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R Recensione

7,5/10

Elliott Wheeler

The Long Time

Con un po' di ottimismo è possibile trovare qualcosa di buono in ogni epoca. Anche nei periodi della Storia umana considerati “neri” o “funesti”, abbiamo la possibilità di conservare e ricordare alcuni aspetti positivi. L'altro giorno, ad esempio, hanno scoperto che qualche pezzo di merda nazista aveva custodito per decenni una serie di opere d'arte di inestimabile valore. E' qualcosa, no? La cosa ancora più interessante è che la mente umana, per spirito di autoconservazione, tende a dimenticare gli aspetti negativi e preservare quelli negativi. E' per questo motivo che esistono la malinconia, la nostalgia, le foto in bianco e nero e i vecchi dischi in vinile. Ed è per lo stesso motivo che si collezionano le monete e si buttano via le cambiali. Se ci pensate, la prima cosa che fa Martin McFly con la Delorean è tornare indietro al 1955. Il futuro è un punto interrogativo, il passato è un punto fermo. E gli uomini, da sempre, preferiscono il certo all'incerto.

Ogni epoca musicale, per usare un esempio noto ai più, ha i suoi punti fermi. La buona musica è nata anche durante i conflitti mondiali, le crisi economiche, il colonialismo e i genocidi. Anche i tanto vituperati anni '80 hanno saputo custodire alcune perle che rimarrano nella memoria collettiva per sempre. Per questo motivo la Storia della musica vive e si alimenta di continui ripescaggi e revival, di reflussi di epoche passate e di commistioni sempre più dense di vecchio e nuovo. L'ultimo paladino di questa “teoria delle reminiscenza” si chiama Elliott Wheeler e – pur non avendo mai goduto di grossa fama – ha partecipato come compositore al remake del “Grande Gatsby” di Baz Lurhmann. A proposito di nostalgia.

Per il suo esordio “in studio” è quindi naturale che Wheeler, compositore e pianista (ma anche chitarrista, batterista...) australiano, peschi a piene mani dagli anni '50, '60 e '70, mediando con sapienza quelle importanti eredità con una sensibilità folk-pop decisamente più moderna. Accanto a pezzi come “The Whistler”, omaggio dichiarato al fischio di Alessandro Alessandroni al servizio di Ennio Morricone e “She Loves Him”, che mischia gli anni '60 con le chitarre spaghetti western, troviamo pezzi di pop moderno che vivono nel passato grazie ad arrangiamenti ariosi e “retrò”: “Baker Man” potrebbe uscire dalla penna di Antony o – perchè no – di Stuart Warwick, mentre la sua versione “al contrario” (“Crystal Wave”) è ancora più “modernista”, con quella linea melodica reiterata in stile post-rock e una coralità vicina a certo indie-rock contemporaneo. Anche i numerosi ospiti vocali sembrano voler sfruttare questo effetto da upgrade del passato: Caitlin Park sembra Leslie Fest in “Tend To Me”, Sui Zhen flirta col trip-hop (e con Bjork) in “The Warning” e Kristin Berardi fa la diva del cinema in bianco e nero in “I'm So Mean”. “The Long Time” è un disco dall'eclettismo geniale, perfetto nel tenere in bilico la nostalgia cinematografica (per intenderci, pensate al “Rome” di Danger Mouse & Daniele Luppi) con le istanze del rock d'autore (“Shiver” è una meravigliosa cavalcata western su base ritmica elettronica), qualcosa che vola dalla vecchia sedia in legno di quel piccolo cinema che hanno chiuso tanti anni fa e arriva dritto dritto nel vostro lettore mp3. E dal lettore vola direttamente tra i migliori dischi dell'anno, resta solo da capire di quale anno stiamo parlando.

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Voto degli utenti: 7,3/10 in media su 2 voti.
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Gio Crown 8,5/10
REBBY 6/10

C Commenti

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Gio Crown (ha votato 8,5 questo disco) alle 12:09 del 13 gennaio 2014 ha scritto:

Sarà pure pop (che spero non significhi di minor valore!) ma così dolce così bello. E' vero, ci ritrovi un po' di tutto quello che il recensore ha citato, ma diamine che magnifica riscrittura!."eclettismo geniale, perfetto nel tenere in bilico la nostalgia cinematografica...con le istanze del rock d'autore"!

Mi piacciono anche le modalità di orchestrazione che spaziano dalla colonna sonora da film (the whistler) alla dolcezza carezzevole di voci femminili che duettano con arpe e fiati (the warning e She loves him)

Tend to me per quanto semplice da ascoltare (e per me va bene così visto che non ho la raffinata conoscenza acustica dei frequentatori di queste pagine...) è comunque coinvolgente e deliziosa. E che dire di I'm so mean che rievoca una bella donna davanti ad un microfono vestita anni '40 che canta e si muove con sensualità (...Rita Heyworth che canta Put the blame on Mame in Gilda) con la tirata finale urlata...

Ma anche laddove si riscontrano dissonanze mescolate fra loro (the crystal, Shiver) è tutto molto elegante e piacevole.

Davvero tanto apprezzato...

fabfabfab, autore, alle 9:18 del 14 gennaio 2014 ha scritto:

OOOOOOOOOOhhhh finalmente qualcuno si è accorto di questo gioiellino nascosto del 2013! Grande Gio, bello il riferimento a Gilda.... felice che ti sia piaciuto

Gio Crown (ha votato 8,5 questo disco) alle 17:35 del 14 gennaio 2014 ha scritto:

Ascoltato colonna sonora di Restraint...che dire... tutta un'altra osa più in stile Teho Terado e sperimentazione che questo Elliott Wheeler qui.

Non so se ha fatto altre cose ma Restraint è decisamente fuori dalle mie corde!

Sono uno spirito semplice io!