Piero Umiliani
5 Bambole Per La Luna D'Agosto
Seconda tappa del nostro viaggio alla riscoperta dei nostri grandi compositori per il cinema degli anni sessanta e settanta. Dopo ledizione filologicamente corretta e rimasterizzata in stereo de LUccello Dalle Piume Di Cristallo, di cui ceravamo occupati il mese scorso, la Cinevox estrae una nuova perla dal suo inesauribile ed inestimabile archivio. Dopo un autore che, lo si è ripetuto più volte in sede di recensione, non ha certo bisogno di presentazioni, tantomeno di rivalutazioni, come Ennio Morricone, questa è la volta di un altro straordinario contemporaneo e collega che, a differenza del primo e a dispetto della vastità e della qualità della sua produzione, cha messo un po di tempo per veder acclarato il suo status di maestro del jazz e della musica italiana tutta.
Stiamo parlando, ovviamente, di Piero Umiliani. Musicista straordinario e compositore sopraffino scomparso nel 2001 che se mai ha avuto un torto in carriera è stato quello di concedere la sua preziosa manodopera, senza distinguo di qualità o di lignaggio, a tutti i generi e i sottogeneri, financo i più infimi, proliferanti nellallora caleidoscopica industria cinematografica tricolore. Con una produttività ed una committenza ritenuta forse più degna di un artigiano che dun vero artista. Ammesso e non concesso che le due categorie debbano essere sempre in contraddizione fra loro.
Una vicenda lunga quasi un quarto di secolo, quella che lega Piero Umiliani, già pianista, compositore e titolare di un ottetto jazz, alla musica per film, cominciata nel migliore dei modi con I Soliti Ignoti (1958), prima colonna sonora in Italia ad utilizzare materiale jazz originale (avvalendosi anche della partecipazione di un certo Chet Baker), i cui pezzi più famosi (come la celeberrima Blues For Gassman) diventeranno nel tempo dei veri e propri italo-standard, e poi proseguita ad libitum contaminandosi fra i mille rivoli e filoni della nostra ars arrangiandi filmica.
Tanto per darvi unidea: da opere di culto come Orgasmo di Lenzi e Svezia, Inferno e Paradiso (forse il suo capolavoro assoluto, con quella Mah Nà, Mah Nà che, anche grazie alla sua continua riproposizione in alcuni sketch dellamericano Muppet Show, diventerà uno dei tormentoni vocali più famosi di tutti i tempi) a Ric e Gian nel Far West e La Dottoressa Alle Grandi Manovre, dallerotismo garbato e intellettuale di Boccaccio 70 (con episodi diretti da Fellini, Visconti e De Sica: mica un Manuale dAmore qualunque) a quello spinto (parente stretto dellhard) di Eva Nera e Erotico 2000 (lultima da lui firmata, nel 1982).
Una discografia mediamente presa sotto gamba, o ritenuta minore rispetta a quella dellUmiliani jazzista o grande direttore dorchestra, che ha dovuto attendere gli anni 90 e lesplosione della moda del lounge per essere ripresa in considerazione con un minimo di serietà. Leggerezza, licenziosità e fischiettabilità pop, fluttuante fra le pieghe di una complessità e di una libertà compositiva non comune (free-jazz, fanta-futurismo, avant pop, psichedelia), sono sempre state le caratteristiche dellopera di Umiliani. Che ne suggerisce implicitamente una chiave di lettura: tanto più bassi o sottovalutati erano i contesti e le immagini che fungevano da pretesto alla propria ispirazione, tanto più ampia e stimolante era la possibilità di sperimentare senza che nessuno avesse alcunché da obiettare. Tanto quei film, per la critica, erano sempre e solo spazzatura. Ma, Andy Warhol ce lo ha insegnato, forse è solo rovistando tra i rifiuti che possiamo trovare le uniche opere darte degne di rappresentare il nostro tempo. E, recentemente, il suo consiglio è stato seguito anche da registi mainstream di fama internazionale come Steven Soderbergh e Quentin Tarantino che hanno ripreso temi delle sue composizioni per Oceans Twelve e Kill Bill rispettivamente.
