e laceranti, in bilico tra post-rock e neo-psichedelia, un album che esplode e poi si ammutolisce senza soluzione di continuità, che atterrisce esalta e deprime in un’altalena emotiva che lo rende un autentico capolavoro.