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R Recensione

5,5/10

Human Progression Machine

Kosmos

Proprio quando uno crede di averle ormai viste e sentite tutte, ecco che casca, fragorosamente, l’incolpevole asino. Laurence Cocchiara, violinista in forza a This Harmony e Nobraino, è l’ideatore del progetto Human Progression Machine: monicker tenebroso, da tardo metalhead, per soddisfare un desiderio innato di sperimentazione. Logico che il primo riferimento a frullarvi nel cervello sia quello di Laurie Anderson. La traduzione in termini è, in verità, un’altra: viene aggiunto un batterista, per dare una parvenza di sezione ritmica analogico-elettronica (Alessandro Graziani, già Petramante e Amalia Grè) ma, soprattutto, una loop station che consenta di rielaborare, arricchire, contornare, intrecciare, riarrangiare a piacimento le melodie degli archi. Poi vengono i pezzi: l’attacco, solitamente severo ed acuminato, serve a porre le basi della successiva germogliazione armonica, un trionfo di variazioni e di giustapposizioni che, ridotte ai minimi termini, danno l’idea di un drone performato in tempo reale, legato al suo tempo di esecuzione. Così Cocchiera volteggia, aggiunge, svariona, chiosa, assecondato in tutto e per tutto da un Graziani quanto mai discreto e minimalista: soltanto nella conclusiva “Perpetual Bliss” (il motivo migliore del disco, felicemente adagiato su battute in 10/4) l’interplay si irrobustisce, portando ad una reale ascensione evolutiva del brano.

Il difetto capitale della pur buona intuizione alla base di Human Progression Machine è, in sostanza, l’orizzontalità della processione di ogni composizione. Si inizia e si finisce esattamente alla stessa maniera, con lo stesso ritmo, dalla medesima prospettiva. “La Danse Du Feu” è un esempio calzante di quanto andiamo sostenendo: lo spettro sonoro arriva ad un passo dalla completa saturazione, ma è un rilancio al massacro di sovrabbondanza, un impilare mattoncini senza che la costruzione che ne derivi faccia scattare un upgrade, un salto di livello (cosa che, invece, succede proprio per “Perpetual Bliss”). Si aggiunga, a margine, che il gusto melodico del duo è viziato da una certa qual svenevolezza, da una tendenza morbosa a drammatizzare le trame, per cui, spesso, l’attenzione cala senza volerlo (“Orion Nebula”) e che le infiltrazioni elettroniche si fanno riconoscere, ed apprezzare, solamente nel romance d’azione “Philae”.

Il tour italiano ed europeo in supporto a “Kosmos” servirà per perfezionare le dinamiche interne e per favorire la nascita di ulteriori canali espressivi. Sarebbe davvero un peccato, con queste premesse teoriche, continuare a considerare la musica di Human Progression Machine come un innocuo sottofondo di lusso.

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