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R Recensione

7/10

Massimo Martellotta

One Man Sessions, Volume 2: Unprepared Piano

Per il secondo capitolo dell’autoproclamato opus magnum solistico in cinque volumi, un mese dopo l’inaugurale “Sintesi”, Massimo Martellotta rivolge l’attenzione al pianoforte, strumento che – assieme ai sintetizzatori della precedente tornata – ha guadagnato un posto d’importanza crescente nell’economia dei ricchi arrangiamenti dei Calibro 35 (ce ne si rende conto anche solo richiamando alla memoria le trame dei recenti “S.P.A.C.E.” e “Decade”). Non è peraltro difficile cogliere quanto dedito alla propria missione e innamorato del proprio lavoro sia Martellotta: il prototipo, se si vuole, dell’uomo e del musicista comune, che proprio in virtù di questa sua ordinarietà risulta straordinario. Basti seguirne anche saltuariamente l’attività social, che lo vede quasi ogni giorno alle prese con decine di strumenti diversi, con la registrazione di riff e spunti melodici solo abbozzati e poi riorganizzati impromptu in jam esaltanti, con la descrizione e la manutenzione di apparecchiature fra le più varie: un nerd solitario, ma non introverso, che ama condividere con gli altri la propria passione.

Pianoforte, allora, dicevamo, o per meglio dire unprepared piano: corde percosse, ostacolate da oggetti, stoppate da materiali isolanti, registrate in maniera non convenzionale… Un modus operandi che conosciamo bene. Di nuovo quella malevola tentazione, di porgere un orecchio all’ascolto ed impiantare nell’altro un apposito filtro library: temi, umori, strategie, tutto sembrerebbe cospirare a favore. E però nel merito, come già per “Sintesi”, bisogna andarci con un po’ più di calma: anche perché, a ben vedere, il focus di “Unprepared Piano” sembrerebbe essere abbastanza specifico per poter essere liquidato come “musica per ogni occasione”. Quasi il contrario: qui – nonostante l’eterogeneità delle composizioni – l’occasione sembrerebbe essere unica ed incontrovertibile, quella cioè di una soundtrack immaginaria. Prova ne sia la perfetta simmetria fra i titoli di testa, con un lento riflessivo dallo splendido melodismo crepuscolare (“Come Un Notturno” sembra davvero uno Chopin interpretato da Yann Tiersen), e quelli di coda, dove i tasti bianchi e neri viaggiano sull’onda di certo neoclassicismo ambientale in slow motion particolarmente in voga sino ad una decina d’anni fa (“Caviglie”). Martellotta, as usual, scrive e suona tutto da solo: che sia un gamelan à la GoGo Penguin (“Risonanza”), una virtuosistica esibizione di staccati con le corde utilizzate a guisa di percussioni metalliche (“Verticale, Orizzontale”), un “Nécessaire Per Fanciulli” che procede per brevi tocchi romantici su di un sottile bordone in sottofondo o il sontuoso dramma orchestrale di “Sostenuto” (con un ticchettare quasi matematico del riff portante: bellissimo).

Proprio “Sostenuto”, assieme alle romantiche venature dark di una “Quarto Pedale” che potrebbe essere uscita da una pellicola di Kieślowski, esibiscono tutto il potenziale di un Martellotta a pieno carico, impegnato (oltre che al piano) a synth, batteria e mellotron. Un’anticipazione, propiziatoria, della one man orchestra di prossimo arrivo?

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