Kurt Cobain
Montage of Heck
(Attenzione: in questa recensione non si parlerà dei Nirvana, non si utilizzerà la parola "suicidio" e si citerà l'autore includendone il cognome)
Premessa: non andrò a vedere "Montage of heck". Ho ancora le rughe in faccia causate dagli sbadigli marchiati Van Sant, non vorrei che diventassero cicatrici. Perchè ve lo ricordate "Last Days" vero? A parte il frammento in cui la puntina di un giradischi faceva partire "Venus in Furs", tutto il resto era merda. E poi, ho visto un solo film dedicato ai Joy Division, posso accontentarmi di un solo film dedicato a Kurt Cobain. Perchè, sia chiaro, a Kurt Cobain abbiamo voluto bene e continuiamo a volergliene, ma i santini rock sono una delle cose più tristi che esista. La musica è vita, è espressione. Quando si muore, generalmente, si tace. Tutti. Tra un disco come "In Utero" e questo "Montage of Heck" c'è la stessa differenza che intercorre tra un prato fiorito in primavera e una corona di fiori finti incollata sul bagagliaio di un carro funebre.
Il film: pur non avendo intenzione di vederlo, posso immaginarlo. Un collage di immagini inedite, una serie di testimonianze, Kurt Cobain immortalato come un Gesù Cristo eroinomane, qualche ricordo confuso (e magari falso) di Courtney Love, le foto con la bambina, il mal di stomaco. Una porcata voyeuristica nel privato dell'ultima rockstar della storia della musica. E poco importa che non volesse diventare una "fottuta rockstar".
Il disco: i curatori di "Montage of Heck" hanno avuto carta bianca nell'accedere all'eredità di Kurt Cobain, e tutta questa libertà a portato al recupero di 100 ore di registrazione che in venti anni nessuno aveva mai trovato. E cos'è, il Sacro Graal? Dove erano nascoste tutte queste cassette? Da nessuna parte, erano tutte in bella vista nella sua casa di Seattle. E pare che su questi nastri "imperdibili" lo stesso Cobain avesse scritto chiaro e tondo: "Scarti insignificanti e materiale scartato. Ps: In nessun caso pubblicare dopo la mia morte. Firmato Cobain K. Così come "Montage of Heck" non è un film ma un servizio da tv-trash, la sua colonna sonora non è un disco (e non sarebbe dovuto diventare un disco) postumo e non è nemmeno un disco incompiuto. Restando in tema di santini, "Montage of Heck" non ci regala nemmeno la magra soddisfazione di "An American Prayer". Non piacerà ai fan, non piacerà alla critica e non verrà ricordato. Venderà e farà guadagnare dei soldi a qualcuno, spacciando per musica o per "l'essenza di Kurt" (aaargh!) un paio di riff per chitarra acusticascordata ("The Yodel Song", "Retreat"), qualche bozza che è successivamente diventata una canzone ("Been a Son", "Frances Farmer will have her revenge on Seattle", "Burn the Rain"), qualche altra che poteva diventarlo ("She Only Lies", "And I love her"), e poi un mare di cazzate, alcune divertenti ("The Happy Guitar") altre inutili ("Montage of Kurt", "Kurt audio college" e in generale tutte quelle che chiamano Cobain per nome) o irritanti ("Beans").
"Montage Of Heck" è come la madonnina di Civitavecchia, non tanto perché sembra un falso clamoroso, quanto perché non servirà a far scoprire uno dei migliori cantautori-punk della storia della musica (anzi per un neofita potrebbe essere fuorviante) e non servirà neanche a chi quella "fede" l'aveva maturata tra il 1989 e il 1993. Non solo, lascia sgomenti la crudeltà con cui questa operazione necrofila chiude una porta sul futuro, dimostrandoci che Kurt Cobain non ha lasciato nessuna eredità che non sia quella economica oggetto di sanguinose battaglie tra sua moglie e la sua ex-band. E sapete perché? Perché è morto, irrimediabilmente morto. Una mazzata, per noi che gli abbiamo sempre voluto bene, a Kurt.
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