Desolate
The Invisible Insurrection
Che la carriera di Sven Weisemann abbia origini lontane dagli ambienti della dubstep più formale è indubbio: partito dall'hard techno (debutta a soli 16 anni al Club Tresor), si muove successivamente verso gli ambienti techno e house di Chicago. Solo successivamente inizia a includere nei suoi set (e in maniera sempre più massiccia) richiami alla dubstep. Nel 2009 viene rilasciato l'album "Xine", lavoro musicalmente lontano dalle origini musicali di Sven: i pezzi qui sono pregni di fascinazioni ambient e fanno largo ricorso a piano e violoncello.
Non stupisce dunque il risultato di questo suo nuovo lavoro rilasciato sotto il monicker Desolate: "The Invisible Insurrection" è un album smarcato e soprattutto ibrido ma con chiari riferimenti al linguaggio sviluppato da Burial in "Untrue". Sample vocali estratti da film, rullanti sincopati secchi che galleggiano in atmosfere rarefatte, orchestrazioni intimiste, bassi profondi e gli inconfondibili sample vocali pitchati. Il risultato è quindi fortemente influenzato dal post-soul, dal garage 2-step ma anche dall'ambient intimista e perché no dal lounge: questo lavoro di Weisemann suona a tutti gli effetti come una rivisitazione di Burial datata 2011.
Da sottolineare alcuni episodi importanti del disco: "Imagination" ci introduce con un ambient mosso da un motore garage/2step, "Follow Suit" ha un'atmosfera raffinatissima con ritmiche sporche ed evanescenti in secondo piano, "Cathartic" un'introspezione liquida e fluente. "Divinus" è forse il punto più alto e la sintesi di "The Invisible Insurrection": giri di synth ipnotici, vocal sample pitchati e note sparse di pianoforte a impreziosire il tutto. "Farewell #2" (controparte di Farewell #1) è costruita su accordi di violini, voci e rumori lo-fi di sottofondo.
"The Invisible Insurrection" è quindi un disco estremamente compatto e omogeneo, malinconico nelle atmosfere e soprattutto capace di far riflettere: a distanza di quasi un lustro la via aperta da Burial ci appare come ancora tutta da esplorare e da rileggere. L'idea è cosi forte da non essere legata a uno specifico genere ma talmente contaminabile da ottenere forme ibride decisamente affascinanti: questo album ne è un esempio decisamente riuscito.
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