Tornando a bomba sulluscita odierna, 5 Bambole Per La Luna DAgosto è la riedizione (completa di tutte le varianti reperibili per ogni singola canzone, più 6 bonus tracks, 3 in stereo e 3 in mono, di cui uninedito assoluto, per un totale di 70 e rotti minuti di musica) della colonna sonora originale che Umiliani scrisse nel 1970 per lomonimo film di Mario Bava. Non uno dei film migliori del Maestro ma una scombiccherata opera pop che usa in chiave italo-thriller il canovaccio dei Dieci Piccoli Indiani per costruire una sorta di beffarda e neo-surrealistica parabola sulla corruzione e lavidità umana. Noia, sesso, opulenza, spreco. Quasi un auto-parodia del successivo (e decisamente più riuscito) Reazione A Catena, fra decor stravaganti, impennate camp e bonazze del tempo (nel cast femminile spiccano, e non certo per l'impeccabile dizione, Edwige Fenech e la nobile, ma generosa, Ira Fürstemberg) in abiti rigorosamente succinti (sia da vive che da morte). E la consueta, paradossale eleganza formale, lattenzione per i dettagli (e in special modo nei confronti degli oggetti, ben più espressivi degli attori per un grande autore pop come il buon Mario) che permette a Bava di fare un film più che godibile di una sceneggiatura piena di luoghi comuni e incongruenze che in mano ad altri sarebbe finita direttamente in serie Z.
Molto più positivo è, invece, il giudizio per quel che concerne la partitura di Umiliani, rinvigorita nella sua visionarietà dal confronto col passato recente (il ripescaggio in tutte le salse del modernariato sonico anni 60/70), che assorbe gli umori più kitsch, semi-parodistici e psichedelici della messinscena e li trasforma in una scintillante teoria di trovate musicali daltissimo profilo, qualcosa come, perdonatemi lammucchiata di parole, un avant lounge jazz pop futurista.
Detto così può sembrare complicato, ma non lo è. Basta ascoltare il tema principale 5 Bambole, posto in apertura: ouverture di fiati, ritmica formicolante e spezzata stile jazz latino, piano elettrico e organo che duettano in secondo piano, lasciando la ribalta alla partitura vocale eseguita da I Cantori Moderni del grande Alessandroni, con il basso maschile a fare da guida e i maliziosi cori femminili in risposta. Il tormentone, deliziosamente surreale (One-Two, One-Two-Three-Four-Five Dolls), si concede, su tempi e tonalità diversi, anche un rapido scorcio autocitante del famoso Mah Nà, Mah Nà.
Su queste basi Umiliani architetta una serie di fantasiose e ricercate variazioni come il lounge onirico ed avvolgente di Luna DAgosto col clavicembalo che eredita il tema portante e si alterna allineffabile fischio di Alessandroni (lo stesso di Trinità e della morriconiana Trilogia del Dollaro); il tribalismo ipercinetico di Danza Primitiva: tamburi, sedicesimi che sembrano suonati con oggetti di fortuna, arabeschi di tastiere e finiture di sitar; sitar che assurge ad assoluto protagonista in Danza Citar Free coronato dalle solite indiavolate percussioni casalinghe e quindi doppiato dai fiati e dallorgano che trasformano la trama indorientale in un numero circense e futurista, invenzione poi ripresa a tempo di valzer a manovella anche in Fantoccio Grottesco.
Quasi a sottolineare landamento compulsivo e meccanicistico del film, dove i personaggi sembrano cavie da laboratorio di cui il regista si prende continuamente gioco come un deus ex machina beffardo e vendicativo. E se Notte Di Luna e Luna DAgosto 1971 allentano per un attimo la tensione con un jazz groove languido e notturno da passeggiata romantica in Via Veneto, Bambola Omicida ci riporta di peso nella dimensione thriller dellopera con un fraseggio prog sordo e minaccioso, doppiata dal minimalismo tagliente e glaciale di Interludio Giallo.
Un disco che vale la pena ascoltare fino alla fine, magari piluccando a piacimento nella quindicina di alternate takes, perché al 34esimo e ultimo posto cela una vera chicca: Ti Risveglierai Con Me, una canzone vera e propria, originariamente utilizzata per i titoli di coda e stralciata dalledizione discografica, composta da Umiliani e Simonelli ed eseguita in chiave folk-prog-beat da uno dei più originali e sfortunati gruppi italiani del periodo: Il Balletto di Bronzo.
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